ETICA E IMPRESA
In un’impresa come la multiutility AIMAG, con una forte matrice pubblica, l’etica interviene in modo particolarmente accentuato.
Premetto una considerazione più generale: mi pare che nella società attuale stia sempre più affermandosi la centralità dell’impresa: l’impresa è uno dei nodi fondamentali della società. Mentre prima si dava più enfasi alle istituzioni, oggi l’impresa sembra essere sempre più il luogo in cui si realizzano le aspirazioni delle persone: si lavora, si produce, si crea valore, si affermano valori. Quindi, mentre prima si poteva pensare all’impresa come ad un “oggetto” piuttosto semplice, destinato ad avere compiti abbastanza precisi e circoscritti, oggi prevale la visione dell’impresa come sistema socio-tecnico complesso, un insieme di macchine, di persone, di valori e di flussi: di materiali e prodotti, sicuramente, quando si tratta del settore manifatturiero, ma soprattutto flussi di informazione e di danaro. E tutto questo pone un problema di etica nell’impresa. Certo, le sensibilità possono essere diverse: quindi, anche se le società di proprietà pubblica tendono sempre più a omologarsi a quelle private, il fatto che ci sia una maggiore sensibilità in aziende di proprietà pubblica o prevalentemente pubblica sui problemi del sociale è ancora constatabile. Credo che però allo stesso tempo stia crescendo anche la sensibilità sociale nell’impresa puramente privata. La speranza è che ci siano le condizioni perché questa sensibilità possa aumentare. È chiaro però che, esemplificando, se il problema principale è quello di riuscire a sostenere la concorrenza cinese, un’impresa fa molta fatica a occuparsi dell’etica, perché la responsabilità sociale può essere considerata un lusso, che comporta investimenti e costi non trascurabili.
Lei pensa che faccia parte dell’etica anche per esempio il modo con cui un’azienda reperisce la propria manodopera?
Noi non possiamo competere con i cinesi sul costo del lavoro, sarebbe tornare indietro nei decenni e rinunciare a conquiste ormai consolidate. Quello che possiamo fare è orientarci su attività di alto valore qualitativo e tecnologico che consentano d’impiegare persone nel rispetto delle regole e delle persone stesse. Ma, non solo: in un’impresa di qualità alle risorse umane viene dedicata un’attenzione molto elevata, si cerca di valorizzarle, non solo di trattarle secondo le regole, ma di farle crescere, attraverso strumenti di formazione, di stimolarle attraverso sempre maggiori traguardi anche dal punto di vista professionale e della soddisfazione sul lavoro. L’impresa etica si rivolge a tutto l’insieme dei portatori d’interesse – dai lavoratori agli azionisti ai clienti ai fornitori – e, in tutti i rapporti, assume regole di comportamento ispirate a valori etici che implicano l’andare oltre il rispetto di tutte le normative di carattere civilistico, tributario e ambientale. Da qui la possibilità di fare, oltre ai bilanci economici, i bilanci di sostenibilità.
Questo è il secondo anno in cui AIMAG redige un bilancio di sostenibilità…
L’abbiamo chiamato Rapporto di sostenibilità, perché ci sembrava ancora prematuro fare un vero e proprio bilancio, ma l’idea è proprio quella di accompagnare il bilancio economico con un documento che dia conto di tutte quelle attività dell’azienda che non possono essere misurate in termini monetari ma che hanno ricadute importanti sulla società. Sostenibilità vuol dire che non si lavora soltanto per il bilancio di quest’anno ma anche per trovarsi nelle condizioni di sostenere lo sviluppo negli anni futuri. È il concetto della tripla bottom line: il valore dell’impresa non è espresso soltanto dall’ultima riga del bilancio, dall’utile, ma anche da quanta utilità sociale e ambientale abbiamo prodotto. E abbiamo scoperto, per esempio, che abbiamo contribuito al rispetto del protocollo di Kyoto: calcolando il risparmio energetico ottenuto con alcune iniziative promosse – tra cui la diffusione delle caldaie a alto rendimento, l’utilizzo del biogas prodotto dalle discariche, la progettazione di impianti di teleriscaldamento, l’utilizzo di lampade a maggiore efficienza nell’illuminazione pubblica –, si è constatato che sono state risparmiate alcune tonnellate di petrolio, con conseguente riduzione dell’emissione di gas nell’atmosfera.
Un’altra iniziativa interessante presentata in questi giorni è la valutazione del capitale intellettuale, un lavoro svolto con Stefano Marasca, dell’Università di Ancona, il primo esempio di valutazione di questo tipo in una multiutility, mentre esiste qualche esempio nell’impresa privata. Il documento è il risultato dell’analisi delle competenze delle persone, del patrimonio organizzativo, di quello informatico e di tutti quegli aspetti intangibili del patrimonio che di solito non rientrano in un’analisi economicistica. Magari ci si aspetta di arrivare anche a una quantificazione economica, ma per il momento abbiamo preferito produrre un documento che mettesse a disposizione del management aziendale e del Consiglio di amministrazione il quadro della situazione, il capitale che l’azienda ha, per capire in che modo esso consente all’azienda di svilupparsi. Sopra tutto in un’azienda come la nostra, costituita quasi esclusivamente di persone, è indispensabile sapere qual è il nostro patrimonio in termini di capitale intellettuale e che cosa si deve fare per mantenerlo e per migliorarlo. Ma c’è anche la possibilità di un utilizzo esterno: per esempio, un’azienda che volesse acquistare quote della nostra società credo che sarebbe fortemente interessata a conoscere come è formato il suo capitale intangibile.
Ma, tornando alla prima domanda, credo che dovremmo tutti fare qualcosa per rendere questi modelli di etica dell’impresa più diffusi e condivisi, perché ritengo che rappresentino una importante prospettiva di sviluppo della società.