I GIOVANI INCONTRANO LE PMI: ENTUSIASMO, INTERESSE E PROPOSTE
In occasione dell’undicesima edizione della giornata
nazionale delle Piccole e Medie Imprese, PMI Day-Industriamoci, il 20 novembre
scorso Confindustria Emilia Area Centro ne ha organizzato una versione
completamente digitale, con risultati eccezionali: sono intervenuti tre imprenditori,
“ambasciatori della cultura d’impresa”, che hanno raccontato la loro esperienza
e hanno risposto alle domande di 1500 studenti delle scuole superiori… È
stato un evento molto bello e interessante, organizzato a partire da una
riflessione che era intervenuta già nel 2019 e che nel 2020 ha sfruttato l’impossibilità
d’incontrarsi dal vivo, trasformandola in opportunità per ampliare in modo
esponenziale il numero di studenti coinvolti. Se undici anni fa avevamo
istituito il PMI Day come momento di scambio fra i giovani e l’impresa, man
mano ci siamo resi conto che non poteva proseguire secondo il modello della
gita scolastica: visitare capannoni, passeggiare fra tubi, bidoni, cisterne e
camini che fumano – spesso senza la possibilità di ascoltare con attenzione
l’imprenditore che ne parla o l’insegnante che cerca di tenere insieme la
classe in un ambiente estraneo e dispersivo come può essere una fabbrica per
chi non vi lavora – rischiava di ottenere l’effetto contrario, ovvero di
allontanare, anziché avvicinare, i ragazzi all’impresa.
Allora, abbiamo capito che occorreva spostare l’attenzione
al “cliente”, lo studente, e porre le condizioni per suscitare il suo interesse
verso la bellezza di ciò che sta alla base di un’industria, perché egli non ha
gli strumenti per interpretare un processo di produzione. Anziché portare i ragazzi
nelle fabbriche, quindi, siamo andati noi nelle scuole, recando la
testimonianza di imprenditori in grado di comunicare la qualità delle cose che
si fanno in un’azienda e il ruolo di ciascuna azienda nella filiera, oltre alle
sue ricadute in termini economici, sociali e culturali sul territorio, anche con
l’aiuto di un video iniziale e di uno conclusivo. Per verificare le acquisizioni
che gli studenti hanno tratto dall’incontro, poi, abbiamo chiesto loro di
rispondere a un test, che ci è stato molto utile per orientare l’evento
dell’anno successivo.
Quindi, nel 2019 avevamo aperto una strada per comunicare in
modo più efficace con i giovani e, di conseguenza, con la società civile,
anziché limitarci a lamentare i continui attacchi sferrati verso l’impresa
tanto dalla politica quanto dall’ideologia ottocentesca rimasta ancorata a un’immagine
di industria come luogo di sperequazione e di sfruttamento.
All’improvviso, arriva la pandemia e sembra che tutto debba
fermarsi.
Noi, invece, siamo pronti per compiere un passo ulteriore
nella direzione inaugurata l’anno precedente. Così, ci siamo chiesti: “Perché
dobbiamo organizzare il PMI Day in una scuola, con la complicazione di doverlo ripetere
per un certo numero di scuole”? Con le tecnologie digitali, si può portare
l’evento a casa dei ragazzi.
Risultato: hanno partecipato 75 classi, per un totale di
1500 ragazzi collegati alla diretta sui nostri canali Facebook e YouTube, cui
sono da aggiungere gli oltre 3500 che hanno guardato la registrazione fino a
oggi e quelli che la guarderanno d’ora in poi. Una dimensione completamente
differente.
Quali imprenditori sono intervenuti e com’è stato
articolato l’evento? Abbiamo invitato tre imprenditori, di province e
settori differenti, ai quali abbiamo chiesto di parlare di tre argomenti
specifici. Dopo la mia introduzione, è intervenuta Monica Talmelli della
F.A.M.A.R, un’azienda del tessile-abbigliamento con sede a Ferrara, che ha
parlato dell’organizzazione del personale e del ruolo della donna all’interno
dell’azienda; dopo di lei, Michele Poggipolini, executive director di
Poggipolini, storica azienda della meccanica con sede a Bologna, ha illustrato
le opportunità nella ricerca e sviluppo di bulloni intelligenti per elicotteri.
Infine, Claudio Stefani, amministratore delegato di Giuseppe Giusti Gran
Deposito Aceto Balsamico di Modena, ha raccontato la sua esperienza di
marketing, che gli ha consentito di portare il fatturato dell’azienda di
famiglia da uno a dieci milioni di euro, lavorando sul posizionamento in chiave
moderna del loro antico marchio. L’entusiasmo dei ragazzi è stato incredibile
ed è provato non solo dalle numerose e interessanti domande che hanno posto durante
l’evento, ma anche dalle risposte ai circa 900 questionari che abbiamo raccolto
al termine e che ci hanno dato modo di avere tante informazioni utili per il
proseguimento.
Tra parentesi, il questionario era anche un veicolo per dare
loro informazioni a nostra volta; per esempio, mentre chiedevamo: “Quale laurea
ti piacerebbe conseguire?”, abbiamo specificato quanto è lo stipendio medio a
tre anni e quale sarà la corrispondente posizione lavorativa. In questo modo,
abbiamo dato loro un primo orientamento sulla congruenza fra titolo di studio e
richieste del mercato del lavoro. È uno degli aspetti di cui dovrebbero
occuparsi i job advisor di cui parlava Pietro Ichino nel suo intervento
al forum di Modena (La macchina e la tecnica. L’invenzione, l’arte, la
libertà d’impresa, 10 settembre 2020). Un altro fattore che ha contribuito all’entusiasmo
e all’attenzione dei ragazzi durante l’evento è stato la possibilità di
utilizzare il loro smartphone sia per seguire la diretta sia per compilare il
questionario, grazie a una app da noi sviluppata, che si poteva scaricare dal
nostro sito.
