SETTE PROGETTI PER L'AVVENIRE DI MODENA
Intervista di Anna Spadafora
Il titolo della nostra rubrica, Come ascoltare gli edifici, è un invito alla cura della città. Quali sono i problemi che emergono e quali le proposte e le attività del suo assessorato per favorire lo sviluppo della qualità urbana?
Il tema è di straordinario interesse, oltre che per noi di forte attualità, visto che ormai da un anno lo abbiamo posto al centro di una esperienza molto interessante e innovativa: il laboratorio di urbanistica della città.
Avviato nel giugno dello scorso anno con il convegno nazionale tenutosi presso la Fondazione San Carlo, Città Media Felix, al quale hanno partecipato urbanisti e sociologi di fama internazionale, il “laboratorio” ci ha permesso di fare una riflessione sulla città media. Città Media Felix, per ragionare, insieme, sul fatto che la dimensione media sia ancora ideale per continuare a garantire anche nel futuro la qualità urbana e la qualità di vita dei cittadini. A quell’elaborazione di carattere culturale abbiamo fatto seguire un vero e proprio atelier di progettazione urbana. Quattro giornate d’intenso lavoro, tenutesi al Foro Boario in settembre, a cui hanno partecipato docenti, neolaureati e studenti di sette università. Sui tavoli, decine di elaborati e studi progettuali, espressioni conclusive di un lavoro svoltosi nei mesi precedenti, con straordinario impegno di tutti i gruppi che hanno aderito al progetto.
Un metodo di lavoro per molti aspetti innovativo per la città…
Certamente sì, anche se la novità non sta solo nel metodo, che ha coinvolto le università, con il loro apporto in termini di ricerca e innovazione, ma anche nel fatto di avere coinvolto università che non fossero della nostra città.
Spesso, il nostro progettare è frenato dall’eccessiva conoscenza del territorio, che ci fa vedere i problemi attuativi prima che le potenzialità di un sogno. Chi viene da fuori, invece, ha un atteggiamento più aperto, più libero, più incline a lasciare viaggiare la fantasia. La collaborazione diventerà strutturale. Stiamo infatti predisponendo le convenzioni con le università, che ci seguiranno anche nei prossimi anni, nell’attività di approfondimento dei sette progetti sorti finora e anche nell’individuazione di nuovi temi per la nostra città.
Non meno significativa, poi, è la novità degli strumenti che mettiamo a disposizione dei cittadini: la discussione sul futuro della città e la costruzione di nuovi piani regolatori non devono essere patrimonio di pochi, ma devono essere aperte al contributo di tutti e devono essere portate avanti con strumenti comprensibili. Non più tavole dominate da retini – che rendono difficile anche agli specialisti individuare immediatamente il futuro della città all’interno di differenti colorazioni – ma progetti leggibili, rispetto ai quali abbiamo aperto un dibattito con i cittadini e gli addetti ai lavori. Un dibattito che ci porti poi a scegliere le opportunità migliori, da trasformare in scelte del nuovo piano regolatore. Solo così si potrà assicurare ai modenesi il diritto ad una città urbanisticamente e architettonicamente sempre più bella.
Il futuro, le idee e i progetti. Molto dipende dai livelli qualitativi che la città ha saputo consolidare nel tempo.
Modena, io credo, è città che può vantare alti livelli di risposta alle aspettative dei cittadini. Una città cresciuta nel tempo, con periferie assolutamente dignitose, dove gli standard urbanistici non sono solo rispettati ma utilizzati al meglio, dove il livello di qualità delle urbanizzazioni e dei servizi inseriti è sicuramente alto. Però, oggi vogliamo andare oltre, vogliamo che in quelle periferie, oltre agli ottimi livelli di progettazione del verde, della mobilità e dei servizi, siano collocati spazi collettivi, punti di aggregazione, luoghi che possono rappresentare occasione d’interesse per l’intera città. Solo così costruiamo aree che hanno la stessa dignità del centro storico.
L’importante intervento progettuale che interessa la fascia ferroviaria produrrà questo risultato: un’area che sarà costruita con grande attenzione alla parte infrastrutturale, a quella urbanistica, a quella architettonica e alla qualità dei servizi, ma che ospiterà anche la pista del ghiaccio e un impianto di fitness che saranno di riferimento per l’intera città. La città è bella se i suoi edifici sono belli. E qui non si tratta di progettare bene e con attenzione soltanto le piazze, le chiese e gli edifici pubblici, ma di avere molta attenzione e cura anche nella realizzazione degli edifici privati, che privati sono solo per la parte interna, mentre per quella esterna rappresentano qualcosa che appartiene alla collettività.
Gli edifici, nella loro architettura, compongono il quadro della città e se il quadro è brutto è brutta la vita. Gli edifici costituiscono il nostro scenario quotidiano, rispetto a cui valutiamo la qualità della vita della nostra città. Da questo punto di vista, gli architetti hanno un’enorme responsabilità. I politici hanno le loro responsabilità, però possono permettersi di cambiare idea ogni tanto, mentre gli architetti, quando costruiscono, fanno cose che rimangono per generazioni, per secoli. È per questo che dobbiamo cercare di agevolare il loro lavoro: le normative oggi sono diventate quasi ingestibili, il livello di burocrazia e il numero di enti che intervengono nel processo approvatorio è eccessivo e produce tempi non più compatibili con le esigenze di cambiamento delle città, ma è un problema che dobbiamo risolvere, per non correre il rischio di non essere più in sintonia con la società.
Può citare qualcuno dei sette progetti nati in collaborazione con le università?
I sette progetti oggetto del nostro laboratorio di urbanistica affrontano problematiche necessariamente di area vasta, alcune delle quali contengono opportunità straordinarie che a breve la nostra città avrà. La più importante è lo spostamento della linea ferroviaria che divide da oltre cent’anni il quartiere Madonnina dal Villaggio artigiano. Sarà uno di quegli eventi che possono definirsi epocali: noi e i nostri nonni siamo nati avendo di fronte agli occhi quella divisione e quella separazione del territorio determinate dalla ferrovia. Fra tre o quattro anni al massimo, non ci sarà più e, quindi, è fondamentale incominciare a pensare quel territorio in termini di ricucitura.
Un altro tema è quello dei parchi della nostra città, che non vogliamo siano semplicemente aree verdi, ma luoghi vissuti dai cittadini. Per questo occorre pensare per queste importanti aree – due di dimensioni straordinarie: il parco Ferrari e il parco della Resistenza – alla progettazione di spazi collettivi tali da farli vivere in maniera compiuta ai cittadini.