DAL COMMERCIO INDUSTRIALE AL COMMERCIO CULTURALE
Intervista di Anna Spadafora
Nei suoi libri, La fine del lavoro e L’era dell’accesso, lei sostiene che le nuove tecnologie stanno trasformando il nostro modo di vivere, di produrre e di commerciare.
Una nuova specie di tecnologia è emersa anche in Europa. Ora possiamo navigare nel mondo e scoprire nuovi spazi e nuovi mercati. Ora occorre fornire una nuova forma di comunicazione attraverso la connettività del commercio, la cui velocità è resa possibile dalla nuova tecnologia.
Dal vapore siamo passati a una nuova forma di energia e la tecnologia ha aumentato il ritmo, la velocità, il flusso, la connessione della vita commerciale.
Commercio elettronico, nuovi software, telecomunicazione, B-to-B, Internet sono i punti nodali della rivoluzione dell’accesso. Grazie a essi, sono aumentati molto il ritmo, la velocità, il flusso, la connessione della vita commerciale, con la conseguenza che il mercato basato sulle transazioni è troppo lento rispetto alla rapidità della rivoluzione tecnologica: occorre oggi un mercato di rete, un mercato di utenti, fatto di concessioni non di cessioni.
Parliamo della geografia del ciberspazio. Il commercio tradizionale ha sempre coinvolto la geografia, lo spazio. Nel ciberspazio la geografia è secondaria, questa è una delle prime cose che hanno capito i pionieri di Internet. C’è un profondo cambiamento dal mercato alla rete: nel mercato c’erano venditori e clienti, da sempre venivano scambiati prodotti o servizi, il venditore guadagnava dai margini applicati sui costi di transazione, mentre il cliente riceveva comodamente il prodotto o servizio. Nella rete non ci sono venditori e clienti, ma soltanto fornitori e utenti; nella rete la proprietà non esiste o esiste soltanto in mano ai produttori, i clienti esistono soltanto come utenti di un servizio just-in-time; e i venditori in realtà vendono leasing, licenze, accessi. Nella old economy c’erano tanti mestieri e servizi, nella new economy c’è soltanto il tempo, il tempo delle persone, il tempo è diventato un bene. Perché? Il mercato era troppo lento nell’era dell’energia, ogni volta che usciva un nuovo prodotto bisognava ricominciare daccapo e poi di nuovo quando usciva un nuovo prodotto e poi ancora e ancora. La nuova tecnologia offre invece un costante feed-back…
Ma come può il tempo entrare nell’economia?Nel mercato tradizionale, per esempio, c’è una ditta che vende CD e un acquirente che compra, per cui occorre portare il CD all’acquirente. Oggi, c’è un new deal nel mercato: tu compri un’iscrizione per usare il CD per un certo periodo di tempo, non l’oggetto in sé: come in una biblioteca compri l’accesso al prestito e puoi leggere i libri, così per un certo periodo di tempo puoi sentire la musica. Paghi per il tempo d’utilizzo non per avere fisicamente un oggetto, non paghi per il possesso di un oggetto in senso spaziale. Un’altra differenza dal mercato alla rete è la seguente: nel mercato si guadagna sui costi di transazione; nella rete la transazione avviene a costo zero e quindi non ci sono vari attori del mercato tradizionale, quelli che a ogni stadio della transazione avevano un margine sul prezzo a monte del prodotto…
Passando dalla geografia al ciberspazio, dal mercato alla rete, dalla vendita di beni alla vendita di tempo, come si trasforma lo statuto dell’imprenditore?Una volta gli attori del mercato erano i grandi gruppi multinazionali: aziende come Standard Oil, U.S. Steel e Seers erano protagoniste in un’economia dedicata alla produzione e alla vendita di beni materiali. Oggi, aziende come Disney, Sony, News Corporation, General Electric, multinazionali dei media si contendono il controllo dei canali di comunicazione e della gestione delle risorse culturali che costituiranno la parte più cospicua dell’economia del ventunesimo secolo.
Sono rimasti pochi i beni sul mercato: l’economia del ventunesimo secolo è un’economia di servizi non di prodotti. Siamo passati da un’economia in cui il settore primario era la vendita di beni e servizi a un’economia in cui il settore primario è la vendita di esperienza e cultura. Nel marketing, si parla di LTV (lifetime-value) per indicare il valore della relazione con un cliente, indipendentemente dalla transazione effettuata. Qual è il lifetime-value di un cliente, ossia quanto valore ha il fatto che rimanga cliente? Questo importa nell’economia di rete.
Siamo passati da un commercio industriale a un commercio culturale, dove importa avere una storia da raccontare e un’esperienza da portare. Importa il capitale intellettuale, non più il capitale tangibile. Una volta c’erano i giocattoli e ogni volta che usciva un nuovo giocattolo si gettava via quello precedente. Oggi, il giocattolo può rimanere lo stesso, ciò che si acquista da Internet è l’istruzione per un nuovo funzionamento del giocattolo. Oppure, se il vecchio giocattolo viene restituito alla ditta produttrice, si possono addirittura ricevere dei soldi e un nuovo giocattolo in regalo. Il margine di guadagno rimane sempre su ciò che si scarica da Internet. Ciascuna azienda, nell’era di Internet, guadagna dal volume di fatturato proveniente dal servizio che offre non dalla vendita dei beni: i beni li regala.