COME LA PATATA È DIVENTATA INTELLIGENTE

Qualifiche dell'autore: 
già ordinario di Tecnologie Chimiche e Alimentari, Facoltà di Chimica Industriale, e direttore della Scuola di Specializzazione in Chimica e Tecnologie degli Alimenti, Università di Bologna

L’Italia è il paese europeo con il più alto numero di prodotti agroalimentari di qualità registrati (Dop, Igp, Stg), prima di Francia e Spagna. Sul gradino più alto del podio del food di qualità si pone l’Emilia Romagna con 43 prodotti (18 Dop e 25 Igp), segue il Veneto con 36 prodotti (18 Dop e 18 Igp), la Lombardia con 34 (20 Dop e 14 Igp), la Toscana con 31 (16 Dop e 15 Igp) e la Sicilia con 30 (17 Dop e 13 Igp). A questo primato hanno contribuito le tecniche di coltivazione che fin dall’Ottocento sono state sviluppate in collaborazione con università come quella di Bologna, dove lei ha insegnato per tanti anni. Eppure, a dispetto degli sforzi della ricerca per rendere gli alimenti di origine vegetale più salutari, oggi prevale spesso l’idea che per la nostra salute dobbiamo escludere dalla dieta tutti quei prodotti agroalimentari nella cui coltivazione sia intervenuta la mano dell’uomo e preferire quelli ottenuti con metodi tradizionali o addirittura arcaici...
Questo potrebbe essere vero se tutti i terreni consentissero, attraverso i loro prodotti, l’acquisizione da parte dell’uomo degli elementi indispensabili alla sua fisiologia, dunque alla sua salute. Purtroppo non è così. Il corpo umano necessita di almeno 42 microelementi per potere essere considerato in salute.
Molti di questi, come la vitamina A, lo zinco, il selenio, il litio, lo iodio, l’acido folico e molti altri essenziali non possono essere sintetizzati dal nostro corpo, per cui dobbiamo introdurli attraverso gli alimenti. Ma non tutti i terreni, come dicevo, sono in grado di procurarceli, per cui da alcuni anni stiamo intervenendo perché ciò avvenga sempre più. La confusione che regna nell’opinione pubblica riguarda piani molto differenti tra loro, che vengono sovrapposti e, appunto, confusi. L’incremento quantitativo attraverso l’estensione e la difesa delle coltivazioni, soprattutto in alcune aree del pianeta, mediante concimi e pesticidi antiparassitari, è da discutere caso per caso rispetto alla loro dannosità per la salute o meno, mentre la discussione a livello scientifico sull’incremento quantitativo da cosiddetti organismi geneticamente modificati, gli OGM, è ancora in corso.
E cosa può dirci delle metodiche che ha seguito nella sua ricerca e nelle sue applicazioni, la biofortificazione agronomica e la biocatalisi applicata e fermentazioni industriali? La biofortificazione agronomica mira ad arricchire i cibi vegetali della nostra dieta con i microelementi essenziali al nostro organismo, dunque alla nostra salute. Ciò si ottiene o partendo da un miglioramento genetico delle piante, secondo le tradizionali selezioni e, oggi, attraverso la discussa ingegneria genetica, o attraverso pratiche agronomiche più accessibili, come quella che ho introdotto e brevettato anni fa, riguardante l’introduzione del selenio nella patata.
La patata arricchita di selenio è l’esempio di come un tubero presente nella nostra dieta sia in grado di dare un apporto decisivo al nostro organismo, fornendoci un elemento essenziale come il selenio.
Il processo avviene con una cosiddetta “fertilizzazione fogliare” con sali di selenio, che viene assorbito dai tessuti vegetali e immagazzinato alla fine dal tubero. La patata non è l’unico vegetale con tale proprietà. Mi sto occupando dell’assorbimento vegetale contemporaneo di selenio e di litio. Il litio è notoriamente un elemento di grande importanza per la prevenzione di varie patologie cerebrali, in particolare della demenza senile, tanto che spesso le acque potabili in cui esso è presente in maggiore quantità ostacolano l’insorgere di tali patologie, come avviene da anni anche con lo iodio per la funzionalità tiroidea.
La biocatalisi oggi fa parte delle cosiddette biotecnologie alimentari e della salute, e riguarda lo studio e l’applicazione dei processi enzimatici con enzimi immobilizzati per differenti produzioni alimentari.
Lei ha ottenuto numerosi brevetti per produzioni agroalimentari e ha creato un’azienda per la loro attivazione e gestione, indicando come, anche in tale settore, l’aspetto imprenditoriale abbia una grande importanza.
A tutt’oggi ho ottenuto una trentina di brevetti e nel 1999 ho aperto la società I.D. Tech S.r.l. di Bologna, di cui sono direttore Ricerca & Sviluppo, mentre mio figlio Francesco, avvocato internazionalista, è CEO.