IL RESTAURO DELLA GHIRLANDINA DI MODENA
Il Servizio Edilizia Storica del Comune di Modena in questo momento si sta occupando del restauro della Torre Ghirlandina del Duomo di Modena, dichiarato patrimonio dell’Unesco. Com’è stato organizzato il lavoro?
Nel restauro di alcuni tra i più importanti monumenti di sua proprietà, il Comune di Modena si avvale del contributo finanziario di enti pubblici e privati, come la Fondazione Cassa di Risparmio, che in questo caso ha concesso un contributo significativo di tre milioni di euro.
Il restauro di un monumento così importante è un lavoro molto complesso perché comporta affrontare tanti temi differenti – a partire dalla conservazione delle pietre fino ai problemi molto significativi di geotecnica, che coinvolgono anche la cattedrale – e per questo l’Amministrazione ha istituito un comitato scientifico pluridisciplinare, che raccoglie le varie competenze, con l’apporto anche degli enti preposti alla tutela come le Soprintendenze Archeologica e ai Beni Architettonici.
Inoltre, abbiamo coinvolto la città, perché, trattandosi di un monumento così importante, non solo dev’essere conservato, ma la sua storia e il suo recupero devono essere resi noti: man mano che proseguiamo con il lavoro presentiamo il risultato. A questo scopo, abbiamo organizzato due convegni e una serie di visite guidate sulla Torre, che riscuotono notevole successo, e abbiamo pubblicato un libro, La Torre Ghirlandina. Un progetto per la conservazione, che raccoglie la prima parte del lavoro e spiega dettagliatamente il percorso seguito: il rilievo, lo studio delle pietre, il degrado e la valutazione statica, le analisi chimiche e la ricerca di materiali adatti e non invasivi e il progetto di metodo del lavoro, redatto una volta concluse le prove e le campionature.
Può dirci qualcosa di più sull’intervento di restauro?
I problemi della torre sono gli stessi da molti anni: le infiltrazioni d’acqua, la caduta di frammenti dalle pietre di rivestimento e l’accentuarsi della pendenza sono gli stessi ai quali avevano cercato di porre rimedio i precedenti innumerevoli interventi di restauro. Abbiamo incominciato questo restauro perché nel 2006 era caduto un frammento da una balconata a sessanta metri di altezza.
La Torre, costruita nel 1099, è alta novanta metri, è una delle più antiche e alte d’Italia e ha avuto da sempre il problema della pendenza. I restauri l’hanno segnata profondamente, alcune modifiche ci appaiono incomprensibili, altre sono riconducibili agli usi dell’epoca in cui sono stati eseguiti. Uno dei problemi nuovi che dobbiamo affrontare deriva dal restauro avvenuto all’inizio degli anni settanta, in cui sono state largamente impiegate resine epossidiche, che allora si usavano comunemente, ma che a trentacinque anni di distanza mostrano evidenti segni di alterazione. E, poiché l’edificio è costruito interamente con materiale di recupero romano di vario tipo, a seconda della provenienza, la resina funziona ancora sulle pietre più compatte, mentre procura distacchi su quelle più tenere. Dopo questa lezione, abbiamo preferito optare per un intervento meno invasivo, che utilizza prodotti a basso impatto, preferendo quelli a base d’acqua, senza solventi. Stiamo utilizzando una pulitura a vapore a bassa pressione e a bassa temperatura, che consente sia di conservare tutte le patine sulle sculture sia di togliere le croste nere, che sono molto dannose. Abbiamo anche testato una serie di nuovi protettivi a base di acqua, che, grazie alle nanoparticelle, riescono a penetrare e a distribuirsi bene sulla superficie. In breve, il fatto che la Torre abbia almeno quattordici tipi di pietra comporta che il nostro intervento non possa essere unico.
Negli ultimi anni l’amministrazione ha inaugurato una politica di grande interesse per il recupero del suo patrimonio, che comprende, tra l’altro, il Palazzo del Municipio, il Palazzo Santa Margherita con la Biblioteca Delfini, il grandissimo complesso dei Palazzi dei Musei, con la Biblioteca e la Pinacoteca Estensi, il Museo Civico, sette chiese e due teatri, fra cui il Teatro Storchi, appena restaurato dall’Impresa Scianti, che tra l’altro aveva effettuato il restauro di vent’anni fa. Sarebbe stato un peccato demolirlo, come si era ventilato all’epoca. Ma qual era il motivo che stava alla base di quell’idea assurda?
Era previsto un centro commerciale, ma per fortuna cambiano le politiche e cambia la cultura, aumentando la sensibilità. Costruito nel tardo ottocento per le operette e usato per il cabaret o per il cinema, per molti anni era ritenuto di secondaria importanza rispetto al Teatro Comunale. Con la decisione di restaurarlo, vent’anni fa, si mantenne con tutto il suo apparato decorativo.
Oggi siamo intervenuti a causa dei movimenti del terreno che hanno provocato diverse lesioni alla struttura e perché ci siamo accorti che i colori originari erano completamente diversi. Dopo il recente restauro, che ha valorizzato i colori caldi, sembra un altro palazzo.