I NUOVI MEDIA DELL'ARTE, DELL'IMPRESA, DELLA FINANZA
Ma è proprio vero che il mezzo è il messaggio? Dopo che la logica, la linguistica, la semiotica sono confluite nell’universalismo disciplinare, dopo che la psicanalisi angloamericana prima e quella francese poi si sono spente, piegate alle ideologie del XX secolo, perché la comunicazione dovrebbe ancora procedere dall’unità e mirare all’unificazione? C’è ancora bisogno del dualismo idealista forma/contenuto (“Internet è neutro, tutto dipende dai contenuti”) o della loro confluenza post-ideologica (“Con i nuovi media, la scrittura è parola e la parola è scrittura”)? Con la cifrematica, la scienza della parola originaria, il mezzo non è il messaggio, ma ciò senza cui non c’è comunicazione: è la parola nel suo atto. La parola, con le sue logiche, è il mezzo con cui ciascuno si trova a pensare, a fare, a riuscire: a vivere e non a sopravvivere.
Ma perché questo avvenga, perché le cose che si dicono, si fanno e si scrivono giungano a qualità occorre che nella parola ci sia l’apertura originaria, che le cose procedano dal due, dalla questione aperta che mai unifica, non dall’interrogazione che fonda la risposta, come nel dialogo occidentale. Procedendo dal due anziché dal dialogo, il messaggio non giova all’unità, all’origine, all’identità: corre lungo la dimenticanza che, nel racconto, custodisce la memoria. Il messaggio non esige i contenuti, ma l’esperienza originaria che in questi trent’anni la cifrematica, e in particolare la psicanalisi del secondo rinascimento, sta promuovendo in vari ambiti e in vari paesi, con un itinerario secondo la logica della parola.
Con quali mezzi? Con che modi? Qual è la misura? Quale la medicina? Si tratta sempre dell’etimo med, “la radice per eccellenza, quasi la pulsione” scrive Armando Verdiglione. I nuovi media non sono le forme più avanzate della mnemotecnica e della mnemomacchina, non trovano la loro forza nel contare e nel risparmiare meglio il tempo, nell’ipotesi che quest’ultimo possa finire. I mezzi della parola sono infiniti: se fossero finibili, sarebbe il regno della necessità morale, sociale, finale, cioè il luogo comune. Ciascuno fa per bisogno pulsionale, senza poter contare o risparmiare le forze per un’amministrazione della sopravvivenza.
I nuovi mezzi sono pulsionali, non biologici, non naturali. Hi-tech o biotech? Tecnologia come colmo della biologia? Telefono, giornali, video, computer, Internet non sono estensioni degli organi come primi utensili naturali. Sono utensili, non organici, non naturali; ma, come si avverte dagli articoli pubblicati in questo numero, l’utensile non è neutro, ha la chance di divenire strutturale, di partecipare alla struttura, all’industria materiale delle cose nella loro trasformazione.
Già da Leonardo l’utensile non è per nulla utile, lo strumento non è per nulla strumentale. Internet è strumentale padronanza sulla parola, che comporti nuove dipendenze, e possa essere utile per nuovi liberatori? Un male necessario per l’arte, l’impresa, la finanza, in un processo di estinzione del tempo a vantaggio della spazialità, del principio della necrofilia? È la fine della scrittura? Il medium è quel che sta nella struttura mentre dispone le cose a scriversi. E il testo in cui avanza la pulsione trova la sua rete (net) nella sintassi del godimento, la sua tela (web) nella frase in cui si effettua il sapere e il suo ipertesto nel pragma in cui la verità è il tono dell’incontro, perché le cose s’intendano in modo globale. Questa globalità viene dall’apertura del pianeta, non dalla circolarità del mondo.
Proprio la pulsione, con cui Freud indica la dualità, l’assenza di monismo, non consente che la rete di cui si tratta in Internet costituisca la grammatica per l’unica globalizzazione inammissibile, la comunicazione per unificazione, che porta alla mondializzazione. L’antiglobalizzazione di piazza non nega la mondializzazione, cui mira, ma il profitto, perpetuando l’antico demonismo contro le sue vie, cioè l’arte, l’impresa, la finanza. Globalizzatori e antiglobalizzatori credono al profitto sostanziale, che ogni valore finisca in finanza, e lì significhi. Mortalmente. Mentre alla finanza che non finisce, (cui allude nella sua intervista in questo numero Elserino Piol), che giunge al profitto intellettuale e alla riuscita, possono contribuire la rete, la tela, il testo dell’informatica, cioè dell’automazione, dell’infinito della parola, che padre Roberto Busa, il fondatore dell’informatica linguistica, insegue. Particolarmente nella misura in cui, procedendo dal due della pulsione, dall’apertura originaria della parola in assenza di sistemi unificanti, Internet partecipa di un’altra sintassi, in cui il simbolico non è il logo ma quel che risulta dalla sua inesistenza, non è l’accesso, ma quel che indica la sua insituabilità. Internet non è il luogo della parola, non serve alla luogocomunicazione: i media sono nuovi perché e se la loro scrittura procede, nella sembianza e nel linguaggio, in assenza di unificazione e dunque esige l’Altro, la differenza e la varietà, da sempre esclusi dal logo filosofico, dal dialogo e dalla dialettica, con i loro scontri ideologici e di piazza, sempre diretti, sempre mediati, sempre pronti al farmaco, sempre farmaco essi stessi. Farmaco contro l’Altro, che con i nuovi media s’instaura con il fare e non è rappresentabile, salvo la neutralizzazione, l’unificazione, l’esclusione.
Musica in MP3, banche on line, librerie elettroniche, gallerie d’arte multimediali, libri e giornali con accesso e diffusione gratuita: nuovi media per lavori e imprese differenti e varie, che comunicano per esigenze pragmatiche, nell’occorrenza, senza costituire un sistema. Con il digitale, cioè con la scrittura che procede per integrazione non per totalizzazione, la struttura dei muovi media comporta un'altra comunicazione, indiretta perché non ha più bisogno di mediazione, infinita perché non più rivolta all’interazione. Media non mediatici e non telepatici, media seguaci del tempo della parola con il suo taglio, fino a implicare una strategia con la sua piega: la comunicazione della città del secondo rinascimento è senza luogo comune, è l’instaurazione dell’Altro, dell’ospite, che trae i suoi dispositivi immunitari e di tolleranza a profitto di ciascuno.