LA TOLLERANZA DEL TEMPO IN CUCINA

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titolare del ristorante Belvedere da Danilo, Modena

Da oltre cinquant’anni il suo ristorante, Belvedere da Danilo, è una garanzia per chi è alla ricerca dei gusti della cucina tradizionale modenese: tortellini in brodo, tortelloni di zucca o di ricotta all’aceto balsamico tradizionale, tagliatelle con i funghi porcini, bollito misto (premiato dalla Camera di Commercio come il migliore della provincia di Modena) e tanti altri piatti frutto dell’arte sapiente della “brigata” che prepara le ricette tramandate da sua mamma Angiolina e da Paola Caselli, mettendo insieme l’accurata scelta delle materie prime e la genuinità degli ingredienti fatti in casa.

Nella vostra cucina non c’è posto per la fretta, ciascun piatto ha i suoi tempi. Ma non dev’essere facile combinare le esigenze della cucina con quelle dei clienti…

In sessant’anni di esperienza in questo ristorante, prima come cameriere e poi come titolare, ho imparato che c’è un tempo per ciascuna cosa, sia in cucina sia in sala. E occorre prestare molta attenzione alle sfumature per capire come fare in modo che i clienti siano soddisfatti non sol tanto del gusto del cibo, ma anche della qualità del servizio e della sua tempestività.

E qui chi è il direttore d’orchestra?

Premetto che i nostri camerieri sono bravissimi, ma tocca a me fare acrobazie per tenere le fila dell’organizzazione. Per esempio, anche se prendiamo le prenotazioni, riserviamo sempre qualche tavolo per i clienti occasionali. Il nostro telefono squilla ogni dieci secondi e a volte ci stanchiamo di ripetere che siamo al completo, quindi lo lasciamo squillare. Ma c’è uno dei nostri camerieri che, se è nei paraggi del telefono, si diverte a rispondere e a prendere più prenotazioni del dovuto. Allora, quando arrivo la sera al ristorante e vedo l’elenco, gli chiedo come possiamo mettere a sedere tanta gente: “Dai, che tu ci riesci sicuramente!”, replica, mentre gli altri camerieri ridono. Poi tocca a me sbrogliare la faccenda, ottimizzare gli spazi per aggiungere tavoli, unirne due per accogliere gruppi di cinque o sei persone e poi fare la spola fra la cucina e la sala per mantenere il necessario tempismo.

Una delle principali difficoltà di un ristorante consiste notoriamente nel calcolo dell’approvvigionamento: non sono pochi i ristoranti che chiudono dopo poco tempo che hanno aperto per ché non riescono a calcolare la quantità di prodotti da acquistare ciascun giorno per le esigenze della cucina. Anche questo calcolo rientra nella tolleranza del tempo. Voi in che modo riuscite a farlo?

Questo calcolo è importantissimo: la spesa della cucina è ciò che ti fa guadagnare o rimettere, e se perdi chiudi. Noi sappiamo che il lunedì, per esempio, a pranzo arrivano più clienti rispetto al martedì, al mercoledì e al giovedì, giorni in cui è meglio acquistare qualcosa in meno. Poi, se arriva qualche cliente in più del solito e qualche piatto presente nel menu è terminato, sta alla bravura del cameriere invogliarlo a ordinare qualcos’altro.

C’è soltanto l’imbarazzo della scelta nel vostro menu ricco di piatti dal gusto unico e inconfondibile…

Quando arrivo al mattino alle 8.30 prendo la nota della spesa che abbiamo compilato la sera precedente e vado subito a procurare ciò che serve per accontentare i clienti del pranzo e della cena. La nostra è una cucina molto difficile, che esige una mattina intera di preparazione. Noi cuciniamo a lungo gli ingredienti, per questo i clienti ci dicono che da noi sentono i sapori e i profumi dei piatti, ma non la pesantezza della di gestione, e possono tornare tranquillamente in ufficio a lavorare come se non avessero mangiato. Invece, ci riferiscono che, quando vanno a man giare in altri ristoranti, sentono una tale arsura che devono tenere a por tata di mano la bottiglia dell’acqua. Questo accade perché oggi i prodotti non sono più naturali, come negli anni quaranta, cinquanta o sessanta; per questo occorre cuocerli per due o tre ore e schiumarli man mano, per togliere le impurità e gli eventuali residui dei trattamenti chimici. Anche se noi usiamo prodotti che sono i più freschi possibile, il rischio che non siano del tutto naturali rimane.

Spesso i clienti ci dicono che i nostri tortellini sono i migliori di Modena e provincia, ma sono il risultato di un lavoro quotidiano, eseguito con cura ed esperienza: non acquistiamo la pasta pronta, ma impastiamo la farina e le uova, tiriamo la sfoglia ancora con il mattarello e prepariamo il ripieno con il vitello, il prosciutto crudo e il culatello. Come potrebbero non essere buoni? E ci siamo accorti che basta cambiare macellaio per introdurre una variazione che il cliente percepisce. Di ritorno dalle vacanze di Natale, abbia mo scoperto che il nostro macellaio era ancora chiuso e avrebbe riaperto dopo due giorni. Così, siamo corsi ai ripari per comprare due chili di vitello da un altro macellaio. Prima di mettere il ripieno nei tortellini me lo hanno fatto assaggiare, come sempre, ma questa volta ho sentito che qualcosa non andava e ho chiesto che cosa avessero sbagliato. Allora la cuoca mi ha risposto prontamente: “Non abbiamo sbagliato niente, è il vitello che è diverso da quello che prendiamo di solito”.

Al mattino, durante la colazione, mia moglie mi chiede se non ho voglia di parlare con lei, perché mi vede tutto intento a capire come organizzare i giri che devo fare per riuscire a comprare ciò che serve al ristorante, incastrando bene tutte le cose, altrimenti non riesco ad arrivare in tempo. Il mio lavoro è molto impegnativo, però è bellissimo.

Richiede vocazione…

Direi che la mia è stata più di una vocazione: a quattordici anni e mezzo sono entrato dalla porta di questo stesso ristorante come cameriere, a venti l’ho rilevato con mia madre e, dopo sessant’anni, sono ancora qui.