L’HUMANITAS E L’ECONOMIA SOCIALE DI MERCATO

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economista, professore onorario di Relazioni internazionali alla Webster University, Ginevra

Oggi molti economisti e cittadini comuni trovano le cause della crescente disuguaglianza di reddito e di ricchezza nelle nostre società – una delle questioni più importanti e urgenti che dobbiamo affrontare – nella proprietà privata e nell’economia di mercato e cercano la soluzione in un ritorno al socialismo e alla statalizzazione. Eppure, la nostra prosperità, il nostro progresso sociale e la stabilità politica dipendono proprio dall’importanza dell’impresa e degli imprenditori.
Nonostante il fatto che il socialismo abbia fallito sia come ideologia sia come esperimento pratico, l’innovazione e l’imprenditoria dinamica non ricevono sufficiente incoraggiamento.
Non esistono politiche chiare ed efficaci a livello dell’Unione Europea o a livello nazionale (non solo in Italia) per sostenere iniziative private e in particolare le piccole e medie imprese. Attualmente, ci sono timori per la disponibilità di credito bancario a condizioni adeguate nel caso in cui le proiezioni pessimistiche di una nuova crisi finanziaria in Italia si dimostrino esatte.
In Italia in generale e in Emila Romagna in particolare, c’è una tradizione di piccole e medie imprese forti e dinamiche. Per molti aspetti sono state la spina dorsale dell’economia italiana e uno dei suoi numerosi contributi alla civiltà europea e mondiale. Queste società, spesso familiari per diverse generazioni, sono riuscite a concentrarsi non solo sui mercati locali e regionali, ma anche sui mercati europei e mondiali. Tra le loro caratteristiche principali ricordiamo: il duro lavoro, l’innovazione, l’assunzione di rischi, la creazione di posti di lavoro, la combinazione di tradizione e cambiamento, l’accento sulla cultura dell’impresa, le tradizioni familiari sia per i proprietari sia per i lavoratori, la consapevolezza e la sicurezza sociale.
Ma oggi ci troviamo di fronte a politiche macroeconomiche confuse e a riforme strutturali inefficaci a lungo termine. Le imprese e i lavoratori hanno difficoltà ad affrontare le sfide derivanti dalla globalizzazione e non sanno come trarre profitto dai suoi vantaggi. Le condizioni per invertire le tendenze attuali includono l’incremento, con maggiori risorse, per l’istruzione, la formazione, l’apprendistato, l’innovazione. Esse richiedono un’enfasi su qualità, affidabilità, produttività, migliori servizi pubblici e infrastrutture, riforme settoriali, solidità finanziaria e migliori relazioni bancarie e, infine, ma non meno importante, sicurezza e fiducia crescenti. Più di tutto, abbiamo bisogno di un ambiente che porti a maggiore crescita, maggiori investimenti e meno disoccupazione.
Il concetto di humanitas è stato uno dei grandi lasciti delle epoche precedenti, e l’Italia ha dato un contributo importante e duraturo al grande accumulo di conoscenze e valori vecchi e nuovi che fanno parte dell’eredità comune dell’Europa, dell’Occidente e del pianeta in generale. Parliamo spesso della tradizione europea, basata sulla tradizione umanistica e illuministica.
Ma c’è anche una tradizione di guerra, spargimento di sangue, oppressione e violenza. Durante la maggior parte della storia queste due tradizioni erano in competizione e questo scontro si è intensificato nel XX secolo. Ma, dopo il 1945, l’Europa e il mondo occidentale dovettero fare una scelta e il nuovo ordine, la nuova comunità che è stata costruita sulla scia della seconda guerra mondiale dai paesi occidentali sotto la guida degli Stati Uniti ha raggiunto risultati senza precedenti.
I tre pilastri principali di questa nuova “comunità occidentale” erano gli Stati Uniti, l’Europa occidentale e il Giappone. Questa era e rimane una comunità aperta, aperta a tutte le democrazie, cioè le vere democrazie e i paesi che sono democrazie solo nel nome. Così, dopo la fine della guerra fredda, l’estensione geografica di questa comunità di nazioni liberate e democratiche si è espansa, come illustrato per esempio dall’ampliamento della composizione della NATO e dell’Unione europea.
Questa comunità occidentale, di cui l’Unione Europea è parte integrante, è costruita su valori e interessi comuni. I suoi risultati unici possono essere riassunti in tre punti: sicurezza collettiva esterna e interna, con la guerra tra i membri divenuta inimmaginabile, dunque con la pace perpetua tra gli stati membri; democrazia, libertà, diversità e rispetto per l’autonomia e l’identità degli altri; crescita economica, progresso sociale e capacità di apprendere dalle crisi.
Ma, dopo che la democrazia liberale e la democrazia di mercato hanno vinto con la fine della Guerra Fredda, il mondo è stato flagellato da innumerevoli conflitti che hanno causato milioni e milioni di vittime in quattro continenti e hanno portato a un numero incalcolabile delle cosiddette crisi umanitarie. Così, nell’ultimo quarto di secolo l’azione umanitaria, i soccorsi e la protezione internazionali sono diventati nodali nella politica internazionale.
