IL CERVELLO E L’INTELLIGENZA IN CUCINA

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titolare del ristorante Belvedere da Danilo, Modena

L’inventore Raymond Kurzweil (director of engineering di Google) sostiene che il progresso sanitario e genetico, le nanotecnologie e gli sviluppi dell’intelligenza artificiale potrebbero sconfiggere l’invecchiamento entro la fine di questo decennio. E, intanto, cerca di “riprogrammare” la sua biochimica, mangiando soltanto verdura, carne e carboidrati a basso contenuto glicemico e assumendo 150 integratori al giorno. La mitologia dell’uomo artificiale, costruito a tavolino, porta a non accettare la vita, con i suoi eventi imprevedibili e ingovernabili. Ma se tutto dev’essere razionalizzato e finalizzato, non si rischia di perdere la memoria, per esempio, la memoria del gusto che troviamo in un bel piatto di tortellini preparati secondo la tradizione modenese?

Oggi a pranzo sono arrivati due americani, marito e moglie. Sono atterrati questa mattina all’aeroporto di Bologna, sono passati dall’hotel a rinfrescarsi e poi sono venuti da noi. Quando hanno assaggiato le nostre specialità, le tagliatelle al ragù, i tortelloni di ricotta e l’arrosto di vitello sono rimasti estasiati: “Semplicemente sublime”, ripetevano al cameriere dopo ciascuna portata, “non abbiamo mai mangiato nulla di simile nella nostra vita”. Questa è un’esperienza che resterà nella loro memoria, ne sono sicuro, anche perché ho le conferme da parte di tutti gli albergatori della città, che ricevono tanti ringraziamenti dagli ospiti per avere consigliato loro il nostro ristorante.

La memoria della cucina tradizionale modenese non è soltanto qualcosa che è stato tramandato dalle generazioni precedenti, nel vostro caso, da sua mamma, Angiolina Dondi, che ha lavorato qui fino agli ultimi anni della sua vita, ma anche la memoria come esperienza, che esige arte e invenzione, ingegno, intelligenza e cervello come dispositivo della parola. In che modo la memoria si atti va parlando con i clienti, oltre che nella preparazione dei piatti della tradizione?

Quando ero ragazzo non c’era la calcolatrice, pertanto dovevamo fare i conti mettendo in moto la memoria. Oggi, purtroppo, c’è il rischio che la tecnologia renda sempre più pigre le nuove generazioni, che ormai usano lo smartphone come una protesi del loro cervello. Una sera tre ragazzi, dopo avere cenato, sono venuti alla cassa per pagare e, quando hanno sentito che il conto era di 90,00 euro totali, qual è stato il loro gesto automatico? Hanno preso il telefonino in mano per fare la divisione per tre. Sono rimasto allibito. È questo il risultato del mito della velocità? Se la tecnologia dev’essere un mezzo per azzerare la memoria e la capacità di ragionare, non andiamo molto avanti. Avere computer super veloci che consentono di calcolare grandi quantità di dati, usare l’intelligenza artificiale per sollevare gli umani dai lavori pesanti e ripetitivi è un conto, ma pensare di risparmiare tempo su qualsiasi attività umana e, addirittura, pensare di sconfiggere la vecchiaia e la morte, che invece fanno parte della vita, è il modo con cui l’umanità s’incammina verso la propria distruzione. Ciascuna cosa richiede un lavoro che si svolge in un tempo non modificabile: il ragù dev’essere cotto a fuoco lentissimo per almeno quattro ore e, soltanto così, avrà il suo gusto particolare e sarà estremamente digeribile, come ci confermano i nostri clienti che dopo pranzo devono lavorare e non possono appesantire lo stomaco.

Prima dell’avvento delle calco latrici portatili, noi usavamo carta e penna, e la sera ci divertivamo a fare il conto di quale cameriere ave va “venduto” di più: ciascuna sala era affidata a un cameriere e, al termine del turno di lavoro, facevamo una carrellata delle sale per calcola re il fatturato in base al numero di ospiti serviti e di piatti consumati. Chi perdeva pagava da bere per tutti. Poi si è diffusa su larga scala la calcolatrice, poi il computer e, oggi, siamo arrivati al punto che alcuni non sanno fare a mente nemmeno 6÷2. Non è che non sia d’accordo nel migliorare le nostre attività attraverso strumenti avanzati, ma quando questi vengono diffusi a tal punto che viene cancellata l’esperienza, allora, diventano pericolosi.

I giovani che lavorano nel nostro ristorante sono bravissimi, però devo controllare sempre ciò che fanno perché a volte, soprattutto a fine giornata, dimenticano qualcosa: un prezzo o un modo di servire il vino. Sanno benissimo come va servito un vino piuttosto che un altro, anche perché sono qui da anni. Tuttavia, ogni tanto capita che sbaglino, allora mi accorgo che stanno perdendo colpi nella loro memoria. Anche per questo scrivono tutto sul blocco notes, ma una sera ho fatto loro uno scherzo: “Quando portate i biglietti delle comande in cucina date a ciascun cuoco soltanto il biglietto che riguarda la sua mansione: un biglietto per chi prepara i primi, uno per chi prepara i secondi, e così via”, ho raccomandato loro. Poi mi sono diretto alla bacheca e ho tirato via tutte le comande. Quando sono tornati in cucina per ritirare i piatti pronti da portare ai tavoli non ricordavano più quali clienti li avessero ordinati. Eppure, avevano parlato con il cliente soltanto qualche minuto prima, quindi dovrebbero sapere di quali piatti hanno parlato.

Un’altra cosa divertente a questo proposito mi è capitata quando sono venuti in stage tre ragazzi di una scuola alberghiera. Erano molto gioiosi e pieni di entusiasmo, ma un giorno ho messo alla prova uno di loro, chiedendo che cosa avesse mangiato un cliente che aveva chiesto il conto. Chiaramente, non ricordava niente. Allora, gli ho suggerito di tornare al tavolo, così si sarebbe rinfrescato la memoria: “Quando guardi i clienti seduti a quel tavolo, ti viene in mente tutto”, gli ho detto. E così è stato. Questo era uno degli esercizi che noi facevamo costante mente da ragazzi, non avevamo bi sogno dell’intelligenza artificiale, la memoria si attivava perché parlava mo, era una cosa che consideravamo essenziale. Forse adesso stiamo correndo un po’ troppo e riteniamo una perdita di tempo fermarsi un attimo a parlare. Ma senza la parola, per diamo la memoria e il cervello delle cose, che è anche nelle nostre mani. Quindi non smettiamo di lavorare con le mani, in cucina e non solo. Poi, non possiamo evitare l’usura, con gli anni si fa un po’ più fatica nello svolgimento delle attività quotidiane, però è il bello della vita. Non togliamo il bello dell’essere umano: la memoria, l’intelligenza, l’esperienza, e usiamo i robot nei lavori pericolosi e pesanti, ma non togliamo la saggezza dell’essere umano, è troppo importante per noi, per la nostra vita, per la nostra gioia. Si sa che nella vita le soddisfazioni sono sempre meno dei guai, ma i guai ti arrivano perché devi risolverli con la tua intelligenza, con il tuo ingegno, con la tua cultura, e lì trovi soddisfazione. Cosa c’è di più bello quando una cosa ti riesce perché hai usato il tuo ingegno?