LA PERCEZIONE DELLA SALUTE E LA LEZIONE DELLA MODERNITÀ

Qualifiche dell'autore: 
cifrematico, segretario dell'Associazione Culturale Progetto Emilia Romagna, responsabile a Bologna della cooperativa sociale "Sanitas atque Salus"

Il dibattito sulla percezione ha esordito, con approcci e sviluppi differenti, nell’Europa moderna con Cartesio, Leibniz, Locke, procedendo con l’elaborazione sulla nozione di reale e con quella sulla nozione di conoscenza. La definizione di percezione come atto o funzione di conoscenza riferiti immediatamente a un oggetto reale, introdotta nel pensiero occidentale dagli stoici ed estesa alla successiva filosofia antica, ha trovato, tra il quindicesimo e il sedicesimo secolo, una messa in questione molto importante a partire da Galileo, Copernico, Keplero, dalle nuove osservazioni in anatomia e fisiologia, dalle grandi acquisizioni dell’arte nel rinascimento, come la prospettiva, l’angolo di visuale, il punto di fuga e ulteriori, fondamentali elementi, dai cambiamenti nel linguaggio e nello stile espressivo, dalla ricerca musicale, dall’astronomia e dalla cartografia, dai viaggi, dagli scambi commerciali e culturali, da una nuova ricchezza del fare. È difficile ritenere che l’uomo della modernità percepisca allo stesso modo, e abbia la stessa idea di percezione, di altre epoche. I contatti con altri popoli e nazioni lontane dall’Europa hanno evidenziato le notevoli differenze tra modi di percepire e rilievo di contenuti percettivi. L’educazione finalizzata alla caccia in Africa e in America e l’addestramento dei militari negli eserciti dell’estremo oriente si avvalevano già di una nozione di percezione come obiettivo da raggiungere, non come spiegazione di fenomeni esistenti. I cambiamenti di scenari, di spazi, di colori, di luci, e la frequenza degli spostamenti lungo i viaggi hanno reso profondamente differente la percezione dell’ambiente e la sua stessa nozione, e il modo di renderla attraverso nuove forme di narrazione: il diario di viaggio, la fotografia, il cinema. Lo stesso linguaggio è divenuto oggetto di cambiamenti radicali, con l’uso e la rivalutazione della metafora e dell’iperbole per rendere l’inaudito e il non direttamente osservabile. Eppure, quest’itinerario importantissimo, iniziato con il rinascimento e proceduto con la modernità, non ha trovato una diacenza altrettanto interessante nella clinica, dunque nell’applicazione di una parte fondamentale del pensiero, della ricerca e dell’esperienza degli umani ad aspetti come la salute e la qualità della vita. La filosofia ha continuato a informare le teorie della percezione, dall’empirismo associazionista di Hume e Stuart Mill, all’apriorismo di Kant, al pragmatismo di Peirce e James, alla fenomenologia di Brentano, Husserl e Merleau-Ponty, alle semplificazioni stimolo-risposta di Skinner e Pavlov, all’innatismo linguistico, fino alla Wahrnehmung della psicologia, che intende la percezione come insieme di funzioni d’informazione sull’ambiente attraverso organi specializzati come vista, udito, olfatto, gusto, tatto. Qui sta una questione molto importante per la clinica: la valutazione della capacità percettiva, intesa anche come base di schemi di pensiero, viene tuttora svolta sulla misurazione dell’integrità dei cinque canali percettivi, trascurando tantissimi altri elementi attinenti a differenti percezioni, anche pulsionali, inerenti alla progettualità e all’attitudine a fare, a ricercare, a esplorare, a intraprendere, che possono proseguire fino a età avanzatissime. La scienza protesica e le biotecnologie offrono supporti interessanti per proseguire e nuove modalità percettive, ma Beethoven, Borges e molti altri testimoniano che chi scrive, chi si trova nell’intellettualità, chi intraprende non fa dipendere la qualità e l’efficacia del suo fare dal funzionamento sensoriale.

Le osservazioni di Marco Maiocchi, Francesco Rampichini e Ettore Lariani nell’importante libro Archestesie ci dicono ancor più: molteplici ricerche, musicali, architettoniche, dell’industria dei suoni e delle immagini, il cinema e le arti visive, il linguaggio offrono, considerando questi settori in integrazione, altrettanti elementi dell’elaborazione del pensiero, con il vantaggio di non fissare un ennesimo canone, quello della corretta percezione. Ancora non sono state recepite nella loro portata, nella clinica e nel pensiero occidentali, molte acquisizioni della psicanalisi, relative alle nozioni d’inconscio, di meta e di oggetto pulsionali, di sessualità: sono fondamentali quelle della clinica in cifrematica sull’impossibilità di fissare l’immagine e sul valore dell’immagine acustica.

La percezione non è dunque riconducibile a un canone e il suo valore non può essere stabilito attraverso test: la complessità e l’astrazione sono la sua ricchezza. La percezione della salute non è mentale ma intellettuale, come il fare, l’intraprendere, il viaggiare, il ricercare lungo una scommessa di vita, lezione fondamentale del rinascimento che la modernità non cessa di tramandarci.