È emerso un vero e proprio “ordine umanitario internazionale”. La protezione internazionale dei rifugiati richiesta dalla Convenzione di Ginevra sulla protezione dei rifugiati è il pilastro più importante di questo ordine umanitario, insieme al diritto internazionale umanitario applicabile principalmente nel contesto dei conflitti armati. Un terzo pilastro sono i diritti umani internazionali, in particolare la difesa dei diritti umani individuali in Europa.
L’economia di mercato è un modello economico e sociale liberale ed è superiore ai modelli controllati dallo stato, come il socialismo, in termini sia di efficienza economica sia di libertà politica. Tuttavia, l’economia di mercato richiede anche adeguate politiche governative e in particolare politiche sociali efficaci. Le politiche sociali hanno molteplici obiettivi: sostenere i perdenti nel processo competitivo, incoraggiare l’accettazione politica del meccanismo di mercato e svolgere compiti comuni che non possono essere affrontati attraverso l’iniziativa privata (servizio pubblico).
Teorizzata da Ludwig Erhard, per molti anni ministro dell’Economia nel gabinetto del cancelliere Konrad Adenauer, da Wilhelm Röpke, un economista e filosofo sfuggito alla Germania di Hitler e vissuto in esilio a Ginevra, e da Alfred Müller-Armack, economista e politico, accreditato di averne coniato il termine, l’economia sociale di mercato non è solo un modello economico ma anche politico e sociale. Una delle sue caratteristiche più importanti è il riconoscimento che deve esserci un dibattito informato e aperto sulla divisione dei compiti tra governi e mercati e l’economia privata.
Gli obiettivi generali dell’economia sociale di mercato sono la crescita sostenuta e il progresso sociale ed economico per tutti, che dovrebbero trarre vantaggio dall’espansione della produzione: l’attuale costante aumento del divario tra reddito e ricchezza tra le élites e le classi inferiori è un segno del malfunzionamento dell’economia di mercato ed è da correggere. Infatti, proprio la “proletarizzazione” di ampie porzioni della popolazione (l’odierna “marginalizzazione”) fu ciò che contribuì all’ascesa del comunismo e del nazional-socialismo. L’economia sociale di mercato è stata progettata per evitare la ripetizione di sviluppi simili. Grazie a essa le esportazioni e le importazioni aumentano sia il benessere della comunità sia l’efficienza dell’economia nazionale, ma la concorrenza spietata non è più ritenuta accettabile nel commercio estero di quanto non lo sia tra le compagnie nazionali.
L’integrazione economica europea e globale sono benvenute, ma c’è il rischio di un’eccessiva burocratizzazione delle organizzazioni internazionali. I responsabili politici nazionali hanno bisogno di spazio sufficiente per politiche responsabili che tengano conto delle condizioni specifiche con cui devono confrontarsi.
L’importanza delle condizioni locali e dell’autonomia deve essere riconosciuta all’interno di un quadro federalista.
Molte sono le questioni che l’economia di mercato, ma soprattutto l’Europa che l’ha teorizzata, devono affrontare: la crisi migratoria a livello europeo e mondiale; la Brexit e il problema delle autonomie, come quella catalana; il successo dei demagoghi e dei dittatori; l’euroscetticismo; gli attacchi contro i valori occidentali e contro la democrazia liberale; il risveglio del nazionalismo, del localismo, del nativismo, del razzismo; l’estremismo religioso; la crisi economica e finanziaria e l’incertezza dei mercati; i difetti della globalizzazione; le crescenti disuguaglianze; l’estremismo islamico; le crisi umanitarie; le politiche e ideologie di Cina, Russia, Turchia, Iran, Arabia Saudita; la necessità di una riforma del sistema monetario internazionale, compreso l’euro; la crisi del multilateralismo; il riscaldamento globale e il deterioramento dell’ambiente; la burocratizzazione dell’Europa; l’erosione e la crisi delle politiche sociali; i problemi della disoccupazione; la questione degli investimenti e della crescita; il potere dei monopoli mondiali; l’accelerazione tecnologica; l’aumento del debito nazionale e internazionale; i problemi irrisolti della finanza globale.
Non esiste un’unica semplice risposta al peso cumulativo della lista di problemi sopra riportata. In passato, siamo stati in grado di superare le crisi del tempo attraverso il dibattito, l’innovazione, gli sforzi comuni e la solidarietà: i singoli paesi, l’Europa nel suo insieme, le altre nazioni occidentali erano tutte parte degli sforzi comuni, parte della risposta.
Uno dei principali obiettivi dell’Unione europea, secondo il trattato di Lisbona, è lo sviluppo di una “dinamica economia di mercato sociale” con l’accento sulla crescita e sul progresso sociale, piuttosto che sulla sola “disciplina” e austerità. Questo è nell’interesse di Italia, Germania e di tutti i paesi membri. La conclusione centrale di questo articolo è che dobbiamo rivitalizzare il concetto originale dell’economia sociale di mercato e adattarlo alle condizioni del XXI secolo.
Come nel passato, il pessimismo, la paura o la convinzione che non possiamo trovare la nostra via d’uscita dall’attuale confusione intellettuale, morale e politica può portare a decisioni improvvide e devastanti.
Non esiste un’alternativa valida per noi, per i nostri figli e i loro figli al modello democratico occidentale.
Questo è il modello di libertà e solidarietà che permette d’imparare dalla storia, correggere gli errori del passato e trovare nuovi modelli e soluzioni.