LA MEDICINA DEL LAVORO OGGI

Qualifiche dell'autore: 
presidente di PROMEDICAL e SAI (Servizi Aziendali Integrati), Sassuolo (MO)

Oltre che presiedere il poliambulatorio Promedical e la SAI (Servizi Aziendali Integrati), lei collabora, come rappresentante provinciale dell’ANMA (Associazione Nazionale Medici d’Azienda), con il Ministero del Lavoro alla redazione del Testo Unico della medicina del lavoro, per gli aspetti medici, ambientali e della sicurezza. Qual è il contributo che emerge in tale collaborazione?

Soprattutto stimoliamo il legislatore a dare un’impostazione pratica alle normative, perché noi medici del lavoro siamo in prima linea da almeno venti anni e dobbiamo confrontarci quotidianamente con i lavoratori, gli imprenditori, il sindacato e l’AUSL. Purtroppo, a causa dei metodi utilizzati nel passato per produrre le normative, a volte ci troviamo di fronte a disposizioni e circolari redatte da funzionari statali o ricercatori universitari che non sono come noi a diretto contatto con le problematiche quotidiane e che talora ignorano i problemi reali del mondo del lavoro. L’ANMA sta ottenendo qualche risultato: per esempio, alcune proposte che ha fatto nel mese di dicembre sono state approvate in commissione, perché più vicine alle esigenze pratiche. Il Testo Unico non è una cosa piccola e poi il Ministero ha sempre l’ultima parola.

Può fare un esempio delle proposte?

La normativa del decreto legislativo 626 del ’94, per esempio, prevedeva che la cartella sanitaria di rischio fosse custodita presso il datore di lavoro. Ora, se in un’azienda di cento dipendenti le cartelle trovavano una sistemazione sicura nell’ufficio del personale, in una piccola azienda artigiana, le cartelle sparivano. E, tuttavia, la responsabilità della tenuta delle cartelle era del medico. Allora abbiamo proposto di lasciare al medico la possibilità di decidere dove tenere le cartelle.

Per fare un altro esempio, il sopralluogo aziendale era previsto almeno due volte l’anno, ma in aziende dove le condizioni di rischio non sono mutevoli nel tempo, non c’era bisogno di tale frequenza. Ad esempio, un’azienda di trasporti internazionali, con cinquanta impiegati seduti a una scrivania, non ha bisogno di un sopralluogo ogni sei mesi. Allora, anche in questo caso, abbiamo proposto che fosse il medico aziendale a decidere, in rapporto alle condizioni di rischio dell’azienda.

Se si alleggeriscono gli adempimenti laddove non servono, ne va della qualità della vita sia dei lavoratori, sia degli imprenditori, sia dei medici del lavoro…

Quando le cose sono molto chiare, si evitano interpretazioni diverse da parte di un funzionario rispetto a un altro o da parte di una AUSL rispetto a un’altra. Quando ci riuniamo in commissione regionale, cerchiamo di capire come risolvere i problemi e di rendere la soluzione uniforme, almeno nella nostra regione.

Com’è cambiata in questi anni la medicina del lavoro e la cultura della sicurezza e della prevenzione?

Le aziende più attente hanno capito che la prevenzione alla fine ripaga e si sono attrezzate, facendo l’essenziale per tenere sotto controllo la situazione. Sono cambiate le tipologie di rischio, perché, modificando i rischi alla fonte, sono diminuite anche le malattie e gli infortuni. Il comprensorio ceramico è sotto controllo, la problematica del piombo degli anni ottanta e quella del rumore degli anni novanta sono ormai superate. C’è ancora il problema delle polveri, delle patologie osteo-articolari o da posture incongrue. Ciò che invece persiste è l’infortunistica legata a settori come l’agricoltura, l’edilizia e i trasporti. Questo non solo perché sono settori in cui il lavoro è pericoloso in sé, ma anche perché, per esempio, il singolo agricoltore non è organizzato né culturalmente preparato alla medicina preventiva. E così in edilizia, dove spesso paga il lavoro precario, il lavoro nero, unito al fatto che chi entra all’improvviso nel settore, soprattutto se immigrato, ha lingua e cultura diverse dalla nostra e a volte occorre un grande sforzo per far capire loro che servono precauzioni. Tuttavia, nonostante gli infortuni non siano pochi, nel quinquennio c’è stata una riduzione e in Europa stavolta non siamo in fondo alla graduatoria.

Già nel Rinascimento era stata messa in discussione la separazione tra lavoro manuale e lavoro intellettuale. Anche il lavoro considerato più manuale è intellettuale: senza la lingua, nulla si fa.

Nei cantieri dell’alta velocità l’infortunistica è stata abbastanza elevata, sia per la tipologia del cantiere sia perché i lavoratori venivano portati con i pullman dai paesi dell’est e non sapevano capire i messaggi di allarme, anzi, non sapevano neppure la differenza tra “Alt!” e “Avanti!”.

Se noi informiamo i lavoratori sui rischi e li formiamo sulle precauzioni da tenere, il lavoro guadagna in qualità a tutti i livelli. E, tuttavia, ci sono ancora datori di lavoro che vivono la prevenzione soltanto come un’ulteriore tassa da pagare. Per fortuna, ce ne sono altri che apprezzano i risultati, insieme al fatto che noi diamo consigli per fare prevenzione con il minor costo.

Complessivamente, nella nostra provincia non possiamo lamentarci. Confrontandoci con altri medici in Italia, vediamo che c’è una concentrazione di aziende molto alta e una grande varietà di settori in cui la cultura della sicurezza è aumentata notevolmente.

Certo, non è facile trasmettere l’utilità di una misura preventiva, ma a me piace coniugare l’attività scientifica con il senso pratico di chi fa le cose. Nelle riunioni, gli operai, che credono di parlare con una persona fuori dal loro ambiente, devono ricredersi quando si rendono conto di avere di fronte una persona che entra nelle loro problematiche e in questo modo si sentono anche maggiormente tutelati. E poi ho notato che è importante parlare con i rappresentanti dei lavoratori. Però bisogna essere credibili: la medicina del lavoro non può essere fatta dal legislatore, dal tecnico, dal professore universitario che stanno ai piani alti, ma si fa soprattutto in prima linea. Ma la possibilità di dare consigli che permettono una qualità di vita migliore, dal punto di vista medico, è già una grande soddisfazione.