L’AVVENIRE DELLA TRADIZIONE CULINARIA MODENESE

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titolare del ristorante Belvedere da Danilo, Modena

Questo numero della rivista s’intitola I giovani e le imprese dell’avvenire. Il ristorante Belvedere da Danilo ha sempre accolto i giovani affinché contribuissero ad assicurare un avvenire alla tradizione della cucina modenese. In un’epoca in cui molti giovani fuggono dal lavoro, qui si trovano alcuni esempi di ragazzi che, invece, s’innamorano della ristorazione…

È vero, i giovani che lavorano al nostro ristorante sono attenti alle esigenze dei clienti – che per me è la cosa più importante – e s’impegna no molto per dare il massimo ciascun giorno. Alcuni riescono anche a ca pire in anticipo le indicazioni che io potrei dare nei vari casi specifici, e questo mi fa ben sperare per il loro avvenire e per quello del ristorante. Purtroppo, però, non è facile trovare giovani così qualificati e preparati, occorre formarli e occorre tanto tempo, facendoli incominciare con piccoli compiti come apparecchiare e sparecchiare, perché non riescono ad assumere subito la responsabilità di avere a che fare con i clienti. Per di più, durante i periodi di prova, mi accorgo che molti ragazzi oggi non ascoltano ciò che dico io, ma pretendono di fare di “testa propria”, anche se sono alle prime armi, e, quando faccio notare l’errore, si giustificano, anziché fare tesoro del mio insegnamento. Come se si potesse cambiare la tradizione: il ristorante Belvedere da Danilo è noto per la sua tipicità, per la sua fedeltà alle ricette della cucina tradizionale modenese, oltre che per il suo stile nell’accoglienza dei clienti, quindi non può cambiare improvvisamente soltanto perché qualcuno non segue le regole della casa. E non si tratta neppure di negare l’invenzione o la reinvenzione della tradizione, ma io la lascio ad altri ristoranti che hanno questa vocazione, mentre noi insistiamo nella missione che portiamo avanti da oltre cinquant’anni. E i giovani che intendono proseguirla hanno la chance di assicurarsi un avvenire, perché la tradizione non muore mai, anzi, in un’epoca in cui tutto è volatile, costituisce un ancoraggio alla cultura e all’arte che fanno parte della memoria di una città e di una nazione. Quando avevo quattordici anni sono entrato come cameriere in questo stesso ristorante e non ne sono mai più uscito. E posso dire con fierezza che in cinquant’anni ha sempre fatto il pieno e spesso siamo stati costretti a dire di no a chi non si prenota almeno una settimana prima.

A proposito di memoria, la mia generazione ascoltava con attenzione le indicazioni degli adulti: era come se noi avessimo sempre un piccolo posto nella memoria dove conservavamo ciò che ci veniva insegnato, in modo da metterlo in atto all’occorrenza. Non ci chiedevamo se fosse giusto o sbagliato, facevamo le cose come ce le avevano insegnate. Oggi sembra che non si possa segnalare un errore, perché viene preso subito come una critica personale, come un rimprovero o una volontà di “sminuire la creatività”. La presunzione di sapere arriva al punto in cui nei colloqui c’è chi crede di avere qualcosa da insegnare, nonostante non abbia mai lavorato in un ristorante o, tutt’al più, abbia fatto il lavapiatti in una pizzeria. Questo mi dispiace molto, perché non mi consente di accogliere un ragazzo che magari avrebbe qualcosa da dare, ma se non ci sono umiltà e ascolto, come si può instaurare un dispositivo di formazione?

Certo, i tortellini di Danilo sono inconfondibili e, se qualcosa cambia nella ricetta, i clienti che frequentano il ristorante per gustare quei tortellini rimangono delusi e non è detto che proseguano…

Questo può essere vero anche per le aziende di altri settori: se a un ragazzo viene assegnato un compito da svolgere con le procedure di quell’azienda, che tra l’altro servono anche a qualificare e a distinguere quell’azienda dalle altre, lui non può fare a modo suo, deve fare come gli hanno insegnato. La creatività non c’entra qui: se un ragazzo ha nuove idee, può esprimerle senza bisogno di eludere le regole, per esempio, può suggerire come risolvere un problema, ingegnandosi per trovare una via a cui nessuno aveva pensato prima. Invece, spesso accade che i ragazzi che si ritengono già preparati aprano localini per conto proprio e facciano le cose a modo loro; all’inizio magari la gente è curiosa e li frequenta, ma poi, nel giro di un anno, sono costretti a chiudere, perché oggi i costi di gestione sono esorbitanti ed è facile trovarsi in difficoltà. Infatti, parlando con i fornitori, emerge che sono aumentate le insolvenze e che, per recuperare i crediti pregressi, sono costretti a dare ai debitori la merce anche in assenza di pagamento, sperando che prose guano l’attività. Ma, se le condizioni di partenza sono quelle della presunzione di sapere, è questione di mesi.

In breve, lei sta dicendo che la riuscita non ammette sconti e scorciatoie: ieri come oggi, la riuscita esige impegno e dedizione, oltre che talento e ingegno…

Infatti, i giovani che lavorano al nostro ristorante hanno una vocazione per questo mestiere e l’hanno coltivata con tanta umiltà, perché considerano il lavoro anche una scuola di vita. Per questo trovano soddisfazione nell’incontro con i nostri ospiti sia modenesi sia stranieri provenienti da vari paesi, che sono entusiasti della nostra cucina e scrivono ottime recensioni sui siti che consigliano i ristoranti. Poi è anche vero che con me invece ogni tanto giocano un po’ a “rispondermi”, pensando di farmi indispettire, ma capisco che i giovani hanno voglia di scherzare e lascio cadere. Però l’anno scorso a Natale ho avuto una bella sorpresa: un ragazzo che ha lavorato qui per due anni e “scherzava” un po’ troppo con me – era molto bravo, ma voleva dimostrare che lui faceva le cose meglio di me –, mi ha mandato una lettera fantastica, mi ha ringraziato per avergli insegnato tante cose e mi ha chiesto di tornare, dopo un’esperienza in proprio che non è andata bene. E io sarò felicissimo di accoglierlo, anche perché a settembre una persona che lavora qui da tanti anni andrà in pensione.