DALL’EPOCA LONGOBARDA, TESTIMONIANZE MATERIALI DI CIVILTÀ A VILLA CAVAZZA
Tra storia e mito, Villa Cavazza è una testimonianza materiale di civiltà, che, dopo un attento e accurato restauro da parte della vostra famiglia, oggi si lascia leggere dagli ospiti che la frequentano soprattutto in occasione di meeting, cene di gala e matrimoni, ma anche di eventi aperti al pubblico, come la mostra FlorArte – che ormai è un appuntamento irrinunciabile per gli amanti dei fiori e delle piante nel giardino e nell’arte – e i concerti della rassegna Lungo le antiche sponde, che tocca i comuni che si affacciano sulle rive del Panaro.
Ma quali sono i primi documenti che riguardano Villa Cavazza e il suo territorio?
Risalgono all’epoca longobarda, intorno all’anno 750, i documenti che attestano la donazione all’Abbazia benedettina di Nonantola, da parte di Astolfo, re dei longobardi, delle terre e dei relativi insediamenti in cui è compresa Villa Cavazza. Le rappresentazioni grafiche si trovano invece in documenti del 1400, oltre che, in maniera molto più reale ed evidente, nelle mappe seicentesche del Boccabadati, dove la Villa viene indicata con il nome dei proprietari di quel momento, i Castelvetri: infatti un Castelvetri, sposando una Molza riceve in dote, con un atto notarile visibile presso l’Abbazia di Nonantola, la Villa con l’azienda agricola di pertinenza. Presso un’abitazione dei Castelvetri, a Staggia, a pochi chilometri da Villa Cavazza, furono trovati documenti che attestavano il passaggio di Martin Lutero nel modenese e il processo a carico di un membro della famiglia che lo aveva ospitato.
Nella ricerca intorno agli edifici antichi, come nella storia, gli studi non possono mai essere considerati chiusi, può sempre intervenire qualche elemento nuovo.
Alla base del restauro, allora, c’è, prima di tutto, la ricerca?
Sicuramente la ricerca storica è fondamentale per capire un edificio, lo scopo della sua prima costruzione, i suoi utilizzi nel tempo, l’evolversi dei fatti storici e di costume pubblici, uniti a quelli privati della famiglia proprietaria. Una lettura attenta porta a capire l’edificio e il luogo, il motivo di alcuni utilizzi e di un particolare orientamento dell’edificio. Pensiamo, per esempio, a quanto i decori interni degli edifici siano legati ai fatti del pubblico e del privato, a Villa Cavazza ne abbiamo diversi esempi: le decorazioni di epoca napoleonica nella loggia d’ingresso, probabilmente eseguite nel periodo dei buoni rapporti che la famiglia intratteneva con i francesi loro “clienti” per il commercio del grano e che si sono salvati all’epoca della Restaurazione; l’affresco di un soffitto in un salotto al primo piano che celebra l’unità d’Italia con tanti simboli fra i quali una corona dei Savoia, oltre a richiami massonici; una stanza fatta affrescare per ricordare il matrimonio fra Giovanni Cavazza e Rosa, figlia dei conti Campi di San Felice, con gli stemmi delle due famiglie dipinti affiancati sulla parete del camino. Sono presenti poi numerose testimonianze degli utilizzi anche impropri delle varie parti degli edifici che attestano le diverse evoluzioni delle costruzioni. La parte più antica e forse più interessante sotto il profilo architettonico viene trasformata in scuderia e utilizzata come tale per oltre duecento anni fino ad arrivare al salone da ballo che per un certo periodo durante l’ultima guerra e negli anni 1940-1950 veniva utilizzato per l’essiccazione del grano con tanto di botola per il trasferimento del cereale al piano terra sottostante, direttamente sui carri.
Questo tipo di edificio storico, esterno alle città, nasceva con scopi ben precisi, come accade anche oggi ovviamente, ma quasi sempre non aveva vincoli freddi e schematici dettati dalle destinazioni urbanistiche e dai piani regolatori. Chi costruiva spesso aveva solo il limite economico, fisico strutturale e di buon gusto rispondente a uno spiccato senso per il bello. La prova la riscontriamo oggi ammirando le opere del passato, purtroppo spesso alterate da restauri impropri e senza amore.
Con Villa Cavazza andiamo all’epoca in cui il territorio modenese era navigabile…
Uno degli aspetti più interessanti per capire quest’edificio è la sua collocazione, insieme alla sua origine primaria. Faceva parte di un insediamento che sorvegliava la navigazione e gli spostamenti fluviali. I monaci benedettini erano titolari dei diritti sia di pesca sia di navigazione sul fiume Panaro, per questo avevano alcuni insediamenti, una sorta di presidi: uno sicuramente a Solara, tra Solara e Bomporto pare ne esistessero due o tre che nel tempo probabilmente hanno originato edifici più importanti divenuti poi le attuali ville. Il nucleo originario della Villa era certamente più ridotto di quanto appare oggi e risale a quel sistema di organizzazione carolingia del territorio basato sulle curtes: un insieme di fabbricati fortificati posti al centro di grandi poderi agricoli. Pare che la struttura abbia sempre avuto la caratteristica architettonica di corte chiusa: da qui il nome Corte della Quadra.