Il cortometraggio che avete proiettato all’inizio è molto
indicativo del messaggio che volevate trasmettere: il terreno dell’impresa è l’humanitas,
il terreno dell’Altro, dove le cose si fanno secondo l’occorrenza ciascun
giorno, non un luogo di “fenomeni”, che si esercitano a sfoderare le loro
performance di eroi infallibili… Abbiamo cercato di evitare in tutti i modi
le autocelebrazioni, non avevamo nessun interesse a comunicare quanto siamo
“belli, bravi e buoni”.
Pertanto, con il cortometraggio iniziale, abbiamo voluto
dare lo spaccato di una giornata di un’imprenditrice che ha figli, problemi e
preoccupazioni, oltre che risultati dell’attività, che le vengono comunicati
sul telefonino mentre accompagna la figlia a una gara di nuoto. L’impresa che
hanno visto i ragazzi è quella di una persona con tutti i pregi e difetti della
vita. E questo ha instaurato un processo d’identificazione, che ha suscitato in
loro il desiderio di capire di più rispetto al mondo dell’impresa. Soltanto al
termine dell’incontro abbiamo proiettato il video con immagini delle imprese del
territorio, per dare l’idea della ricchezza da cui sono circondati. Se lo
avessimo proiettato all’inizio, non sarebbe stato così efficace, anzi, sarebbe stato
interpretato come eccesso di pomposità. A noi invece interessava far parlare
gli uomini e le donne che compiono quelle opere magnifiche, prima di mostrarne
i prodigi, perché ciascun ragazzo potesse identificarsi e dire a se stesso:
“Allora, tutto questo posso riuscire a farlo anch’io”. È un messaggio di
speranza, di indirizzo, e la società ha bisogno di questo, ma anche la scuola e
l’impresa.
Sì, perché oggi dilaga il nullismo… Le testimonianze
degli imprenditori sono essenziali, perché nella società è ancora molto diffusa
un’immagine del capitalismo lontanissima dalla realtà delle PMI e forse più
vicina a quella delle grandi banche o delle multinazionali che si spostano da
un paese all’altro con estrema facilità, mentre le piccole e medie imprese sono
radicate nel territorio, vivono in comunione con i suoi abitanti e sono un
emblema per chi coltiva il sogno di divenire imprenditore. L’impresa è motore
di libertà e, come insegna lo scrittore americano John Steinbeck, sono il sogno
e il desiderio, più che la sete di successo, a darti la spinta per andare
avanti, nonostante le difficoltà e le paure, perché il viaggio è più importante
della destinazione. Dare la possibilità ai ragazzi di pensare a ciò che possono
fare come imprenditori oppure al contributo che possono dare come
collaboratori, nel viaggio di un’impresa esistente, è un compito che le PMI
oggi devono assumere con estrema urgenza: ne va del proseguimento di intere
filiere.
Tant’è che stiamo progettando di estendere l’esperienza agli
studenti universitari, che di solito frequentano incontri con le imprese,
organizzati dal “Sole 24 Ore” o da altre testate giornalistiche, con
l’intervento di manager e tecnici di grandi industrie come Eni, Ferrovie dello
Stato, Ansaldo e Fiat. In questi incontri emergono studenti con grandi qualità
logico-deduttive, capacità di concentrazione e di focalizzazione progettuale,
mentre le PMI hanno bisogno di persone con un approccio globale all’esperienza,
in grado di risolvere i problemi più svariati e amanti della differenza e della
varietà. Inoltre, lo studente universitario medio pensa che le PMI siano una
strana cosa, una cosa privata, dove non si entra. Noi siamo il paese in Europa
con il minor numero di laureati; per di più, molti di questi vanno via perché
non sanno che qui esistono opportunità interessanti, mentre l’imprenditore non
pensa di avere bisogno di un laureato. Invece, l’economia oggi non può più fare
a meno di persone non soltanto specializzate, ma anche con un alto spessore
culturale, per attuare il programma di Industria 4.0, la trasformazione
digitale della comunicazione, la narrazione del prodotto nelle attività di
marketing e la redazione di testi per la certificazione, per non parlare delle
competenze necessarie per interpretare le normative internazionali, espandere
il proprio mercato e condurre trattative in tutto il mondo. Senza la cultura,
le PMI non hanno chance sui mercati internazionali, rischiano di giocare una
partita con giocatori del tutto sconosciuti e di perdere al primo round. Ecco
perché noi PMI italiane, che siamo la maggioranza, per quanto disorganizzata, dobbiamo
incontrare gli studenti universitari, raccontare le nostre realtà e farle
diventare appetibili, comunicando le due opportunità che offrono: divenire
imprenditore o collaboratore, con grandi soddisfazioni. Sono due opportunità
che uno studente deve mettere sul piatto della bilancia, altrimenti, se non
riesce a essere assunto come tecnico dall’Ansaldo, pensa che l’unica
alternativa sia quella di fuggire dall’Italia per andare a fare il lavapiatti in
Inghilterra, sentendosi più sicuro di quanto lo sarebbe facendolo a Rimini. Non
è così. All’interno delle piccole e medie imprese ci sono grandi spazi per
scommettere e vincere.