QUALE BRAINWORKING PER L'ACETO BALSAMICO?

Qualifiche dell'autore: 
Consorzio di Tutela Aceto Balsamico Tradizionale di Modena

Intervista di Anna Spadafora

Come esempio di brainworking di gruppo quello del Consorzio Tutela Aceto Balsamico Tradizionale di Modena ha già dato risultati insperabili. In che modo?

In un territorio nel quale il lavoro cooperativo e societario ha avuto tanto successo è difficilmente spiegabile il motivo di gelosie e ostilità quando si trattino argomenti che coinvolgono antiche storie o tradizioni di famiglia. Se poi si parla di aceto, in particolare di aceti Balsamici, tolleranza, rispetto delle opinioni e obiettività vanno inevitabilmente “a farsi friggere”, per dirla proprio con detto modenese. Nonostante già il conte Giorgio Gallesio nel 1839 scrivesse della esistenza a Modena di due aceti fatti con il mosto dell’uva, uno eccelso, l’altro eccellente, e nonostante quest’ultimo (chiamato oggi Aceto Balsamico di Modena) fosse già conosciuto sui mercati e alle esposizioni internazionali gia dal 1860, negli ultimi vent’anni si è sviluppato sempre più forte un movimento di pensiero che lo voleva considerare un prodotto “falso”. Contemporaneamente, l’altro prodotto, detto Aceto Balsamico Tradizionale di Modena, pur non avendo una vera valenza produttiva ed economica, voleva essere l’unico depositario della tradizione modenese. Fu così che Modena è diventata teatro di una vera e propria guerra fra quelli che nel frattempo venivano chiamati “industriali” e gli altri, i “tradizionalisti”. Interessi di parte nella gestione del Consorzio Produttori ABTM hanno portato al rischio di perdere il diritto alla DOP (riconosciuta nel 2000 per il Balsamico Tradizionale) per inapplicazione dei controlli previsti. Per evitare questo rischio, un nuovo consorzio, voluto dai produttori “industriali”, richiedeva per i suoi associati i controlli del Cermet e riusciva a imbottigliare prodotto DOP a metà 2003. Il nuovo consorzio appariva in definitiva come il salvatore della DOP. Ciò fece sì che numerosi produttori uscissero dal vecchio consorzio per entrare nel nuovo, che veniva rifondato accogliendo nel consiglio di amministrazione i rappresentanti della Provincia, della Camera di Commercio e della Consorteria, oltre a tre vecchi soci e tre nuovi soci.

Una situazione complessa. Come si è sviluppata?

Da questa situazione inizia la nostra testimonianza di brainworking di gruppo. Eravamo nove consiglieri, molto diversi per esperienza di vita e di lavoro e che venivano da mondi diversi (antitetici fino a poco prima), con il compito di garantire la salvaguardia della tradizione, del Disciplinare di produzione, nonché il miglioramento qualitativo e la promozione del prodotto. Un inizio difficile, anche perché il presidente del CDA, Enrico Corsini, assessore uscente della Provincia, era da alcuni considerato “troppo politico e senza esperienza” riguardo al settore dell’aceto per poter essere funzionale. Inoltre, i cosiddetti “industriali” erano ritenuti ancora sotto esame, nel timore che con la loro forza di mercato potessero impossessarsi della potenzialità del prodotto mentre i produttori di solo tradizionale venivano per contro considerati di poca esperienza per le problematiche di mercato. Potenzialmente era latente una situazione ancora esplosiva. La Camera di Commercio ha allora aperto le scene con un messaggio molto forte: il Consorzio sarebbe stato incaricato di gestire un centro dimostrativo dell’Aceto Balsamico Tradizionale. Di fatto, quindi, il Consorzio Tutela ABTM aveva una nuova sede operativa e di grandissimo prestigio presso la Borsa Merci. Il dado era tratto, non si poteva deludere.

L’intervento ha determinato un’evoluzione positiva?

Certamente, perché allora sono entrate in campo le capacità “politiche e diplomatiche” del presidente che richiedeva a ognuno un impegno personale nella gestione degli affari del consorzio. Divideva quindi il consiglio in comitati (tecnico, marketing, promozionale) a seconda delle esperienze e competenze di ognuno. Le decisioni finali erano comunque prese dal Consiglio, frequentemente riunito. La decisione di non assumere un direttore serviva poi a coinvolgere ulteriormente i consiglieri, invitati a partecipare anche nelle decisioni giornaliere. Dopo sei mesi di “questa cura” il consiglio poteva considerarsi bene amalgamato ed il Consorzio operava nella nuova sede. Era il momento di studiare una strategia nuova, per non rischiare di incorrere ancora in vecchi contrasti ed anzi per sfruttare tutte le sinergie che garantissero un futuro al settore. Proprio la presenza di un presidente senza esperienza specifica ma con grandi qualità umane ha garantito la libera espressione dei pareri individuali.

Quali erano i problemi del settore da risolvere? Una piccola produzione di circa soli 10.000 litri all’anno suddivisi per centinaia di piccoli produttori (che hanno spesso difficoltà a trovare sbocchi diretti sul mercato) richiede trasparenza, coinvolgimento, controllo qualitativo, costi leggeri e promozione.

Quale strategia è stata adottata?

Se dal punto di vista tecnico è subito iniziato un lavoro in stretto contatto con il Cermet, per la promozione sono state individuate opportunità nazionali ed internazionali con target di utenza molto alto come la notte degli Oscar a Los Angeles, il raduno internazionale delle Bugatti a Portofino, le degustazioni alla Camera dei Deputati, il Salone dell’auto a Zurigo, oltre, naturalmente, alle altre manifestazioni promosse dalle istituzioni modenesi. Sono stati coinvolti nelle iniziative promozionali anche gli associati, comunque informati degli esiti mediante le pagine della “Balsamico News”. Durante le principali manifestazioni sono state organizzate degustazioni con gli aceti dei diversi produttori ognuno con la propria etichetta. Sono stati realizzati confezioni e materiale pubblicitario personalizzabile con marchio dell’associato. Sono state gestite le risorse in modo che il Consorzio possa sostenersi grazie alle proprie attività anziché richiedere alte quote consortili. Infine, cosa più unica che rara, sono state bandite vere aste fra gli associati, ma sulla base della qualità anziché del prezzo, per l’acquisizione del prodotto necessario alle azioni promozionali o per la vendita alle istituzioni o enti. Inoltre, è stato profuso un impegno diretto, anche economico, per sostenere le piccole acetaie nelle pratiche della certificazione. Tutto ciò ha permesso al Consorzio, dopo appena due anni, di passare dagli iniziali 50 soci a ben 320 associati, numero in continuo aumento. La tolleranza verso le opinioni degli altri, la trasparenza, l’identità di obiettivi, la volontà di difendere e sostenere gli anelli deboli del sistema hanno permesso di raggiungere risultati fino a due anni fa insperabili e fa prevedere un favorevole futuro non solo per il prodotto in se stesso ma anche per il carico di tradizioni e di cultura che esso porta con sé.