CON LE BARRIERE NON SI FA PROGRESSO

Qualifiche dell'autore: 
assessore alle Attività Produttive della Provincia di Bologna

Sono lieto di dare il benvenuto ai partecipanti a questa iniziativa, promossa dall’Associazione Culturale Progetto Emilia Romagna e dalla casa editrice Spirali, destinata ad affrontare il tema del fare impresa che si pone sicuramente all’attenzione di tutto il mondo e che in questa occasione viene affrontato con un taglio internazionale, consentendoci di aggiornarci e di rinnovarci, anziché rimanere sulle nostre posizioni.

Per quanto riguarda la nostra provincia, rilevo purtroppo che a Bologna, in questo primo scorcio di ventunesimo secolo, i nuovi imprenditori sono ancora molto pochi mentre nel secolo appena trascorso ce ne sono stati tantissimi e ce ne sono ancora tanti ed è per questo che Bologna ha un’impresa ogni dieci abitanti. È anche vero che la storia dell’evoluzione imprenditoriale della nostra area è stata caratterizzata da alti e bassi. Nel Duecento Bologna era una delle capitali culturali, ma anche imprenditoriali. Lo stesso si è ripetuto alcuni secoli dopo: nel Cinquecento e nel Seicento, Bologna è stata la capitale della seta. Alti e bassi che derivano, molto spesso, dall’approccio culturale che la collettività e i singoli hanno avuto al tema dell’essere imprenditori. Bologna è stata leader tutte le volte che ha saputo rinnovare, mentre ha perso terreno tutte le volte che si è chiusa in se stessa. Bologna perse la sua leadership nel settore della produzione della seta quando decise di cominciare a fare un’azione di conservazione mettendo, o tentando di mettere, barriere all’emigrazione di coloro che erano i depositari di scienza in quel momento. Il termine scienza forse non è esatto, ma in realtà ha la capacità di indicare come, con le barriere, con la chiusura, non si faccia progresso: il progresso si fa rinnovando, proiettandosi, confrontandosi con l’esterno. Questo accadeva nel nostro paese e nella nostra regione nel dopoguerra, quando, approfittando di alcune circostanze favorevoli, un popolo che era in prevalenza contadino si è trasformato e ha messo in piedi il sistema industriale che è quello su cui abbiamo prosperato finora.

Abbiamo fatto innovazione nel momento in cui abbiamo colto le sfide dell’avvio dell’Unione Europea, ma oggi siamo in una fase molto delicata e molto importante, perché, se ci limitassimo a tentare di conservare quello che abbiamo, forse ci avvieremmo a una fase di decadenza. Tuttavia, oggi da noi esistono molti stimoli e molte opportunità d’innovazione che ci fanno bene sperare. Questi germi di innovazione vanno colti con diverse azioni e tanti approcci diversi che devono coinvolgere i singoli, la collettività, le associazioni, le organizzazioni e il pubblico.