LA MEDICINA TRA ETICA E ESIGENZE ECONOMICHE
Ringrazio Carlo Marchetti e l’amico Sergio Dalla Val per quest’invito che mi onora molto, anche perché Il cuore (25 maggio 2005, Bologna) non è solo un convegno scientifico, ma si estende agli aspetti etici e filosofici dell’arte medica. Anche per questo il convegno potrebbe intitolarsi Il cuore e la sua cura: la scienza medica tra etica corrente e utilizzo delle risorse economiche. È molto arduo oggi aggiungere nuovi contributi a quanto viene detto dai tecnici della cardiologia, tuttavia, alcuni punti possono essere rivisitati. Il cuore e la sua cura hanno un significato solo per la cosiddetta società occidentale, a causa della grande incidenza di malattie cardiovascolari. Al contrario, i popoli del cosiddetto terzo mondo hanno purtroppo altri problemi: elevata mortalità infantile, alta prevalenza e incidenza di malattie infettive, grande difficoltà nel procurarsi cibo e acqua. Insomma, sono troppo affamati per preoccuparsi di cibi provenienti da colture OGM e, comunque, muoiono troppo giovani per potere lamentarsi di coronaropatie o di arteriosclerosi. Mi occupo di malattie vascolari periferiche e il principio che cerco di comunicare ai miei pazienti è che bisogna, certo, vivere a lungo, ma l’importante è vivere bene. È stato fatto veramente molto poco per la sensibilizzazione sui fattori di rischio delle malattie cardiovascolari e la loro prevenzione. Sono gravissime le responsabilità di chi governa da decenni l’Emilia Romagna. Per esempio, sono state utilizzate tante risorse per l’Aids, che in Italia provoca circa 2000 morti all’anno, ma non c’è stata mai nessuna iniziativa, o campagna di educazione sanitaria, contro il tabacco, perché impopolare. Guardate quello che è accaduto al ministro Sirchia: la sua legge contro il tabacco è risultata un gesto di grande impopolarità, con il rischio di fargli perdere il consenso elettorale. Tornando su un argomento che ho affrontato altre volte: se riuscissimo a combattere il fumo, ci sarebbero meno malati e più respiro per le casse della sanità pubblica, perché sono decine di migliaia i morti e gli invalidi per questo problema. Chi smette di fumare oggi quando lo fa è troppo tardi. Sono reduce da un turno di ambulatorio in cui ho visto quattro pazienti, per la precisione gli ultimi quattro, tutti fumatori accaniti, di poco più di cinquant’anni e con patologie gravissime; ma tutti hanno smesso soltanto quando hanno avuto un infarto o un’amputazione periferica degli arti. Il fumo è certamente il più importante ma non è il solo aspetto degno di attenzione salutistica della nostra società.
In realtà il wellness, così diffuso in un certo strato sociale, non si pratica solo andando nelle palestre o nelle beauty farm; basta poco per concretizzarlo anche tra le mura domestiche, ma ci vuole un’educazione sanitaria. Invece, abbiamo non solo adulti, ma anche adolescenti sempre più sciatti e obesi, destinati a un’arteriosclerosi precoce per fumo, birra e altri cibi dannosi, ai quali farebbero bene almeno tre mesi di vacanza all’anno in Mozambico.
Anche i cardiologi non godono di un’aura di particolare stima popolare. Se un paziente si reca dall’otorinolaringoiatra, dal dentista o dal dermatologo la cosa viene descritta con molta semplicità. Ma la frase “domani mi visiterà il cardiologo” assume tutta un’altra dimensione, ha tutta un’altra enfasi. Eppure oggi, per certi versi, la cardiologia è molto più semplice della dermatologia, per esempio, ma ciò che conta è l’immaginario collettivo. Neppure il neurochirurgo ha tanta considerazione enfatica, mentre dell’ortopedico il pensiero popolare non rivelato è: “Dio ce la mandi buona!”.
Sul perché di queste considerazioni sul cuore sono stati versati fiumi d’inchiostro e non voglio aggiungere altro, salvo che tutti lo considerano il motore della nostra macchina, ancor più del cervello. Così, se siamo disposti a farci sostituire il filtro dell’olio, la bobina o il carburatore dal meccanico sotto casa, quando dobbiamo cambiare il motore della nostra auto la portiamo a visionare e a curare dal concessionario o nell’officina dove l’abbiamo acquistata, pur sapendo che, a parità di lavoro, spenderemo di più. Questo vuol dire che il cardiologo e il cardiochirurgo possono farsi pagare quello che vogliono, gli altri possono passare per banditi anche se chiedono il giusto. Ma, se chiedono poco, valgono poco, quindi vanno cambiati. Il mercato sanitario è questo.
Conversando con i miei allievi, amo sempre ripetere che, dopo l’aspirina e la penicillina, non è stato inventato più nulla. In realtà non è così e una nuova pietra miliare va affermandosi da qualche tempo in campo terapeutico: le statine. Introdotte inizialmente come farmaci per la correzione delle ipercolesterolemie e delle iperlipidemie, hanno assunto un ruolo sempre più centrale nella cura delle lesioni parietali ateromasiche di tutto l’asse arterioso, coronarie comprese. Sono loro riconosciute le capacità di prevenire significativamente le complicanze più gravi, come l’infarto e lo stroke. Un altro passo fondamentale è costituito dall’uso dei cosiddetti stunt medicali, strumenti, in particolare dilatatori, che vengono posti all’interno delle coronarie e di altre arterie, come le carotidi o le iliache, quando queste sono semiostruite, e, oltre all’azione meccanica di dilatazione, contengono sostanze a lento rilascio atte a prevenire occlusioni successive. Sia le statine, sia gli stunt medicati nella nostra regione sono calmierati, cioè qualcuno li può utilizzare, qualcun altro no. A tutt’oggi, un gran numero di pazienti va incontro a malattie cardiache così gravi ed evolutive che, alla fine, l’unica soluzione rimane il trapianto. La stagione dei trapianti fu inaugurata da Barnard nel 1967, ma tale stagione, oggi, potrebbe prendere la via del declino, per tanti motivi. Mia moglie, che lavora in un prestigioso istituto universitario, mi rammentava che si fanno sempre meno trapianti. L’obbligo del casco per i motociclisti, incredibilmente, ha limitato il numero dei donatori: pensate all’etica strisciante di questo principio, una considerazione che desta inquietanti emozioni proprio per le contraddizioni che contiene.