LA MOLLA DI CHI NON SI ARRENDE
Lei ha incominciato la sua attività imprenditoriale negli anni sessanta, in un garage, e oggi la sua azienda, il Mollificio Bomoll, è leader nella lavorazione dei fili d’acciaio per settori vari. La sua avventura è incominciata da una sfida e, procedendo per integrazione, lei ha intrapreso simultaneamente anche altre strade, lungo cui ha incontrato scrittori come Ambrogio Fogar, del quale è stato stretto collaboratore nei suoi viaggi avventurosi…
L’avventura procede sempre dalla sfida. È stato mio padre, Vincenzo Bovina, a offrirmi il guanto di sfida, nel 1963. Lui aveva un’attività per conto terzi nel settore agricolo, che però a me non piaceva. Poi, un imprenditore di San Giovanni in Persiceto, che aveva l’azienda vicino a noi, era stato costretto a chiuderla dopo pochi mesi. Allora, quando ho aperto l’attività, mio padre continuava a ripetere: “Vedrai che non ce la farai, fra sei mesi…”. Però, in tanto, mi dava una mano, coprendo le spese di affitto e quelle delle utenze. Quel “Vedrai che tra sei mesi…” è stata la molla per non arrendermi.
I primi tre o quattro anni sono sta ti difficili, tuttavia ho resistito e ho incominciato ad assumere il primo collaboratore, il fratello di mia mo glie, poi il secondo, il terzo e così via. Simultaneamente, però, non rinunciavo alla mia passione, la fotografia. Avevo quattordici anni, infatti, quando ho incominciato a coltivare l’hobby della fotografia, grazie a uno zio che lavorava in Ducati e che mi aveva regalato una macchina fotografica. Poi, ho proseguito come hobbista fino a quando ho incominciato a lavorare in Marina, sulla nave oceanografica Staffetta, come foto grafo navale.
Anche quando ho aperto l’azienda non ho abbandonato l’arte della fotografia. All’epoca, Sant’Agata Bolognese era considerata zona depressa e le imprese dell’area potevano godere di alcune agevolazioni fiscali, che mi consentirono di ampliare l’azienda e assumere collaboratori. Quando abbiamo ingranato la marcia con l’azienda ho avuto la possibilità di viaggiare, facendo servizi fotografici e di ripresa durante le gare di Formula Uno, per conto del periodico “Autosprint”. Svolgevo quest’attività nei fine settimana, in modo da non trascurare l’azienda durante i giorni feriali. Ma è stato lungo questa esperienza, proseguita per circa dieci anni, che ho incontrato Ambrogio Fogar. Il noto conduttore televisivo mi propose di fare l’operatore di ripresa per il suo programma, Jonathan. Dimensione Avventura, in onda sulle reti Mediaset. Da quel momento ho incominciato a girare documentari con la mia cine presa. Fogar mi chiamava “zingaro con la cinepresa” perché mi piaceva viaggiare. Poi, fino a quattro anni fa, ho lavorato anche per Sky.
Nei giorni in cui ero impegnato a fare riprese mio cognato proseguiva il lavoro in azienda e, quando rientravo, i prodotti erano stati spediti ai clienti. Le molle sono necessarie in tutti i settori produttivi, dalle penne a sfera alle siringhe. Noi utilizziamo acciai speciali per fare prodotti di qualità. Non a caso siamo fornitori delle aziende del distretto biomedicale di Mirandola, nel comparto della produzione di siringhe particolari, impiegate per l’estrazione del sangue. Ma facciamo anche molle per cerniere, per esempio quelle per elettrodomestici, mentre il settore oleodinamico è forse il core business nella nostra produzione.
Lei dice che nella vita occorre fare quello che piace, perché lavorare non deve essere necessariamente un sacrificio. Lungo il suo itinerario artistico e imprenditoriale le sono stati conferiti anche molti premi. Com’è avvenuta questa integrazione?
