TRADIZIONE E INNOVAZIONE NEL VINO DI QUALITÀ
Intervista di Anna Spadafora
La Cantina Barbolini è nata nel 1967. Com’è sorta, chi l’ha fondata, qual è stata la prima organizzazione e come siete arrivati all’organizzazione attuale?
Mio padre acquistò l’azienda, nel 1967. Allora, la cantina non era gestita dal titolare, ma era affittata all’Associazione Produttori Uva costituita da soci che la gestivano. Nel 1975, decise di gestirla di persona, cambiando il nome in Cantina Barbolini e iniziando a vendere il vino non solo all’ingrosso ma anche in damigiana e, successivamente, in bottiglia. Io e mio marito, Mauro Buffagni, iniziammo a lavorare nella Cantina nel 1975 e, alla morte di mio padre, nel 1990, prendemmo le redini della conduzione.
Che cosa è cambiato nella gestione? C’è stata qualche innovazione?
Abbiamo allargato il mercato: prima si vendeva solo ai privati mentre oggi vendiamo anche ai ristoranti in tutta Italia e abbiamo alcuni clienti in Europa, in California e in Giappone. È aumentata la produzione: oltre a produrre intorno alle 200.000 bottiglie all’anno, vendiamo in parte all’ingrosso e in parte ancora in damigiana, mantenendo la tradizione.
In questa avventura com’è cambiata l’organizzazione nella gestione? Quali sono le novità a cui è andata incontro?
Negli anni si è allargata la rete di distribuzione, oggi abbiamo diversi agenti di vendita, ci avvaliamo dei grossisti e abbiamo personale che si occupa della pubblicità. Garantire la qualità è sempre stato il nostro obiettivo comune, fin dai tempi di mio padre. Preferiamo non ampliarci troppo, ma curare la qualità del prodotto.
Nel vostro caso, quali sono i criteri della qualità?
Per quanto riguarda la gestione della campagna abbiamo rinnovato tutti i vigneti, dando la preferenza agli impianti “a spalliera” meccanizzati con impianti di irrigazione “a goccia”: meno quantità e più qualità, uva più sana, raccolta al momento giusto. In cantina ci siamo avvalsi delle moderne tecnologie con controllo delle temperature di fermentazione. Per il vino in bottiglie è stata introdotta la fermentazione in autoclave (Metodo Charmat) e relativa microfiltrazione sterile.
Avete ricevuto premi prestigiosi. Può citarne qualcuno?
Il primo è stato “I magnifici tredici”, conferitoci nel 1995 a Dozza, dall’Enoteca Regionale dell’Emilia Romagna. In quell’occasione abbiamo vinto classificandoci primi con il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro Doc. Fino a quel momento non avevamo mai partecipato a nessun concorso, ma questa premiazione ci ha dato la spinta a iniziare. Dal 1997 abbiamo partecipato al palio dei vini frizzanti “Matilde di Canossa Ghirlandina d’oro”, ottenendo parecchi attestati di merito. Più recentemente abbiamo partecipato al Concorso enologico nazionale Vini D.O.C. e D.O.C.G. “Premio Douja d’Or” di Asti, vincendo nel 2004 il premio con due Lambruschi Grasparossa di Castelvetro D.O.C. e nel 2005 sempre il premio con un Lambrusco di Sorbara D.O.C. Inoltre, siamo presenti ogni anno nella Guida ai vini italiani di Luca Maroni e nel Libro guida ai vini d’Italia dell’Associazione italiana sommelier ottenendo ottime recensioni.
Della gestione commerciale della vostra Cantina se ne occupa un ufficio interno o esterno?
È gestita da un ufficio interno; di recente è entrato in azienda mio figlio che si occuperà proprio di questo settore e curerà con particolare attenzione le principali manifestazioni a carattere nazionale e internazionale e lo sviluppo di un sistema di vendita on line e la commercializzazione dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena che dovrebbe essere disponibile per la vendita già a partire dalla fine del 2006. Mio marito si occupa invece della gestione della produzione. In questo campo stanno cambiando alcune cose, ad esempio, entro breve saremo in grado di svolgere la vendemmia in maniera meccanizzata sull’intera estensione dei vigneti di proprietà.
Nel vostro settore che cosa è cresciuto negli anni?
Sicuramente c’è molto più interesse, anche le relazioni con la stampa sono migliorate. Il vino è molto più considerato e seguito. Negli anni sono nate molte riviste, è aumentato anche il numero dei sommelier. Il settore è molto cambiato, c’è molta più comunicazione.
Crede che questo sia dovuto anche a una trasformazione nella cultura delle persone?
Le persone sono più colte e fanno più attenzione anche ai mezzi di comunicazione, sono più interessate alle pubblicazioni sul vino e sulla gastronomia e all’immagine del prodotto.
C’è anche una trasformazione nel modo di vivere delle persone per cui il vino è più apprezzato.
È sicuramente molto più apprezzata la qualità del vino, si presta molta attenzione al nome e al marchio. Molti giovani frequentano corsi di sommelier e dimostrano molto interesse per la cultura del vino. Anche dagli Stati Uniti è cresciuta molto la richiesta, addirittura il vino italiano è più richiesto di quello francese, per non parlare poi dei nuovi mercati in fortissima espansione quali la Cina, la Russia e i paesi dell’Est europeo.