LA SCOMMESSA DI VITA
L’occasione di questo numero della rivista è data dal dibattito organizzato a Bologna, dall’Università internazionale del secondo rinascimento, in occasione della pubblicazione del libro di Georges Mathé, Elisabetta Pontiggia e Paolo Pontiggia Questione cancro (Spirali). Abbiamo invitato a discuterne alcuni medici, docenti e scienziati impegnati nella ricerca e nella cura, che ciascun giorno affrontano qualcosa che esige l’assenza di pregiudizio. E dagli interventi in quel dibattito, che qui pubblichiamo, emerge anzitutto che la questione cancro, e con essa altri aspetti della salute, non è certamente una questione chiusa. Ognuno chiede chieda alla medicina di trovare soluzioni definitive alle malattie, ma proprio i “mali del secolo” sembrano provare che le questioni non si chiudono facilmente, che i nostri fantasmi di padronanza, di conoscenza, di sapere portano a risultati scarsi. E, talora, a prendere un granchio.
Cancro, granchio: corpo estraneo o animale fantastico, figura dell’ironia? La ricerca e la cura procedono dalla questione aperta, che in greco si diceva “ironia”. Ironia non morale, non socratica, bensì contrasto e contraddizione, senza quel principio del terzo escluso che dovrebbe chiudere le questioni. Quale ricerca potrebbe ottenere risultati restando nella logica delle dicotomie, delle alternative esclusive bene-male, salute-malattia? Questa è una logica conflittuale, in cui è necessario individuare il nemico, il corpo estraneo, e eliminarlo, come la mitologia medica ha fatto finora e come nota Georges Mathé in questo libro. È necessario attaccare, difendersi, oppure ricorrere alla prevenzione, che, come abbiamo letto nel libro di Lucien Sfez La salute perfetta (Spirali), può diventare addirittura un danno preventivo, come quando viene consigliata l’asportazione dell’organo perché si teme, a causa di precedenti tra i parenti, l’insorgenza di un tumore? Una certa modalità di prevenzione procede da un’idea di male, da sconfiggere prima ancora che sorga. E le ideologie dell’attacco e della difesa, dell’esclusione e dell’autonomia, non sono diverse da quella che sottende la formazione di un tumore. L’elaborazione e le constatazioni della cifrematica hanno avanzato una connessione tra discorso paranoico e cancro. Con le idee di esclusione e di fine non si combatte per l’immunità, ma si offrono una giustificazione e un fondamento alla morte.
La cura che proceda dalla questione aperta non si limita alla prevenzione, bensì esige l’instaurazione di un dispositivo immunitario. È dunque una scommessa non contro il male, ma per la vita. Come instaurare ciascun giorno il dispositivo di vita? La cura, la sanità e la salute sono un compito per ciascuno e non possono essere limitate all’intervento medico, se per cura intendiamo la dissipazione dell’idea di fine delle cose e l’intervento del tempo infinito, per sanità l’instaurazione della proprietà delle cose e per salute l’istanza di qualità delle cose. Proprietà e qualità nei cibi, nel modo di vivere, nell’ambiente. Proprietà e qualità della parola. In una dissipazione della psicosomatica, della credenza che il tumore sia la trascrizione somatica di un problema psichico, si tratta d’indagare in che modo quella che viene chiamata malattia risulti una sentinella di un’occorrenza: l’occorrenza di una trasformazione nel modo di vivere, di ragionare, di pensare. C’è chi ha accusato lo stress, la tensione, ma è troppo facile l’affermazione che lo stress è dannoso. Che vita è quella senza la tensione, tensione intellettuale, tensione linguistica, tensione verso la qualità? Allora, non è lo stress in sé a essere dannoso, ma l’assenza di direzione dello stress; e la tensione diviene dannosa soltanto nel tentativo di padroneggiarla, di dominarla, di gestirla, con la propria soggettività, con i propri principi, con le proprie idee, in un trionfo dell’ideologia dell’autonomia locale, la stessa che sta alla base della proliferazione di cellule tumorali. L’autonomia locale è il modo con cui il discorso paranoico tenta di realizzare il fantasma di padronanza; il cancro è il contrappasso che impedisce questa realizzazione.
Per questo la cifrematica non mira alla localizzazione dell’intervento, farebbe la caricatura della paranoia. La questione è quali sono i dispositivi con cui l’autonomia, la soggettività, il fantasma di padronanza possano dissiparsi. L’intervento, allora, è l’instaurazione di dispositivi di parola, in particolare dispositivi organizzativi, pragmatici, finanziari, di scrittura, in questo senso dispositivi di qualità. In questi dispositivi essenziale è l’ascolto. L’ascolto, alla punta del malinteso, dissipa la padronanza. Freud ha indagato il sintomo, il sogno, il lapsus, il motto di spirito, la sessualità perché li considerava proprio ciò in cui le cosiddette facoltà umane, le proprie idee, le proprie convinzioni vengono scalzate. Ed è questo che, nella Metapsicologia, ha chiamato inconscio, la logica che sfugge al principio di padronanza, cioè ai principi aristotelici d’identità, di non contraddizione e del terzo escluso. Logica particolare a ciascuno, la definisce Armando Verdiglione. In che modo il nostro approccio ammette la contraddizione? Prima di tutto con un ascolto senza pregiudizi, che non è basato sui criteri del luogo comune e del senso comune, ma procede dall’ironia come questione aperta. Paolo Pontiggia, nel suo libro, sottolinea proprio come il tumore indichi quanto sia difficile trovare standard negli approcci, anche nelle terapie tradizionali. Sono la particolarità e la specificità di ciascuno, come caso culturale e artistico, a essere decisivi per la battaglia di vita. Allora, anche la questione cancro può risultare un’opportunità, una circostanza per questa battaglia in cui, più che mai, la vita non può darsi come vita scontata.