La Quadra è la costruzione centrale, chiamata comunemente dagli abitanti del luogo Palazzo della Quadra, Palazzo Cavazza ovvero Villa Cavazza.
La Villa quindi ha seguito diverse vicende storiche, culturali e sociali di varie epoche. C’è traccia oggi delle sue trasformazioni?
Le tracce non sono molto visibili, perché l’edificio com’è oggi, nel suo complesso, è “omogeneo”. La trasformazione architettonica, avvenuta sugli edifici precedenti, ha lasciato ben visibili e integre le parti più antiche: le sale a piano terra dell’ala dell’orologio e una parte dei portici sormontati dalle torri. Nella villa centrale, al primo piano, c’è un salone da ballo e da musica a doppia altezza, con balaustra, che ricorda quello maggiore del Palazzo Ducale di Modena.
Nel corso dei lavori di restauro, abbiamo potuto constatare diverse evoluzioni, documentate con rilievi e fotografie. Abbiamo lasciato visibile, su una scala, un vecchio portone d’ingresso che coincide con alcuni documenti storici dell’epoca precedente all’ultima integrazione effettuata dai Cavazza tra fine settecento e inizio ottocento.
È rilevabile anche una funzione di accoglienza che, come tutte le dimore antiche, la Villa poteva avere nei confronti di ospiti e amici, se non del pubblico come invece ha oggi?
Il fabbricato ha dimensioni rilevanti, con parecchie stanze, utili allora per gli ospiti, ciascuna dotata di camino, distribuite su tre piani e due scale.
La Villa era organizzata come residenza, sia per il periodo estivo sia per quello invernale. La testimonianza della funzione che il complesso architettonico con la Villa aveva nel periodo napoleonico, sono i due edifici laterali, utilizzati allora in massima parte come magazzini per il frumento con una soluzione fisica particolarmente interessante: sui magazzini erano state create delle torri con torricini che, aperte, formavano una sorta di camino che invitava a una virtuosa circolazione forzata dell’aria, fatto indispensabile per l’essiccazione e la conservazione del grano. Le torri, coi torricini, la meridiana e l’orologio soddisfano anche un aspetto estetico gradevole. Un particolare interessante, all’interno di questi edifici, è riscontrabile nelle fasce vetrificate sulle pareti, che contornavano anche porte e finestre, con la funzione di impedire ai topi, una volta entrati, di risalirle e fuggire, per poi tornare. Le finestre erano anche ai piani superiori, fatto anomalo, dotate tutte di inferriate per difendersi da altri “topi”.
Oggi magari pensiamo che nelle dimore storiche molti inserimenti siano di natura solo estetica, quando invece avevano una funzione anche pratica…
Nell’edificio antico, l’aspetto pratico e l’estetica si fondono molto bene. Pensiamo a elementi come le grondaie, le cornici, gli sgocciolatoi, spesso ricchissimi di motivi artistici, nonostante la loro funzionalità primaria.
In epoca moderna si è un po’ tralasciata quest’unione. È molto importante considerare, per esempio, le condizioni atmosferiche del luogo in cui un edificio è situato, come la frequenza della pioggia o la presenza del vento, l’orientamento rispetto ai punti cardinali o la presenza di altri edifici, per capire quali siano le priorità funzionali da salvaguardare, oltre all’aspetto estetico.
Come diceva Machiavelli, occorre fare di necessità virtù. I camini in ciascuna stanza della Villa, per quanto oggi abbiano un pregio soprattutto ornamentale, all’epoca erano necessari per il riscaldamento.
Senza bisogno di accendere i camini, oggi i privati e le aziende che organizzano i loro eventi nella quiete di Villa Cavazza hanno tutti i comfort e tutte le attrezzature richieste dalle più moderne esigenze…
Certamente, il complesso immobiliare è dotato di tutti gli impianti e attrezzature più moderne quali ascensori, riscaldamento, condizionamento, ricambi d’aria, e così via, ma un ospite più attento potrebbe anche non utilizzare l’aria condizionata e assaporare la lieve brezza che puntualmente verso le 20.30 nelle sere estive, con l’inversione termica, si leva dal fiume e accarezza Villa Cavazza.
Gli ospiti possono ottenere una grande varietà di soluzioni, grazie all’articolazione delle numerose sale: possono gestire uno o più spazi nello stesso evento e combinare soluzioni interne ed esterne, zone soleggiate con zone in ombra o sotto i portici, proseguendo fino a tarda notte, senza il pericolo di disturbare i vicini, essendo la Villa collocata al centro dell’azienda agricola.