L'EDILIZIA PER LA SALUTE
Intervista di Pasquale Petrocelli
In base alla sua esperienza, può dirci in che modo oggi l’edilizia tiene conto della salute dei cittadini e che tipo di contributo può dare a essa?
L’aumento demografico causa un effetto di antropizzazione del territorio, che provoca un’interazione tra le infrastrutture, le strutture edili in generale e la nostra vita quotidiana. Aspetti evidenti di questa interazione possono essere le diverse ripercussioni sulla salute dell’uomo, positive o negative. Questi effetti possono essere diretti o indiretti: tra quelli diretti troviamo le conseguenze dell’emissione di gas nocivi, dell’elettromagnetismo e del rumore, che colpiscono direttamente le persone che si trovano all’interno della casa o della struttura in cui si verificano. Tra quelli indiretti ci sono, per esempio, quelli causati dalla mancanza di depuratori in zone in cui vengono scaricati rifiuti nocivi che inquinano i corsi d’acqua, ripercuotendosi sulla salute dell’intera collettività.
Un effetto estremamente positivo per la salute dei singoli cittadini, per esempio, si può ottenere attraverso le programmazioni di teleriscaldamento, studiato in modo da far sì che nei pressi della singola abitazione o del singolo condominio non ci siano gas nocivi dovuti a combustione. È estremamente importante fare in modo che l’utilizzo delle differenti tecniche di riscaldamento non contribuiscano a inquinare l’ambiente circostante.
In generale le normative prevedono l’uso di materiali non nocivi, l’attenzione alle emissioni elettromagnetiche e l’isolamento acustico e termico, tenendo conto dei requisiti funzionali delle singole unità immobiliari e delle pianificazioni complesse.
Quello che è certo è che l’utenza negli ultimi anni si è sensibilizzata rispetto ai problemi che riguardano la salute e, al momento di acquistare una casa, è molto più attenta ai particolari. Oggi, si presta maggiore attenzione all’obbligo del raggiungimento delle soglie di prestazione previste dalla legge. Le qualità dell’edificio dovrebbero essere testare in loco, ad esempio, dove è possibile, sottoponendo ciascun edificio alle prove acustiche prima della consegna.
Infatti spesso non basta utilizzare materiali “certificati”. Durante le prove in opera si possono verificare imprevisti, a volte banali, tali da compromettere le prestazioni finali (ad esempio è frequente che la resistenza alla trasmissione dei rumori di una parete, pur realizzata con tutti i materiali e gli spessori necessari, venga compromessa dalle “scatole” per l’alloggiamento degli interruttori e delle prese di corrente).
Ancora, tuttavia, non si parla abbastanza di qualità dell’abitare, del vivere: non basta eliminare le emissioni nocive, i materiali cancerogeni, i gas e il rumore, bisogna progettare un ambiente nel quale l’uomo stia bene, possa sorridere e sia sereno. Si potrebbero progettare le case tenendo conto di aspetti qualitativi come il panorama che si può ammirare dalle finestre, l’ariosità, la luminosità, perché è evidente che se una persona vive bene si ammala meno facilmente. Ma, sicuramente esistono ancora molti pregiudizi da superare prima di tenere nella giusta considerazione, in fase di progettazione del corpo edilizio, la salute dell’utente finale.
Lei ha preferenze a tale proposito?
Io amo le case alte, quelle che potremmo definire a torre, anche se, nonostante la loro grande abitabilità, non riscuotono il consenso di tutti, anzi, esistono diversi preconcetti su questo tipo di struttura. La casa alta ha vantaggi notevoli rispetto a quella bassa perché – a parità di densità sul territorio – ha una maggiore panoramicità, salubrità, ariosità, dal momento che va verso l’alto e occupa meno terreno, lasciando libero uno spazio che può essere destinato a parchi pubblici, a verde e altro. È chiaro che questo discorso vale per la città, in campagna non avrebbe senso. Costruire case basse comporta il bisogno di attaccarle l’una all’altra, creando problemi d’introspezione e rumore reciproco. Inoltre, le case basse comportano una cementificazione del territorio per la necessità di asfaltare e creare parcheggi. Al contrario, la casa alta (e non mi riferisco alle grandi metropoli come New York, in cui le torri sono attaccate l’una all’altra, ma alla differenza tra una casa alta e una serie di case basse), una volta verificati i parametri dell’acustica e dell’elettromagnetismo, produce grandi vantaggi ambientali: in termini d’infrastrutture, di smaltimento dei rifiuti, di viabilità e di fognature.
Questo è solo un esempio di come il buon uso del territorio possa influire in modo positivo sulla salute dei cittadini.
Che cosa impedisce questo tipo di soluzione?
Esistono remore e preconcetti rispetto a soluzioni progettuali che invece porterebbero maggiore benessere. È un retaggio culturale, una mentalità: si crede che la casa bassa sia più bella: è più bella in campagna, non in un contesto cittadino/urbano. Secondo questa mentalità, la casa alta è una casa popolare come quelle costruite in Italia negli anni sessanta.
Naturalmente sta nelle capacità delle amministrazioni locali e dei soggetti attuatori staccarsi da questi vecchi modelli e giungere alla realizzazione di corpi edilizi di nuova generazione, capaci di soddisfare, in termini prestazionali, le attuali e soprattutto le future esigenze dei cittadini.