Certamente. Nel 1996 ho ricevuto il primo premio Fotocontest, pro mosso dalla Nikon, su 57000 partecipanti provenienti da tutto il mondo (Foto 1). Ho vinto molti altri premi, ma poi ho smesso di partecipare ai concorsi, preferendo fare foto per mio interesse, anche perché allora non c’era il digitale, che permette di conservare le foto nel computer. Poi, su proposta di alcune ditte che mi avevano chiesto di stampare alcuni libri con le mie foto, ho pubblicato tre libri fotografici.
Avrei anche potuto continuare con la fotografia e la cinematografia, ma l’azienda cresceva, trasformando l’attività da artigianale a industriale. Devo aggiungere che questo è stato possibile anche grazie al talento dei miei collaboratori e di mio cognato – qui sono tutti in gamba –, perché, quando io sono in viaggio, ciascuno fa a gara per fare meglio. Alcuni collaboratori hanno incominciato a lavorare con noi a quattordici, quindici o sedici anni, congedandosi dall’azienda soltanto quando sono andati in pensione.
Lei consiglierebbe a un giovane d’intraprendere la strada imprenditoriale?
Oggi sarebbe difficile aprire un’attività imprenditoriale senza agevolazioni fiscali, perché il carico burocratico ha raggiunto livelli esorbitanti. Inoltre, i giovani sembrano meno interessati a lavorare in proprio rispetto a quando ho incominciato io. Fino a circa dieci anni fa, molti studenti venivano qui a 40 lavorare nei mesi estivi, per guadagnare qualcosa. A volte era no i genitori a proporre che incominciassero a lavorare da noi, che ne ricevevamo anche quattro o cinque per volta, ma oggi questo non ac cade. Non conosco la ragione di questa tendenza, ma forse è passata l’idea che lavorare stanca oppure i giovani oggi hanno meno bisogno di guadagnare.
È importante, invece, incominciare a lavorare a quattordici, quindici o sedici anni, per esempio durante l’estate, perché il lavoro è formativo se incomincia in quella fase della vita. Molti dei giovani che accoglieva mo nel periodo estivo hanno proseguito gli studi per diplomarsi e poi sono tornati in Bomoll. E oggi sono ancora con noi.
Perché è un’arte fare molle di qualità?
Alcune molle devono fare milioni di cicli di lavoro. In questi casi diventa essenziale la qualità del materiale utilizzato. Noi facciamo molle attenendoci al progetto che ci consegna il cliente oppure offriamo consulenza specifica, proponendo nostri progetti. Facciamo vari tipi di molle con caratteristiche specifiche, che vanno dal tipo d’acciaio allo spessore del filo, alla lunghezza e al trattamento termico. Fra le centinaia di clienti che abbiamo, ce ne sono alcuni che forniamo da più di cinquant’anni, offrendo prodotti di qualità, nei tempi concordati e al giusto prezzo. E, a nostra volta, teniamo molto ai no stri fornitori.
Quest’anno Bomoll ha compiuto sessant’anni… di libertà. Qual è la sua testimonianza?
Il logo della nostra azienda rappresenta un’aquila che ghermisce una molla e cerca di afferrare una macchina fotografica al volo. Ho scelto l’aquila perché è il rapace che più di altri esprime l’esigenza di libertà. Sono convinto che, quando ciascuno fa qualcosa che gli piace, allora è libero. E siccome faccio attività che mi piacciono, non ho alcuna intenzione di andare in pensione. C’è un solo modo perché ciò che facciamo non finisca ed è non smettere di continuare a fare. Non c’è altra via. A coloro che sognano di aprire una propria impresa dico: “Prova! Io ci sono riuscito”. Molto dipende dalla capacità, ma occorre anche avere tenacia. La difficoltà? È intoglibile. Nel mio caso, non ho ceduto anche grazie a quella scommessa che avevo fatto con mio padre.