Letteratura

  • Soltanto un autore che, come Thomas Szasz, ha raggiunto un notevole distacco rispetto alla disciplina psichiatrica e al dibattito sui gender studies poteva scrivere La mia follia mi ha salvato. La follia e il matrimonio di Virginia Woolf (Spirali), in cui non deve difendere alcuna posizione accademica né dimostrare una tesi, al punto che può permettersi anche alcune contraddizioni. Per esempio, Szasz nota che, nonostante la casa editrice di Leonard e Virginia Woolf, la Hogarth Press, pubblicasse la traduzione di tutte le opere di Freud e nei diari della scrittrice si trovino

  • Quando trent’anni fa mi recai come “visiting professor” negli Stati Uniti, fui sorpreso dalla constatazione che Thomas Szasz fosse pressoché sconosciuto dai colleghi delle principali università americane e che coloro che avevano letto i suoi libri parlassero di lui come di una persona senza dubbio intelligente e colta, ma anche un po’ stravagante ed eccessivamente tranchant. In Europa e in Italia, invece, il suo nome era molto noto per il libro Il mito della malattia mentale, scritto nel 1961, edito in Italia nel 1966 e riedito da Spirali nel 2003. Nel 1966, infatti, nel

  • È molto importante leggere un testo restando nel testo. Arcangelo Leone de Castris, autore del saggio Il contesto nel testo, sosteneva che non bisogna abbandonare il testo andando a ricercare nella vita privata o nei rapporti di tipo ideologico e politico dell’autore elementi e giustificazioni della sua interpretazione. Il contesto è nel testo stesso, nella sua parola, nella sua scrittura.

    Generalmente, invece, non si procede così. E credo che questo vizio di fondo possa racchiudersi in una nozione analizzata da Sergio Dalla Val nel suo intervento: il soggetto.

  • Tradurre il libro di Thomas Szasz, La mia follia mi ha salvato. La follia e il matrimonio di Virginia Woolf (Spirali), è stata un’esperienza bella e impegnativa. Quando ho letto nell’originale quest’opera mi sono subito resa conto del suo valore e dell’importanza della sua traduzione.

  • Ciascuno di noi ha potuto percepire la portata dell’opera di san Carlo, non solo per Bologna, come ha sottolineato Marco Poli, non solo per la conclusione del Concilio di Trento, come ha specificato Umberto Mazzone, ma per l’intera Europa cattolica a partire dal 1582, anno della prima edizione degli Acta Ecclesiae Mediolanensis, volumi in cui vengono raccolti atti, editti, documenti, istruzioni che Carlo Borromeo, cardinale di Santa Prassede (a Roma fino al 1565) e arcivescovo di Milano (dal 1565 al 1584), ha potuto precisare, scrivere, formalizzare e pubblicare nel corso della sua vita.

  • Per censura s’intende comunemente il controllo esercitato da un’autorità sulla comunicazione verbale, soprattutto nella forma scritta, per immagini o attraverso altre forme di espressione. Tale controllo è stato ritenuto applicabile, nella maggior parte dei casi, all’ambito della comunicazione pubblica, per esempio quella a mezzo stampa o di altri strumenti di comunicazione, ma, in non pochi casi, anche al controllo dell’espressione dei singoli. Nei secoli, con l’aumento del numero di media, con l’invenzione della stampa, della fotografia, del cinema, della radio e della televisione, di

  • Capita assai di rado che riveda la luce un’opera come questa, di sontuose proporzioni, di singolarissimi contenuti e forma, e che a lungo, per ben cinque secoli, sia rimasta più che dimenticata, volutamente ignorata, accuratamente nascosta, tenacemente deprecata. Per ragioni estranee al suo vigore poetico.

    Quanto alla descoverta, ne va dato universale merito alla casa editrice Spirali, che ha intuito l’importanza dell’opera e l’ha appunto descoverta. E lo dico in veneto, perché veneziana è stata la vicenda, sostanzialmente veneziana la lingua in cui si è proposta.

  • La popolarità di Schumann nelle sale da concerto è fuori discussione, ma non altrettanto si può dire della sua bibliografia. In Italia, il vecchio volume di Valabrega è stato a lungo il massimo punto di riferimento. In seguito, Ricordi ha pubblicato un volumetto che accomuna Schumann a Mendelssohn e a Liszt, poi Mursia ha dedicato al maestro una buona monografia e, non più di due anni fa, L’epos di Palermo ha pubblicato un’esegesi di Kreisleriana. Dunque, possiamo dire che Robert Schumann e i tredici giorni prima del manicomio era un libro necessario, anche se un po’

  • Il mio interesse per Schumann risale all’incirca a vent’anni fa, all’epoca in cui mi sono imbattuto nelle stesse cose che sono state evocate in questo dibattito, a proposito della sua vita: si parlava di sifilide, di depressione, di melanconia.

  • La lettura del libro di Uwe Peters, Robert Schumann e i tredici giorni prima del manicomio (Spirali), è avvincente e piacevole. Si tratta infatti di un testo ben documentato sul piano biografico e molto interessante per l’attenzione dedicata alle lettere ed ai diari dei vari protagonisti, dato che all’epoca di Schumann si scriveva molto e Robert e Clara, come molti loro contemporanei, hanno tenuto un diario per tutta la vita.