L'ILLUSIONE AMBIENTALISTA

Qualifiche dell'autore: 
medico, angiologo

È sorprendente come le parole di per se stesse, così come i profumi, i colori e le immagini, al di là del loro significato, suscitino sensazioni che vanno ben oltre, appunto, il loro semplice significato.

Ad esempio, vocaboli come sauna, panorama, frittura, grappa, gelato, gardenia, velluto non solo ci riportano all’oggetto che rappresentano, ma immediatamente, sia pure in modo parzialmente inconsapevole, evocano una forte sensazione che ci accosta più concretamente a ciò che solo verbalmente citiamo.

E non si tratta di vocaboli cacofonici o onomatopeici. Il nostro cervello è avvezzo, cioè, ad associare alla parola ciò che per esperienza abbiamo più volte già vissuto.

Allo stesso modo, se interpellassimo centinaia di persone adulte e chiedessimo loro che cosa avvertono ascoltando pronunciare la parola cancro, in gran parte affermerebbero che la prima sensazione è quella di voler allontanare immediatamente in modo repulsivo il termine stesso, quasi a ignorare che esso di fatto sia stato pronunciato. Nascondiamo cioè a noi stessi l’universo spiacevole che quel singolo termine evoca.

È strana la differenza di significato che si attribuisce solo intimamente e non clinicamente, o nel lessico corrente, ai termini tumore e cancro (o più universalmente cancer, canchero)

Se veniamo a conoscenza che a un amico o a un parente è stato diagnosticato un tumore, avvertiamo la gravità dell’evento quasi con solenne ponderatezza, che sembra farci rendere conto di essere di fronte a un evento serio, ma sgradevole non più di tanto, e immaginiamo un iter diagnostico e un lungo periodo terapeutico del conoscente, ma con sintomatologia lieve perché di fatto così ce l’aspettiamo, poco evidente ai nostri occhi.

Se invece ci viene riferito che Tizio ha il cancro, la sensazione non è di solenne ponderatezza, ma di esecuzione in atto, d’ineluttabile orrida fine in breve tempo fra sofferenze evidenti, escavazioni del volto, perdita di capelli. Il tutto desta in noi sconcerto, ma più ancora una sorta di affettuoso ribrezzo, di vivace repulsione perfino per i particolari della diagnosi, o dello stato di avanzamento (stadiazione del tumore) della malattia, che giudichiamo già grave e di breve durata.

Eppure, la parola cancro non ha un valore scientifico, a differenza del più corretto termine tumore (che si ritrova nel Nomenclatore delle “Principali Cause di Morte e Malattia”). La parola cancro fu utilizzata agli albori delle conoscenze neoplastiche, o nel gergo volgare, per descrivere quelle forme di tumore solido che si manifestavano come localizzazione primitiva o secondaria a livello di cute e mucose con estese e irregolari digitazioni cellulari che simulavano le zampe di un granchio (e forse a simulare l’azione di un granchio che non si riesce più a staccare dalla cute che ha afferrato; terribile immagine, ma che rende bene l’idea). Il cancro è però vissuto come qualcosa che accade agli altri, siano pure essi congiunti di primo grado. Inconsciamente lo temiamo, ma una voce ci dice che a noi non accadrà, ci sentiamo bene, mille acciacchi, la bronchite cronica, i “reumatismi” intesi come poliartralgie (cervicale, lombare, del ginocchio, del polso), oppure la cefalea che di tanto in tanto ci assale, lo stomaco pesante, l’intestino pigro, ma il cancro, perché dovremmo contrarlo anche noi? In fondo, anche la prostata appena controllata va bene e gli esami non hanno alterazioni, salvo “un po’ di colesterolo”.

Notevoli progressi sono stati acquisiti nell’educazione sanitaria e nella diagnosi precoce delle neoplasie. Ma ancora solo per alcune di esse. Molto meno si è fatto per la prevenzione primitiva dei tumori, che è diversa dalla diagnosi precoce. Per fare un raffronto con un altro dei grandi mali del nostro tempo, l’Aids, gli sforzi per la prevenzione primaria per quest’ultima sindrome sono stati notevoli e con discreti successi. Molta educazione sanitaria con i mezzi d’informazione, con opuscoli, corsi formativi per medici di Medicina Generale, nelle scuole, tra le categorie a rischio. Eppure, i nuovi casi di Aids sono ogni anno poco più di cinquecento sul territorio italiano, mentre i nuovi casi di tumore maligno sono decine di migliaia. Segno che l’Aids, nota dal 1994, ha avuto una grande attenzione e un grande impiego di risorse. Forse non abbastanza e soprattutto non adeguatamente si è fatto per la prevenzione del cancro. Ad esempio, fanno sorridere, per certi aspetti, le ingenuità di chi pensa di abbattere potenziali elementi cancerogeni modificando i carburanti per autotrazione, o limitando l’accesso ai centri storici e poi ignora le migliaia di edifici residenziali urbani costruiti con migliaia di tonnellate di amianto che nessuno si sogna di rimuovere da tubature, tetti e coibentazioni. Costi troppo alti, appalti non remunerativi, lavori di portata biblica. Meglio costruire il nuovo che rinnovare seriamente il vecchio. E poi questo non è uno scoop, chi mai se ne occupa, non fa audience, come l’Aids. A proposito di carburanti, sì, sono stati abbattuti i gas tossici inorganici, abbiamo però incrementato i benzopireni (marmitte catalitiche) e le micromolecole del gasolio (polveri sottili), mentre con il gasolio di qualche anno fa si producevano grandi quantità di particolato (macromolecole) che sedimentavano facilmente e al massimo davano “reazioni da corpo estraneo”. Che dire dei tossici delle fabbriche scaricati nell’atmosfera nelle ore notturne (non bendiamoci da soli per non vedere), nel rispetto di una produttività che non può calare onde garantire profitto e occupazione. E ancora, anche se la “legge antifumo” di pochi anni fa ha comportato un discreto incremento di soggetti che hanno smesso di fumare ed è stata seguita con grande e inaspettata serietà dagli Italiani (locali pubblici, mezzi di trasporto, ambienti di lavoro globalmente “liberati” dal fumo di tabacco), si tende, al contrario, a ignorare le migliaia di giovani che si accostano a questa terribile piaga tabagica, acquisendo così un’ineluttabile eredità di danni vascolari e polmonari che in molti casi evolveranno tra venti, trent’anni in cancro. Pare che i fumatori in Italia siano 11,5 milioni (dati ancora parziali ISTAT), alcuni dicono 17 milioni. Ma il problema è che i giovani non sono disincentivati. Al confronto i sieropositivi HIV (cioè potenzialmente in fase pre Aids) sono 120.000 e i malati di Aids (dal 1994 a oggi) sono arrivati a circa 50.000, con una aspettativa di vita dai tre ai vent’anni (i tumori danno un’aspettativa di vita dai sei mesi ai cinque anni). Quanto all’iceberg tumori, basta consultare la tabella riportata di seguito (aggiornata all’anno 2000) per rendersi conto della dimensione del problema. Dunque occorre una diversa lente d’ingrandimento per valutare sul serio l’ambiente, i tossici, l’educazione sanitaria, gli investimenti, le norme comportamentali, meno audience, meno demagogia e più sostanza… anzi, più serietà e onestà intellettuale.

Tabella