LA COMUNICAZIONE EFFICACE IN UN CENTRO D'ECCELLENZA
Intervista di Anna Spadafora
Com’è nato il Gruppo Hesperia? Quali erano il progetto e il programma dell’impresa e come ci si è attenuti man mano che sono intervenute le trasformazioni?
La struttura dell’Hesperia è nata nel 1983, come Nuova Casa di Cura Villa Laura, con l’idea di una tradizionale casa di cura convenzionata, come lo era la vecchia Villa Laura. Nel 1984, anno in cui sono arrivato io, le prospettive della sanità italiana stavano modificandosi perché, accanto al servizio pubblico, c’erano due tipologie di sanità privata: la prima, convenzionata, viveva ai margini della struttura pubblica, anche perché il Servizio Sanitario Nazionale non pagava il servizio fornito, ma la diaria giornaliera, cioè la famosa occupazione del posto letto, un parametro che, a mio parere, per quanto rendesse più semplice la rendicontazione, ha rovinato la gestione del sistema sanitario nazionale, sia pubblico sia privato. Basti pensare che, paradossalmente, un medico bravo, che effettuava un’operazione gestendo la degenza del paziente in tempi brevi e con poche risorse, anziché venire premiato, veniva punito poiché causava una conseguente sottoccupazione dei posti letto.
La seconda tipologia era la sanità privata pura, che forniva servizi ai cittadini o alle assicurazioni ma non al S.S.N., pertanto, non aveva nessun vincolo. La nostra scelta è stata in questa direzione fin dall’inizio e il nostro successo è sempre stato legato alla qualità dei servizi e al rapporto costi/benefici, che doveva fare i conti con strutture pubbliche, che fornivano ai cittadini le stesse prestazioni gratuitamente. E allora, ciò che abbiamo capito fin dall’inizio è che la battaglia si riusciva a vincere soltanto creando un centro di eccellenza e di richiamo per quelle attività per cui fosse giustificato lo spostamento da altre regioni. Quindi, per esempio, abbiamo pensato di puntare a specialità e competenze rispetto a cui la nostra città gode di una rinomanza a livello nazionale, come la chirurgia della mano o quella del rachide. Nella chirurgia della mano, oggi siamo un centro di riferimento per il settore infortunistico dell’INAIL, per cui da tutta Italia si recano da noi persone infortunate all’arto superiore. La seconda, la chirurgia del rachide, in cui abbiamo raggiunto risultati eccellenti con il gruppo diretto dal professor Cervellati, richiede la gestione complessa delle varie morbilità di cui sono portatori i pazienti, in prevalenza bambini, che associano a una grossa deviazione del rachide insufficienza respiratoria e problemi cardiaci. Ebbene, nella nostra struttura sono affrontate simultaneamente, in maniera sinergica e interdisciplinare, in modo da ottenere risultati eccellenti, tanto che ormai le persone non hanno più bisogno di spostarsi a Lione, perché, con il Rizzoli, siamo fra i migliori centri in Europa.
Vincere nel privato puro in Emilia Romagna, una regione in cui il servizio sanitario è il migliore del nostro paese, significa vincere due volte, significa che qualcosa in più si dà. In genere, si dice che il privato dia maggior comfort alberghiero, ma il nostro valore aggiunto è sempre stato dato dai risultati, dall’organizzazione e da una gestione che, come dicevamo in una precedente intervista, non è legata al primo operatore ma a ciascuna prestazione di servizi forniti al paziente, con un’interazione molto significativa in cui le persone comunicano costantemente per rendere possibile una visione d’insieme, e non parziale, del paziente. E non è un caso se la nostra struttura è stata la prima in Italia a essere accreditata definitivamente per il dipartimento di cardiologia e per il servizio dell’area critica (anestesia, rianimazione, terapia semintensiva e intensiva), in aprile 2005, con una valutazione che ha rilevato la presenza di tutti i requisiti con il massimo punteggio.
I medici che lavorano nel vostro Gruppo sono quasi duecento. Come riuscite a instaurare un dispositivo di comunicazione in cui il cervello dell’impresa esiste per ciascuno e non soltanto per la direzione generale?
Il padre della cibernetica, Norbert Wiener – che frequentava l’Italia e trascorreva tre mesi all’anno a Napoli, dove c’era il primo istituto di cibernetica e dove io l’ho conosciuto –, diceva che l’uomo si distingue dagli altri animali per la quantità di informazioni che trasmette e per il modo con cui le trasmette. E diceva, inoltre, che le parole andrebbero pesate e pagate, come si usa per fare un telegramma. I grandi cambiamenti si sono verificati proprio grazie all’informazione, ma che cosa dire, come dirlo e a chi dirlo è la cosa più importante all’interno di qualsiasi azienda. È vero che i nostri medici sono duecento, ma non tutti sono coinvolti nello stesso argomento e nella stessa area specialistica. È anche vero che ci sono servizi, come l’area critica, il laboratorio di analisi, la diagnostica per immagini e le alte tecnologie, che servono tutte le specialistiche presenti.
Comunque, da questa intervista emerge come per un’impresa siano importanti la cultura e la formazione, oltre che l’informazione…
Intanto, l’informazione deve avere un contenuto culturale, altrimenti è semplice trasmissione di messaggi. Poi vorrei aggiungere che, per garantire il nostro sistema di comunicazione interna, siamo collegati intranet e ci scambiano tutte le informazioni, dai turni del personale alla programmazione alle liste operatorie, con una grande accessibilità. Il nostro manuale della qualità è sui computer di tutti i nostri uffici da sempre. Abbiamo un sistema informatico acquistato in Australia, il Metrak, con cui trasmettiamo anche le immagini dalla radiologia alla sala operatoria e gli esami di laboratorio, tanto che non c’è più bisogno del supporto cartaceo. È chiaro che non mancano le riunioni scientifiche, organizzative e di programmazioni di gruppo, ma questo contenitore delle nostre informazioni è a disposizione di tutti e dimostra che non basta dire di avere creato un’informazione, occorre anche gestirla, e l’informazione va gestita nel momento in cui nasce, non il giorno dopo.