IL RITORNO DEL SOGNO EUROPEO

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regista, sceneggiatore, presidente della Federazione Europea dei Registi Audiovisivi

È curioso incontrare un regista come lei a un congresso intorno al tema della democrazia (28-30 novembre 2008, Villa San Carlo Borromeo, Milano Senago). In che modo il cinema ha a che fare con la democrazia?

Ciascuno di noi è un cittadino, ma l’intellettuale e l’artista lo sono in misura ancora maggiore, perché hanno una parte attiva nella vita pubblica e sociale, dove assumono impegni e hanno responsabilità. Inoltre, nel mio caso, a ragione della lunga esperienza della lotta contro la dittatura e il totalitarismo, il ruolo dell’artista, ossia di un uomo che gode di una più ampia popolarità e che ha più spazio per esprimersi, è quello naturale di coscienza critica. Nel mondo anglosassone è diffusa un’idea di arte come entertainment, divertimento, ma in Europa esiste una tradizione che ha dell’arte una concezione molto più profonda. L’arte è sempre stata uno specchio critico che cammina sulle strade del mondo, come diceva Shakespeare. Questa tradizione è proseguita anche nella dura epoca del totalitarismo comunista in cui abbiamo vissuto. Credo che anche molti miei colleghi, intellettuali, artisti e dissidenti di altri paesi comprendano l’importanza di questo ruolo e non a caso sono presenti a questo congresso. Inoltre io, come artista, partecipo alla vita accademica e agli aspetti più svariati della vita pubblica, proprio perché fa parte del mio ruolo. L’artista che vive nella sua torre d’avorio è completamente anacronistico, dal momento che oggi nessuno vive più così.

Certamente però non possiamo cadere nella situazione opposta di utilizzare l’arte e il cinema a fini politici…

Anche questo è un rischio che si corre, ma malgrado ciò l’artista deve sempre svolgere il suo compito etico di dissidente e di critico della società. Questo era il ruolo di Racine, di Moliere e di tanti altri grandi artisti.

Qual è la situazione del cinema oggi in Europa, in America e nel pianeta, compresso tra mercato e arte?

Viviamo in un momento di grande transizione, anche tecnologica, poiché negli Stati Uniti il cinema come istituzione sta sparendo a causa di Internet. 

Abbiamo un’amplissima possibilità di scelta e un numero di contatti che non avevamo mai avuto prima: siamo nel mondo globale più che mai. Da parte dell’Europa si avverte una certa anemia spirituale, con una produzione fortemente decadente che racconta cose poco interessanti. L’America, malgrado tutta la sua ingenuità, possiede un grande fervore perché crede nel suo mito, mentre l’Europa ha perduto il proprio. Invece, è legittimo che ci sia un mito europeo dal momento che i nostri consolati in altri paesi sono letteralmente presi d’assalto, dimostrando come l’Europa abbia ancora una grande forza d’attrazione. Purtroppo, noi sappiamo essere solamente autocritici e in permanente autodifesa, dimenticando quali siano i grandi meriti dello spirito europeo. Ritengo che il nostro compito sia quello di recuperarli, anche se non abbiamo fatto i conti con il totalitarismo. Un po’ ci siamo confrontati con quello hitleriano, ma non ancora con quello leninista, e questa è la ragione per cui l’Europa è così disfattista e priva di prospettive. Ma, così come continua a esistere l’american dream, vorrei vedere la rinascita e il ritorno del sogno europeo.