L'APPORTO DELLE IMPRESE ALLA CITTÀ
Intervista di Anna Spadafora
Quanto conta il confronto internazionale nel settore edile e in che modo Apice lo promuove, creando così un vantaggio per i propri associati?
Il confronto con imprese edili di altri paesi c’interessa molto, per capire dove potrebbero esserci spazi di miglioramento per noi, o dove noi siamo un’eccellenza. Come Collegio Edile, di cui il Consorzio Apice fa parte, abbiamo l’abitudine di organizzare incontri internazionali. In un incontro a Lione, per esempio, abbiamo constatato che, in Francia, c’è una forte concentrazione d’imprese con dimensioni molto più importanti che in Italia. Questo per un fattore fisiologico storico. In un momento di forte crisi del settore, intervenuta una quindicina di anni fa, le imprese francesi, da una parte, sono state costrette a scegliere tra la fusione e la crescita gigantesca delle loro strutture, pena il loro fallimento; dall’altra, hanno dato vita alla fioritura di piccole boutique di servizi, il nostro artigianato. Quindi, in Francia oggi troviamo o piccoli artigiani o grandi imprese, mentre le imprese di dimensioni medie, come quelle del nostro Consorzio, quasi non esistono. Tanto che la Francia ha un numero di abitanti più o meno uguale a quello dell’Italia e un trenta, quaranta per cento di imprese in meno. Nello stesso tempo, le più grandi imprese d’Europa sono francesi, oltre che spagnole e tedesche. E questa differenza si demarca ancora di più nel numero di occupati: il 98% delle nostre imprese ha meno di cinque dipendenti – cosa che implica una frammentazione notevole –, mentre in Francia il numero di dipendenti per ciascuna impresa è molto maggiore.
Allora, ecco perché credo che per noi l’associazionismo sarà sempre più importante per sopravvivere, anche perché diventerà uno strumento imprescindibile di dialogo con le istituzioni, che hanno bisogno di interlocutori forti e qualificati – non certo di frammentazione –, che rispondano adeguatamente alle richieste delle necessità pubbliche. Quindi, sia il Consorzio Apice, nella sua funzione operativa, sia il Collegio Edile, nel suo ruolo di rappresentanza politica, ritengo che siano determinanti. Anche perché ormai occorre sempre più coesione fra mondo privato – di fatto chiamato a spendere economicamente conoscenze proprie al fine di poter dare un servizio alla collettività – e amministrazione, nelle strategie che affrontano le grandi problematiche delle città e le sfide del futuro: l’innovazione urbanistica, la riqualificazione urbana e il tema della grande carenza infrastrutturale che le nostre città, Bologna in primis, subiscono. La nostra associazione, API Bologna, ha nominato di recente come nuovo presidente un costruttore, Giordano Baietti. E non è un caso: la volontà della nostra struttura organizzativa è anche quella di porsi come interlocutori qualificati per il grande problema infrastrutturale che vive Bologna: la grande carenza di strade, il soffocamento della tangenziale, il passante Nord, che ancora non viene fatto, seppure si sventoli la bandiera dell’inizio. Tutta una serie di tematiche che, attraverso il nostro know-how, deve portarci a risolvere il problema delle infrastrutture, fondamentali per lo sviluppo delle imprese di tutti i settori.
È interessante vedere come, in altri paesi, queste problematiche vengano affrontate prima che diventino un problema: quando viene progettato un grande agglomerato residenziale o industriale, prima di avviarne la costruzione, viene attrezzato, collegato alla ferrovia e alle grandi arterie principali, esistenti o, addirittura, costruite appositamente, qualora siano carenti. Non arrivano mai a creare il collasso per poi porvi rimedio. Così spendono anche meno in termini di vivibilità e di danno all’ambiente e alle persone.
Che cosa può dirci del rapporto tra banche e imprese nel settore edile in Italia?
Lungo questi confronti internazionali, abbiamo affrontato anche il nodo del rapporto fra banche e imprese, che da noi è spesso sofferto. In Francia, invece, c’è molta più apertura, le banche finanziano anche il 120% delle opere. C’è un grande rapporto di coesione fra banche e imprese, con formule societarie che s’intrecciano. A Bologna avevamo due grandi banche, Carisbo e Rolo Banca: erano due punti di riferimento importantissimi, capaci di produrre una redditività forte, attraverso sinergie con il mondo imprenditoriale. Oggi, in seguito alle fusioni, si è governati più da grandi numeri che dal valore aggiunto dato dall’imprenditore, il quale se, da un lato, ha la capacità di vincere le sfide del mercato, dall’altro, deve trovare a supporto banche che gli forniscano un credito adeguato. Noi, comunque, stiamo tentando di avviare un dialogo sempre più costruttivo. Di recente, abbiamo siglato una convenzione con la Banca Popolare dell’Emilia Romagna per forme di credito agevolato ai dipendenti e ai clienti delle nostre imprese: il cliente che ha la necessità di ristrutturare la casa o il condominio può, se utilizza un’impresa aderente al Collegio Edile dell’Api, e quindi anche al Consorzio Apice, godere di particolari agevolazioni. È un primo passo con uno degli istituti locali di grandi dimensioni, che sposa la capacità di produrre credito agevolato con la nostra conoscenza del territorio e la capacità delle nostre imprese di produrre riqualificazione e ristrutturazione edilizia.
Quanto conta la formazione di professionalità adeguate nello sviluppo urbanistico e nella riqualificazione urbana e qual è l’apporto di Apice in questa direzione?
Se le nostre imprese vogliono essere considerate di qualità superiore, uno dei presupposti essenziali è quello che i dipendenti delle nostre strutture aziendali abbiano un’adeguata formazione. A tal proposito, con Apice, l’anno scorso abbiamo organizzato un corso per neodiplomati e neolaureati, estremamente pragmatico – studiato sulla base delle esigenze delle nostre imprese –, durante il quale abbiamo cercato di fare capire a studenti, che fino al giorno prima non avevano avuto approcci con il mercato del lavoro, quali potevano essere l’esigenza e la qualità delle attività che avrebbero svolto all’interno delle aziende. Il corso è durato un anno, con docenti importanti, che sono intervenuti con un approccio pragmatico e orientato al lavoro. Così, abbiamo dato la possibilità ai ragazzi di fare almeno tre mesi di stage nelle nostre aziende e, in alcuni casi, di essere inseriti.