I CLASSICI CONTRO LA DITTATURA DEL PRESENTE

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presidente del maglificio Della Rovere, Longastrino (FE), vice presidente nazionale di Piccola Industria Confindustria e di Confindustria Emilia Area Centro

Questo numero della rivista s’intitola La tolleranza del tempo e dell’Altro. Nella vita dell’impresa si può constatare giorno per giorno fino a che punto il tempo dà ragione delle cose, nel senso che gli effetti di ciò che facciamo non sempre sono percepibili nell’immediato. Pertanto, occorre scommettere e investire anche quando apparentemente le condizioni non sono favorevoli. Così, per esempio, nel periodo della pandemia, mentre calavano gli ordini in tutti i settori, compreso quello del vostro maglificio Della Rovere – che porta l’eccellenza della moda made in Italy nelle più prestigiose boutique del pianeta con il marchio Cains Moore – lei invitava gli artigiani della vostra filiera integrata a rimanere tranquilli perché il calo non avrebbe superato il -15%. E, infatti, nell’anno peggiore della pandemia, il calo si è attestato al -12,5%. Prima che l’economia ripartisse, inoltre, lei li aveva preparati a un aumento del 30-40% da gestire con intelligenza, analizzando le proprie risorse effettive e organizzando tutti i mezzi necessari per farvi fronte ed essere pronti ad accogliere il grande incremento post pandemico che si è verificato nel 2022. Questo indica la tolleranza del tempo: non farsi prendere dal panico dinanzi a qualsiasi variazione…

La tolleranza del tempo è un bel tema, è l’antidoto alla dittatura del presente. Oggi invece la velocità dei mezzi di comunicazione, le connessioni in tempo reale e le nuove piattaforme digitali ci portano alla contemporaneità, a una fruizione immediata della conoscenza e dell’informazione e ci fanno immergere nel presente, come se il passato e il futuro non esistessero. La tolleranza del tempo è indispensabile perché alimenta la nostra capacità di programmare, di analizzare le forze che abbiamo a disposizione, le nostre specificità, quindi ci consente di fare le scelte giuste, non banali, che non si accodano, ma sono originali, perché l’originalità esige un esame attento della nostra storia e una proiezione verso il futuro. Se ci limitiamo a osservare il presente, non siamo in grado di progettare e programmare il nostro viaggio, tutt’al più riusciamo ad affrontare gli incidenti lungo il percorso, ma non a decidere se andare a Roma o a Milano. Quindi la tolleranza del tempo è essenziale per l’analisi, la valutazione e la formazione necessarie alla costruzione.

Ma c’è un altro aspetto che ci fa capire in che modo oggi la tolleranza sia indispensabile nell’impresa: in pochi decenni, nell’arco di due generazioni, siamo passati dal servilismo del bracciantato alla contrapposizione operaia verso il capitale per arrivare alla condizione attuale in cui il lavoratore ha la libertà di scegliersi l’imprenditore, come nota Pietro Ichino nel suo libro L’intelligenza del lavoro (Rizzoli). Ecco perché l’azienda sta diventando sempre più un luogo di tolleranza, anziché di conflitto, un luogo che attira, che trattiene, che mantiene, un luogo di collaborazione, in cui lo stipendio è importante, ma non è la priorità: un collaboratore si coinvolge attraverso la partecipazione a un sogno, facendolo sentire protagonista dell’esperienza imprenditoriale, offrendogli opportunità di crescita e di qualificazione del suo itinerario e prestando attenzione anche alla sua famiglia. Anche per questo nella nostra azienda stiamo costruendo un programma di welfare complesso, che comprenda eventuali spese mediche familiari e polizze di indennizzo in caso di incidenti e infortuni anche al di fuori del luogo di lavoro, perché l’azienda deve contribuire alla costruzione non soltanto del proprio brand, ma anche dei valori del lavoro e della comunità allargata, prendendosene cura. I driver del futuro di un’azienda sono due: le persone e i macchinari. Un’azienda può dotarsi della tecnologia più avanzata, ma se non ha le persone in grado di farla funzionare non ha avvenire. Tra l’altro, più le macchine sono intelligenti e più hanno bisogno di persone preparate, non a caso il mercato del lavoro richiede sempre più laureati, mentre trentadue anni fa, quando ho incominciato a lavorare, sono stato il primo laureato a entrare nella nostra azienda.

