L'APPORTO DEI COSTRUTTORI ALLA VALORIZZAZIONE
Come costruttori, e in particolare come ANCE Modena, che ho l’onore di rappresentare, siamo interessati alla valorizzazione dei beni culturali, in quanto esecutori delle decisioni che nascono dalla concertazione tra l’amministrazione dello stato e gli enti locali. Sia nella parte di imprese appaltatrici di bandi di gara pubblici, sia nella parte di committenti di opere private, siamo attenti osservatori dell’evoluzione che nel corso di questi anni è avvenuta nel settore dei beni culturali.
Inutile nascondere che, negli anni del primo dopoguerra, purtroppo, alcuni costruttori si sono esercitati in operazioni esecrabili e speculative rispetto a cui ciascuno deve assumere le proprie responsabilità. Oggi, comunque, tutta la categoria è assolutamente consapevole che i beni culturali sono un grande patrimonio dell’Italia intera e non possiamo fare altro che accogliere con favore quest’occasione di dibattito, perché sempre di più si capisca l’importanza della tutela dei beni culturali, proprio come la intende Roberto Cecchi nel suo libro I beni culturali. Testimonianza materiale di civiltà, ossia come valorizzazione, ma anche come integrazione nel territorio e inserimento del nuovo in ciò che è storico, per far sì che possano essere utilizzati luoghi altrimenti non fruibili dalla comunità. Per fare ciò è necessaria la condivisione e la compartecipazione alle scelte dei soggetti proponenti, ossia lo stato e gli enti locali.
Come operatori constatiamo che, spesso, i citati soggetti, hanno visioni diverse, a volte discordanti, su come valorizzare i beni culturali. La conseguenza è un grave immobilismo, quando invece ci sarebbe bisogno di coordinamento e azione. Le auspicate sinergie si scontrano con la realtà dei fatti. Roberto Cecchi verifica che ci sono opere che si sono fermate dopo essere partite perché non c’era condivisione tra i vari soggetti che a vario titolo hanno, invece, il dovere di andare avanti in maniera coerente e coordinata. Quando il cantiere si apre, le idee devono essere chiare, solo così possono essere eseguite nei tempi e nei costi previsti, per portare l’opera alla fruizione del pubblico in tempi accettabili. In caso contrario, le conseguenze sono quelle che spesso leggiamo sui giornali: abbandono dei cantieri, opere che sono state finanziate con fondi che poi vengono dispersi, cambiamento delle strutture politiche amministrative che deviano finanziamenti già stanziati su determinate opere in altri campi.
Il nostro auspicio è che – essendo noi l’ultimo anello della catena – gli anelli che stanno ai livelli più alti trovino la necessaria forza di dialogo che porta alla vera volontà di realizzazione delle opere, che siano esse del patrimonio esistente o che siano in trasformazione per insediamenti di nuove frontiere e di nuove situazioni di cui la città e il paesaggio o il monumento storico necessitano.
Sottolineo, inoltre, che, anche dal punto di vista economico, è necessario fare uno sforzo e trovare soluzioni di finanziamento alternative a quelle pubbliche; strumenti innovativi come finanza di progetto, convenzioni pluriennali, azzeramento di oneri concessori o altri non devono più scandalizzare, perché evidentemente i fondi pubblici non sono più sufficienti per valorizzare l’immenso patrimonio culturale italiano. Per fare ciò, deve esserci un rapporto costi benefici che incentivi il privato a investire in un sistema che lo metta in condizioni nel lungo periodo di rientrare dagli investimenti. Se i beni culturali non hanno sufficiente appeal politico per essere collocati tra i destinatari di finanziamenti pubblici importanti, occorre trovare altre vie. I costruttori sono disponibili a lavorare con questi metodi, e invitano le amministrazioni a incamminarsi in questa direzione.
Parallelamente, però, ribadisco che la cosa principale nell’immediato è trovare una sinergia tra stato e enti locali che possa consentire di avviare e accelerare la soluzione di tanti problemi. La nostra funzione è di costante stimolo, sollecitazione e dialogo sia con il Ministero, attraverso le sue espressioni regionali, sia con gli enti locali. È indispensabile che questo nostro rapporto, che normalmente è proficuo dal punto di vista qualitativo, sia anche più compresso nel tempo. Appare evidente come il limite a questa compressione temporale sia nella scarsità di risorse a disposizione della Soprintendenza e nella mancanza di una discussione a priori con gli enti locali su alcuni intendimenti che non sono comuni. Noi ci troviamo tra l’incudine e il martello, spesso nell’impossibilità di prendere decisioni, imprenditoriali e di organizzazione del lavoro, essenziali per le nostre imprese. Ma, il nostro intervento a questo dibattito è stato fortemente voluto dal Consiglio dell’ANCE di Modena, proprio allo scopo di dare testimonianza di un’esperienza che prova come i costruttori non siano i distruttori dei beni culturali, ma, anzi, coloro che sempre più auspicano il confronto nella discussione e soprattutto per la valorizzazione nel senso più ampio in cui la descrive Roberto Cecchi nel suo interessantissimo libro, che invita a meditare su questi argomenti, ma soprattutto stimola a trovare soluzioni.