PAOLA CASELLI, PERLA RARA DELLA RISTORAZIONE MODENESE

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titolare del Ristorante da Danilo, Modena

Il 22 ottobre scorso se n’è andata una donna che ha contribuito alla storia della cucina tradizionale modenese negli ultimi quarant’anni: Paola Caselli. Aveva incominciato a lavorare con noi nel 1986. All’epoca c’era ancora mia madre Angiolina e insieme, per vent’anni, avevano dato l’impronta al ristorante, la stessa che tuttora i clienti continuano ad apprezzare nei nostri piatti preparati secondo la tradizione modenese, utilizzando soltanto materie prime freschissime. Quando Paola arrivava al lavoro, sembrava si levasse un tornado: agile come una farfalla, ma risoluta come un generale, avviava la preparazione dei dolci e teneva d’occhio tutto ciò che usciva dalle abili mani della nostra brigata, come la pasta sfoglia di Luca tirata con il matterello (ben tre sfoglie da dieci uova ciascuna) o il ragù, i condimenti e gli aromi per gli arrosti e i bolliti di Cinzia. I dolci di Paola erano diventati una leggenda: le frappe, la panna cotta con i frutti di bosco, il crème caramel, la torta al cioccolato con le noci, gli irresistibili tortelli fritti al savòr e alla crema. Tanti le chiedevano le ricette e lei si faceva chiamare a casa per raccontarne le procedure, ma, pur attenendosi alle sue indicazioni, nessuno riusciva a imitare la sua arte. Eppure, lei si sforzava di rivelare anche qualche piccolo segreto che faceva la differenza. Per esempio, quando le chiedevano come mai la sua zuppa inglese fosse così sublime, lei rispondeva: “Molti preparano la crema e poi ne utilizzano la metà per fare il cioccolato, io invece utilizzo il tuorlo per la crema e l’albume per il cioccolato: crema e cioccolato vanno preparati separatamente fin dall’inizio”.

Una delle tante doti per cui Paola è diventata per me una persona di fiducia era la sua attenzione estrema alla pulizia: tutto doveva risplendere e niente doveva essere lasciato fuori posto o trascurato. Era una donna eccezionale, un faro che illuminava le nostre giornate con il suo sorriso e il suo modo di fare giocoso, anche se sempre attento a ciascun dettaglio.

Il 22 ottobre, quando ci hanno dato la triste notizia, eravamo tutti sconvolti. Appena l’hanno saputo i clienti più affezionati ci hanno telefonato increduli: “Ma com’è possibile? Può andarsene così, all’improvviso, una donna tanto generosa, gentile, energica, che sprizza gioia e salute da tutte le parti?”.

Se n’è andata, ma per noi è ancora qui la nostra regina: è nelle parole che ci ha lasciato, nella memoria del suo sorriso, nelle ricette dei dolci che ha insegnato a fare a Georgiana, la ragazza che ci ha presentato lei come lavapiatti e che, nell’arco di due anni, ha ereditato il suo patrimonio di sapienza culinaria e il suo gusto per l’ospitalità. E anche questo risultato del suo affiancamento è un indice della generosità di Paola.

Non è facile far capire le sue qualità a chi non l’ha incontrata, ma vorrei lasciare la parola a Giorgia, che ha lavorato con noi per tanti anni e ha scritto questo messaggio il 22 ottobre: “I lutti personali non li metto sui social. Ma questo lutto non è solo mio. È il mondo della ristorazione modenese che perde una delle sue perle più rare: la Paolina. Mi ha insegnato a leggere un posto di lavoro tra le righe, anzi, tra i dettagli dei sapori del pesto dei tortellini o della crema della zuppa inglese, nel fondo di un crème caramel, nel ragù per le lasagne. Mi ha insegnato a tacere, ad ascoltare e a eseguire quando il capo dava ordini che non capivo e che poi si rivelavano efficaci. E io imparavo. Imparavo anche a tenere duro: quando ero stanca e non ne potevo più, guardavo Paola e Danilo correre e non mollare mai e io mi mettevo in tasca le mie lamentele e continuavo, fianco a fianco, con loro. Lei era un generale: ci faceva filare tutti dritti, tanto che aveva i ‘gradi’ sul grembiule (una serie di spillette ciascuna con una sua storia)! In sala con lei il cliente non era ‘sacro’, era ‘a casa’, e a casa ogni tanto ti arriva uno scapaccione (metaforico), se non finisci il piatto o se stai seduto scomposto! Ma eravamo tutti in famiglia, dipendenti e clienti. Famiglia allargata, complessa, sgangherata, ma coesa. E ridevamo anche tanto. Una scuola di vita insostituibile. In aula ora ai miei allievi racconto aneddoti del ristorante che mi porto dentro perché hanno formato me e sono importanti per la loro formazione. E in questi aneddoti lei c’è. Paolina, zio bel: ma in du et andeda?!”