Le rivoluzioni in atto nell’impresa oggi sono tante e richiedono investimenti e sforzi finanziari che vanno progettati cercando di anticipare il più possibile le azioni da compiere, in modo da mantenere i costi all’interno di un equilibrio economico, perché nessuna azienda può sopportare un disequilibrio economico per troppo tempo. Anche questo fa riflettere sull’esigenza di dotarsi di capitale intellettuale in grado di programmare azioni strategiche di ampio respiro, anziché essere imprigionati nella dittatura del presente. Ed ecco perché oggi è ancora più importante leggere un classico piuttosto che una notizia trovata su Internet in pochi minuti, che ti fa credere di avere in mano la situazione, di capire ciò che sta accadendo, ma in realtà ha un valore di provvisorietà, come tutte le cose presenti, mentre un buon libro, un buon romanzo ti dà la fotografia di un’epopea, di un popolo. La lettura dei classici mi dà sempre più soddisfazione, ho la sensazione di riordinare l’intelletto, le parole, i pensieri, e di acquisire maggiore serenità nel capire la complessità della vita e nell’affrontare i problemi reali, quelli delle persone, delle malattie, della convivenza pacifica e delle guerre. Occorre fermarsi ogni tanto a riflettere sulla precarietà in cui viviamo, perché comunque siamo sempre appesi a un granello di sabbia che gira a tutta velocità at[1]torno a una bomba nucleare, siamo in ultra equilibrio instabile.

Già nel 1872, Friedrich Nietzsche, all’età di ventisette anni, in una conferenza intorno all’avvenire della scuola (Sull’avvenire delle nostre scuole, Adelphi, pag. 36), si rammarica che i quotidiani siano considerati fonte di cultura al pari delle grandi opere classiche: “Nel giornale culmina il vero indirizzo culturale della nostra epoca, allo stesso modo che il giornalista – schiavo del momento presente – è venuto a sostituire il grande genio, la guida per tutte le epoche, colui che libera dal momento presente”.

La società della comunicazione dà un peso altissimo al presente e oggi, anche con il supporto dell’intelligenza artificiale e dei motori di ricerca, la formazione in tempo reale, a portata di click, mette in secondo piano la cultura di base – matematica, scientifica e umanistica –, che invece è l’unica importante per sviluppare la capacità di affrontare il futuro, evitando di ripetere gli errori del passato.

Anche questo è tolleranza del tempo: accogliere il tempo della cultura, da cui poi scaturisce la tranquillità e la serenità per riflettere su dove stiamo andando e decidere dove andare. E questo l’imprenditore deve metterlo in conto necessariamente, perché se deve pianificare un investimento non può limitarsi al presente: per costruire un capannone, per aprire una filiale o un negozio in un altro continente occorrono anni, quindi si deve pensare a tutto ciò che occorre per realizzare il progetto e a come sarà il mondo quando sarà portato a termine.

La tranquillità che deve avere un imprenditore per fare programmi a media e lunga scadenza procede dal rischio e dell’audacia, anche se sembra strano che il rischio renda tranquilli…

Non è così per tutti. Durante le mie esperienze di sport estremi – speleologia, sci alpinismo, motoraid nel deserto, subacquea –, ho constatato che, dinanzi alle emergenze, non tutti hanno la stessa reazione. Non è facile riuscire a fermarsi, ragionare e capire cosa fare quando, per esempio, sei da solo in moto in mezzo al deserto, scoppia una gomma e sai che la prima stazione è a cento chilometri di distanza; oppure quando sta per arrivare il temporale e istintivamente incominci ad accelerare per arrivare presto a casa: è il più grande errore che tu possa fare, è meglio prendere qualche goccia in più, anziché finire in un fosso. Però soltanto l’intelligenza, la razionalità, la cultura, l’esercitazione e l’allenamento al rischio ti portano ad accettare di prendere più pioggia possibile, perché la priorità non è bagnarsi di meno, ma evitare le cadute.

Io consiglio sempre ai giovani di praticare sport estremi, perché sono molto educativi, s’impara a gestire il controllo delle proprie reazioni in condizioni di rischio, soprattutto quando hai accanto un maestro che t’insegna a prendere le decisioni con tranquillità, a mettere in sicurezza te e i tuoi compagni di cordata, a va[1]lutare un elemento in più rispetto a quelli che valuti di solito, per esempio, da dove scende l’acqua in una grotta, con quale velocità, quali sono le vie di fuga, qual è la persona più a rischio, qual è il passo da tenere. Impari un metodo di valutazione che poi applichi anche nella vita. La gestione delle priorità dinanzi ai rischi ti allena a prendere decisioni. Sei di fronte a una scelta, sei in un luogo che non hai mai visto, c’è un imprevisto che non hai mai affrontato e tu usi tutta la tua esperienza del passato, l’intelligenza e la tranquillità per affrontare quella nuova sfida. In fondo l’imprenditore fa questo tutto il giorno perché la vita dell’impresa è sempre un imprevisto. Da qui la sua curiosità d’incontrare sempre persone nuove, di sapere cosa c’è dietro l’angolo, quali sono le tendenze, i movimenti e le trasformazioni in atto a livello locale e globale. E dall’incontro nascono nuovi spunti di analisi e nuove idee. Per esempio, di recente ho incontrato il responsabile commerciale di un gruppo industriale cinese, un’impresa nata soltanto trentacinque anni fa da una famiglia di pastori, che oggi dà lavoro a 40.000 persone e ha un fatturato annuo di nove miliardi. Questo in[1]contro mi ha suscitato tante domande e tanta curiosità rispetto a una realtà che può avere risvolti importanti per l’avvenire della nostra azienda. E, come dicevamo all’inizio, il tempo darà ragione delle cose.