LA VELA DELLA SOLIDARIETÀ HA PRESO IL LARGO
Oggi nell’impresa sono molto di moda parole come solidarietà e responsabilità sociale. Lei sembra essere andato molto più in là, trovando un’integrazione straordinaria tra il suo statuto d’imprenditore – le pasticcerie Laganà rappresentano un’attività di produzione e commercio giunta alla quarta generazione –, la sua grande passione, la vela, e i progetti di solidarietà verso persone disabili. Può darcene alcuni elementi?
La passione per la vela, che coltivavo da tempo, si è estesa alla passione per la nautica. Poi, come avviene spesso, ho incontrato la persona “giusta”: il presidente del Club Nautico di Misano Adriatico Porto Verde, Lambertini. Dall’organizzazione di una regata velica siamo passati al rilancio in grande stile del Club, coinvolgendo molti imprenditori bolognesi, notoriamente appassionati di vela e di nautica non tanto per esibizione, quanto per pratica sportiva. In particolare, ho promosso l’aspetto educational della vela per i più giovani, e ho applicato a questa realtà la mia esperienza di sostegno attivo a prestigiose associazioni bolognesi, come l’ANT. In questo Club ho organizzato corsi di vela per giovanissimi e per portatori di handicap, adattando la piccola imbarcazione classica di addestramento, la leggendaria Optimist, alle loro particolari esigenze.
Quanto ha giovato la sua esperienza d’imprenditore alla riuscita di queste iniziative?
Moltissimo. L’imprenditore deve avere intuito, decisione, passione e determinazione per riuscire. Poi, c’è un aspetto culturale. Anche se non molti lo sanno, l’imprenditoria bolognese fa, anche più di altre, cose notevoli per la solidarietà. Come circolo nautico organizziamo molti eventi a fini esclusivamente solidali, divenendo consulenti di molte aziende: consigliamo come devolvere direttamente ai beneficiari, senza mediazioni. In questo modo in pochi anni siamo riusciti a raccogliere e a devolvere oltre cinquecentomila euro. Poi, c’è l’orgoglio di portare il proprio circolo, di cui poi sono diventato presidente, ai primi posti. Abbiamo vinto due mondiali di off-shore con piloti bolognesi.
Veniamo all’iniziativa che ora le sta più a cuore: la progettazione d’imbarcazioni per disabili.
L’idea si è sviluppata dalla mia esperienza nella solidarietà attiva e nella pratica velica. Ho constatato i vantaggi, psichici in particolare, che la vela può portare nella qualità di vita dei portatori di handicap. Ho visto tantissimi adolescenti, anche giovanissimi, con gravi postumi d’incidenti in motorino. Per loro è essenziale ripartire con un’attività gratificante e di riuscita.
Può darci alcune caratteristiche della barca che ha costruito?
Orazio, così chiamata in onore del maestro d’ascia riccionese Orazio Mulazzani che la costruisce, è di legno leggerissimo (pesa circa cinquanta chili, anche gli alberi sono cavi, ma puntiamo ad alleggerirla ancora); è lunga due metri e ottanta centimetri e larga uno e trentacinque; ha deriva basculante e ruote sempre sporgenti che consentono il traino, anche a carrozzine per disabili, e la messa in acqua e la risalita trainata come se fosse un mezzo anfibio. Ha un seggiolino mobile e un doppio timone. Basta un metro e mezzo d’acqua per farla manovrare; dunque, anche se può essere messa in mare, la barca è adatta per piccoli specchi d’acqua, come quello dei Giardini Margherita, dove l’ho collaudata. Qui occorre la collaborazione degli enti pubblici: dovrebbero essere allestiti in ciascuna città uno o più di questi laghetti, magari a partire da invasi già esistenti, con poca spesa e con la stessa logica con cui vengono costruite le palestre. Sarebbe un segnale forte di civiltà, oltre che di solidarietà.