LA NUOVA PARTITA DELL'IMPRESA DELLA MODERNITÀ
Intervista di Anna Spadafora
Oltre a essere presidente delle società che compongono il Gruppo Masi, lei è stato presidente di ASSOFERMET (Associazione Nazionale Commercianti di Acciaio e Metalli) per dodici anni. A partire dalla sua esperienza, che cosa può dirci del valore dell’impresa? Quali sono i criteri di valutazione che utilizza nel momento in cui, per esempio, deve acquistare quote di una società?
L’esperienza derivante dall’avere svolto un certo mestiere per tanti anni oggi non è più così importante; al contrario, può verificarsi la presunzione di pensare che tutto sia come prima e che la storia si ripeta sempre seguendo gli stessi canoni. Ero poco più di un ragazzo quando, all’inizio degli anni sessanta, il modo di comportarsi si ripeteva uguale nel corso delle settimane, dei mesi e degli anni, quando bastava imparare “due mosse” e il risultato era assicurato. Oggi, è cambiato il contesto, ma i giocatori sono più o meno ancora gli stessi, così, spesso, si è indotti nell’errore di credere di giocare la stessa partita. Se attualmente ho qualche vantaggio è perché credo che, più dell’esperienza, madre natura mi abbia dotato di quel tanto di follia e di virtù che mi servono per vivere in una realtà così mutata.
Lei mi chiede quali sono i miei criteri di valutazione nel gestire le mie attività. Le rispondo dicendo che mai come in questo momento cerco di tenere ben presente che per interpretare l’azienda occorre essere dotati di una capacità enorme di valutare al di là dei numeri e al di là degli avvenimenti. È una regola questa che deve appartenerci, non s’impara in nessuna scuola. A onor del vero mi sento di confermare però, senza scadere nella retorica, che la scuola di vita vissuta sia ancora oggi il miglior mezzo per accompagnare la crescita dei nostri giovani imprenditori.
Dobbiamo continuamente mantenere la sintonia con le necessità del mondo moderno, frequentato e abitato da tante cose, da differenti culture e anche da tanti vizi vecchi e nuovi. Non possiamo fare gli imprenditori e prescindere da quanto succede nell’ambito politico, amministrativo e pubblico. Noi imprenditori dobbiamo essere consapevoli che il contesto in cui oggi operiamo è totalmente mutato, non per forza peggiorato, ma solo mutato, e che, in questo contesto, chi fa la parte del leone senza denti è sicuramente la politica.
Politica, termine oggi talmente presente nella nostra vita, direi anche abusato, che mette sicuramente in evidenza tutti i nostri vizi, tutti i nostri difetti e limiti e così poco le nostre virtù. Virtù che, pur essendoci, restano sommerse dalle infinite e continue vicissitudini che accompagnano tutto il nostro mondo quali imprudenti guerre di religione e di interessi in una Europa tanto conclamata quanto poco realizzata. In una Italia, dove l’attività più frenetica è sicuramente data dalla ricerca di chi è stato il primo a commettere l’errore – escludendo a priori la necessaria ricerca però di chi ha le corresponsabilità.
Ciò che continua a ripetersi nel nostro paese da oltre vent’anni sul fronte della gestione pubblica (elencazione dei problemi senza l’adozione dei necessari rimedi) sollecita il paragone con un’azienda che, pur di fronte al rischio di fallire, continua a mantenere alla propria guida sempre gli stessi amministratori, gli stessi tecnici, in poche parole, le stesse persone che hanno, al di là di qualsiasi dubbio, la responsabilità certa del dissesto. Questo testimonia l’incapacità di adottare scelte tanto impopolari quanto coraggiose.
Da sempre, ma oggi ancor di più, in presenza della globalizzazione, per creare valore occorre che il prodotto sia competitivo, valido e – poiché questo non è sufficiente – occorre trovare giovani uomini e donne, magari non ricchi di esperienza ma dotati di ambizione ed entusiasmo supportati naturalmente da una valida cultura scolastica. A questi uomini, privi di responsabilità pregresse, occorre con fiducia affidare importanti compiti nella società e nelle nostre aziende.
È appena tornato da un viaggio in Cina. Quali sono le sue impressioni?
Ho avuto la conferma di quello che si sapeva e immaginavo: la Cina è certamente una opportunità e una grande realtà che non possiamo lasciarci sfuggire. Un continente talmente diverso dal quale noi europei tanto abbiamo da imparare e un poco da insegnare.
Lei ritiene che il valore dell’impresa stia nel cervello dell’impresa?
Ne sono profondamente convinto: nel cuore e, quindi, nel cervello degli uomini dell’impresa sta il futuro dell’impresa stessa. Sono altrettanto consapevole che si dedichi troppo poco tempo alla persona. Anch’io non sono immune da questa valutazione. Probabilmente, anche nella mia impresa, ci saranno dipendenti che potrebbero esprimere il meglio di loro stessi assolvendo diverse funzioni. A parziale assoluzione per questa mia analisi posso dire che sento profondamente questo aspetto al quale dedico un impegno serio e costante.
È ciò che considera importante se deve valutare l’azienda di qualcun altro?
È ciò che cerco di fare, perché ci credo fermamente, perché è inutile fare affidamento a riduzioni di costi da un sistema ancora così poco efficiente e tanto costoso. Sono aspettative tanto irrealizzabili quanto legittime, ma bisogna che chi ha la responsabilità primaria di un’azienda, insieme a chi la condivide, s’impegni in questa ideologia, al di là delle differenti opinioni.
Quando devo fare una valutazione io mi affido alla mia “intuizione” perché credo sia il modo in cui traduco la mia esperienza in azione, ancora prima di affidarmi agli strumenti di analisi oggettiva, mi affido alla mia supposta capacità di capire chi ho di fronte, chi è quella persona, che cosa è quella impresa.
In altre parole, pur non rinunciando ad applicare i criteri che non possono essere elusi, l’imprenditore non può prescindere dalla valutazione degli uomini che formeranno la sua impresa.