QUANTITÀ E QUALITÀ NELLA CUCINA MODENESE: DA DANILO
Quanti
sono i ristoranti che possono vantare una clientela costante, per oltre quarant’anni,
dal primo giorno di apertura? I motivi per cui il suo Ristorante appartiene
proprio a questa rara specie sono tanti, gli stessi che lo hanno reso famoso in
tutto il mondo, attraverso gli articoli pubblicati da giornalisti di vari paesi,
che si recano a gustare la vostra cucina in incognita...
Non ho mai
avuto paura della concorrenza, nonostante nel corso degli anni siano state
tante le novità che poteva offrire la ristorazione (dalla nouvelle cuisine alle
cucine etniche), perché ho puntato sulla qualità che di per sé presenta la
cucina tradizionale modenese: ho sempre pensato che fosse un mio compito imprescindibile
garantire ai modenesi amanti della tradizione e agli stranieri, in visita alla
nostra città per turismo o affari, la possibilità di fare o di ripetere
un’esperienza così intensa come quella che, attraverso la cucina, esprime una
memoria antichissima, quella dei valori, della storia, della cultura e
dell’ingegno tipici della terra emiliana.
Questo
ristorante è diventato quasi un crocevia dove, intorno ai piatti che propone,
s’incontrano genti venute da ogni parte del mondo. Gli stranieri frequentano il
ristorante soprattutto la sera. C’è una soddisfazione impagabile nel vedere la felicità
degli ospiti, che al termine della cena mi salutano come se fossero stati
principi di una festa incredibile, organizzata in loro onore. I coreani,
soprattutto, fotografano ogni portata e ogni fase della cena come se fosse un
evento imperdibile, tanto sono entusiasti. Una sera è venuta una compagnia di
russi che mi ha sorpreso per il modo in cui ha gustato la nostra cucina,
accompagnando gli affettati con la frutta fresca e il filetto all’aceto
balsamico con le pere cotte.
Lei
quindi non ha mai temuto la quantità di clienti, né il modo differente e vario
di gustare la cucina della tradizione...
La
differenza e la varietà sono di per sé una ricchezza. Per ciò non c’è nulla da
temere quando non si chiude la porta a nessuno.
Quello
che lei dice è indice dell’ospitalità che da sempre ha improntato il suo
approccio nella gestione del ristorante. E anche questo non è secondario per la
riuscita di un’attività.
C’è chi dice
che preferisce lavorare di meno, aumentando i prezzi. Io dico che tanta gente
“tiene pulita” la cucina, dove non ci sono mai rimanenze e quindi possiamo
servire sempre cibi freschi, senza sprechi. La mia esperienza mi dà la prova
che la cucina di qualità, unita a un servizio eccellente, non conosce crisi.
Da oltre
quarant’anni il nostro sforzo principale, ciascuna mattina, è assicurare che i
clienti possano trovare da noi sempre gli stessi gusti, perché sono eccellenti
e, se ottenuti con materie prime di primissima scelta come quelle che
utilizziamo noi, sono anche sani e digeribili. La nostra innovazione sta nel
servizio, che dev’essere sempre al passo con i tempi, e nell’attenzione a piatti
della tradizione dimenticati da introdurre nel menu periodicamente. Ma lasciamo
l’invenzione di piatti particolarmente elaborati ai grandi chef, perché è
importante che qualcuno continui a trasmettere la cultura della nostra regione
anche attraverso la cucina e i prodotti a denominazione di origine protetta che
utilizziamo e di cui questa provincia è ricca: dall’Aceto Balsamico Tradizionale
al Parmigiano Reggiano, dal Lambrusco al Prosciutto di Modena, dallo Zampone al
Cotechino.
Un
servizio recente uscito sul quotidiano “La Repubblica”, dedicato alla buona
tavola regione per regione, definiva il suo ristorante un baluardo della cucina
modenese e dei bolliti in particolare. Se n’è accorta anche la Camera di Commercio
di Modena, che le ha conferito il premio come miglior carrello dell’intera
provincia...
Della
qualità del nostro bollito misto si sono accorti anche i piemontesi e i
valdostani, che sui bolliti la sanno lunga, ma vengono periodicamente a
rinfrescarsi la memoria con il nostro, considerato più saporito grazie alla
forte presenza della carne di maiale, in cui siamo specializzati, diversamente
da loro. Quando a Modena c’era il ristorante Fini, molti facevano a gara per
stargli dietro e pochi ci riuscivano. Oggi noi siamo rimasti gli unici a
prepararlo come tradizione comanda e a servirlo prelevandolo direttamente dal
brodo di cottura dal carrello, anziché riscaldando i vari pezzi di carne, tolti
dal frigo all’occorrenza, perché da noi il bollito si prepara giorno per giorno.
Siete
rimasti fra i pochi anche a impastare a mano e a tirare la sfoglia con il matterello
per preparare la pasta all’uovo e i dolci. In che modo possiamo percepire la
differenza anche nel gusto?
Quella di
tirare la sfoglia a mano è una vera e propria arte, ne sa qualcosa il nostro
collaboratore, Luca, che è stato spesso immortalato dai turisti meravigliati
che potesse riuscire a raggiungere dimensioni di oltre un metro di diametro,
ottenendo uno spessore sottile come la seta. A dire il vero della seta ha anche
la morbidezza al tatto, anche perché l’impasto è lavorato a mano. La pasta
lavorata a macchina è sempre un po’ nodosa, perché gli ingredienti non si
amalgamano allo stesso modo, mentre il calore delle mani conferisce loro la
giusta malleabilità. Anche il tempo è un fattore essenziale per la riuscita di
un buon impasto: a seconda del grado di umidità dell’aria, un impasto può
richiedere più o meno tempo per raggiungere un livello ottimale. È impossibile
che una macchina sia regolabile in funzione di tanti fattori, quindi la
differenza di risultato si sente. È chiaro che, alla base, occorrono materie
prime di qualità eccellente, come teniamo a fare noi, per cui utilizziamo solo
uova di galline allevate in campagna e un tipo di farina specifica per pasta fresca.
Lo stesso vale per i dolci, opera delle mani
sapienti di Paola Caselli, memoria storica della cucina di mia madre, Angiolina
Dondi. Non a caso abbiamo continue richieste da parte dei clienti di poterne
acquistare per i loro pranzi in famiglia o ricorrenze. Chissà, magari in
un’altra vita, ci attrezzeremo anche per il servizio di pasticceria.