UN'UNIONE DI FORZE TRA PUBBLICO, PRIVATO E FONDAZIONI
Ben volentieri la Galleria Estense ha accolto l’invito a presentare, in un incontro pubblico nelle sale espositive, il volume di Roberto Cecchi, I beni culturali. Testimonianza materiale di civiltà, edito da Spirali nel 2006. I temi affrontati, tutti inerenti le problematiche della tutela del patrimonio artistico italiano, dalle emergenze architettoniche all’urbanistica, dal paesaggio alla museografia, toccano indirettamente anche la città di Modena e la sua Galleria Nazionale, erede delle collezioni principesche di Casa d’Este. Al pari del patrimonio artistico nazionale, anche la Galleria Estense risente del momento politico e amministrativo poco favorevole. Del resto, già nella “Introduzione” del suo libro, Roberto Cecchi denuncia la situazione preoccupante della tutela in Italia, senza per questo aderire al catastrofismo di alcune voci del dibattito giornalistico o all’assoluzione delle responsabilità pubbliche sostenuta da altre fonti. Riflesso dell’esperienza ambivalente del suo Autore, nella quale è difficile tuttavia intravedere la saldatura tra gli attuali incarichi burocratici nel Ministero centrale, in condizioni di separatezza dai beni culturali come “testimonianza materiale di civiltà”, da un lato, e il lavoro dell’architetto impegnato nell’esercizio quotidiano della tutela del territorio, del direttore di interventi di restauro e del soprintendente che ha affrontato questioni cruciali della museografia italiana, dall’altro, il libro dispiega piuttosto il rapporto appassionato, diretto e incisivo sul patrimonio.
Il libro, davvero stimolante, testimonia dei successi, delle frustrazioni, delle speranze, della soddisfazione e della passione che animano la vita del “conservatore”. Parla di paesaggio, di architetture, di contesti ambientali come condizione primaria per la preservazione delle opere, nell’implicita consapevolezza che ogni intervento di restauro è in realtà l’ammissione di una sconfitta della vera tutela. La Galleria Estense è stata oggetto di una integrale revisione delle condizioni climatiche. Il nuovo impianto di climatizzazione, realizzato nel 2006 grazie al supporto finanziario della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, assicura il contesto idoneo alla conservazione, rallentando processi di degrado ai quali nessun intervento diretto sulle singole opere potrebbe porre rimedio. Come riporta Roberto Cecchi a proposito del dibattuto restauro del Cenacolo di Leonardo, le cui antiche disavventure vengono documentatamente ripercorse, di nessuna utilità si rivela l’intervento diretto sull’opera senza il preventivo risanamento ambientale che tocca tanto l’edificio e il contesto nel quale è situata quanto il supporto materiale che costituisce parte integrante della pittura murale.
È argomento assolutamente urgente quello della caduta repentina dei finanziamenti assicurati dallo Stato fino a qualche anno fa, e già allora inadeguati rispetto alle esigenze di un patrimonio la cui sopravvivenza è in forte pericolo. Dopo aver teorizzato la distinzione tra tutela e valorizzazione, lo Stato ha lasciato quest’ultima agli enti locali e alle fondazioni bancarie, senza affrontare, nel contempo, gli obblighi della conservazione del patrimonio, neppure di quello di proprietà demaniale come è possibile documentare con casi eloquenti nel territorio di questa Soprintendenza.
Tra i punti fermi delle osservazioni di Roberto Cecchi è quello del rispetto della materialità delle opere. Delibazioni estetiche di tempi fortunatamente trascorsi hanno provocato in passato la perdita di preziose testimonianze storiche e tecniche nella convinzione che l’opera d’arte si esaurisca nell’ammirazione delle forme indipendentemente dai materiali costitutivi, dai segni lasciati dal tempo, dalle vicende collezionistiche e dalla loro funzione. Per oltre un secolo, le decorazioni ad affresco sono state disinvoltamente staccate dal supporto murario e la pellicola pittorica staccata dall’intonaco con soddisfazione e senza effettive urgenze, nella convinzione che l’espressione artistica sia stata finalmente liberata dal peso condizionante se non avvilente della materia; i dipinti su tavola sono stati assottigliati e addirittura portati al sottile strato del colore e della preparazione per essere trasferiti su tela; quelli su tela sono stati irrobustiti da foderature non necessarie e i telai funzionanti sostituiti da quelli moderni ad espansione, a volte in materiali diversi dal tradizionale legno. La perdita dei supporti originali comporta inevitabilmente la diminuzione del grado di interesse delle opere, indipendentemente dal grado di conservazione delle superfici che si offrono all’occhio. Roberto Cecchi ricorda un episodio degli inizi della sua esperienza personale, emblematico della mentalità e dei metodi della tutela, allora alquanto diffusi e non ancora superati. Nel 1980, in qualità di architetto della Soprintendenza di Milano, arrivato alla Certosa di Garegnano, trova la squadra degli operatori al completo, dal marmista all’impresario, che si aspetta indicazioni sulla quantità di marmi da sostituire nella facciata principale del celebre edificio. Il restauro come rinnovamento e come rifacimento, specie nel campo architettonico, ha una lunga tradizione, ma la sensibilità storicistica del Novecento ha insegnato il rispetto della materia originale e l’apprezzamento della manualità delle tecniche quali componenti fondamentali degli aspetti artistici delle opere.