QUALE TERRITORIO PER IL RILANCIO DELL'IMPRESA
Il 2 aprile scorso, Eurolab ha dato un contributo a due eventi che hanno proseguito il dibattito sull’avvenire delle imprese modenesi: uno, alla Camera di Commercio, sui laboratori di eccellenza che forniscono prove indispensabili alla qualità della nostra produzione industriale e l’altro, all’Unione Industriali, sul brainworking, il lavoro di cervello, i dispositivi da instaurare per valorizzare il nostro patrimonio di esperienze e competenze. Cosa può dirci in proposito?
Se l’Emilia Romagna vuole continuare ad eccellere deve sfruttare tutto ciò che esiste sul territorio. Bisogna vedere che cosa serve per competere a livello internazionale e mettere a disposizione di tutti ciò che esiste. L’economia della nostra zona è partita da alcune grandi locomotive, come Fiat e Ferrari, che si sono tirate dietro una serie di vagoni costituiti dalle aziende sub-fornitrici. Queste sono state costrette nel tempo a migliorare i propri processi produttivi, a diventare spesso proponenti dirette di nuove tecnologie per la locomotiva. Negli ultimi tempi le locomotive hanno incominciato a decentralizzare la loro produzione, in qualche caso hanno proprio tagliato il collegamento con alcuni vagoni che devono quindi procedere per conto proprio, facendo tesoro delle esperienze acquisite. In alcuni casi, aziende che si erano fortemente specializzate “al servizio della locomotiva” possono trovarsi così in difficoltà, un po’ spiazzate.
Personalmente sono abbastanza preoccupato dell’andamento dell’economia modenese; abbiamo perso il settore abbigliamento e quello ceramico è costretto a confrontarsi con una concorrenza internazionale sempre più agguerrita e che si avvale di infrastrutture decisamente superiori a quelle di cui dispone il comprensorio di Sassuolo. Se a questo dovessimo aggiungere una decadenza del settore meccanico, che cosa ci resterebbe? Si parla tanto di ricerca, di innovazione; la Regione Emilia Romagna ha messo a disposizione delle aziende la legge 7. Una legge innovativa che sicuramente porterà un serio contributo allo sviluppo di nuovi progetti. Ma un progetto serio, soprattutto se coinvolge l’Università, si sviluppa in alcuni anni: almeno tre. Mi sta bene, è inevitabile, dico soltanto che mercato e concorrenza non aspettano: sono qui e adesso! Allora nemmeno le nostre aziende possono aspettare: il territorio deve compattarsi, le competenze rese note, la qualità del prodotto e del modo di produrlo deve tendere all’eccellenza.
Fare territorio vuol dire mettere in rete i cervelli, evidenziarne le competenze. Porto alcuni esempi che ci toccano da vicino: non dovrebbe succedere che un’azienda del nostro territorio presenti un nuovo prodotto e questo fallisca (si rompa, abbia un rendimento non in linea con le attese progettuali, ecc.) a causa dell’errato utilizzo di un materiale; non dovrebbe succedere quando sul territorio ci sono competenze in grado di assicurare, anche con investimenti banali, la corretta scelta dei materiali e la corretta applicazione dei processi speciali. Eppure accade, e di frequente.
Quando in Eurolab progettiamo nuovi servizi da mettere a disposizione delle aziende, teniamo sempre conto delle esigenze del territorio, tuttavia, spesso le nostre scelte determinano opportunità che vengono colte prima da aziende situate in altre regioni. Ad esempio, poiché sul nostro territorio si sta incrementando notevolmente l’utilizzo del titanio, abbiamo effettuato investimenti per 200.000,00 euro in attrezzature che ci mettono in grado di determinare alcuni parametri di fondamentale importanza per la valutazione delle caratteristiche di queste leghe: bene, anzi male, le macchine sono attualmente pressoché inutilizzate; per fortuna inizieranno presto a lavorare ed a sfornare dati ma non per le imprese del territorio, bensì per Alenia Aeronautica, Boeing, Agusta ed altre aziende del settore aeronautico che hanno stabilimenti a Napoli, Torino, Frosinone, e… negli Stati Uniti. Dagli Emirati Arabi ci stanno inviando un cilindro ad alta pressione la cui rottura ha determinato il fermo di un impianto petrolifero: dovremo determinare cause della rottura per dare ai progettisti tutte le informazioni necessarie per agevolare la revisione del progetto al fine di evitare il ripetersi dell’inconveniente.
Abbiamo competenze specifiche anche nel settore della corrosione: dalla General Electric ci è stato affidato lo studio su un processo corrosivo che interessa un impianto petrolchimico in Kazakistan; di contro tantissime imprese del nostro territorio non hanno risolto i problemi della corrosione precoce di loro manufatti e poco fanno per risolverli. Spesso nelle piccole medie aziende manca una cultura dell’outsourcing per i servizi tecnici legati all’utilizzo dei materiali e dei processi speciali: si utilizzano competenze interne che sono sì molto elevate, ma focalizzate sugli aspetti progettuali sottovalutando in diverse occasioni le implicazioni derivanti dall’utilizzo non corretto di materiali e processi speciali. Basti dire che un buon ottanta per cento del nostro lavoro riguarda l’analisi delle cause di rottura, ed è un po’ come fare un’autopsia: arriveremo a dire perché il paziente è morto… ma intanto è già morto. Poco ancora si fa per la prevenzione e per l’ottimale progettazione. Ribadisco, il mercato e la concorrenza sono qui e adesso, la qualità dei prodotti deve tendere all’eccellenza e non è consigliabile non sfruttare appieno tutte le opportunità presenti sul territorio.
Se non vengono sfruttate adeguatamente le opportunità fornite dalla presenza sul territorio di un’azienda come la nostra che oltre ad avere gli accreditamenti del SINAL e del SIT e quindi potere emettere rapporti riconosciuti in tutti i Paesi aderenti agli accordi di mutuo riconoscimento (in pratica tutti i Paesi Industrializzati), è riconosciuta dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, è riconosciuta da Alenia Aeronautica ed opera nei programmi civili e militari per Boeing ed altre primarie compagnie come General Electric, ha sviluppato competenze distintive nei settori dei materiali, dei processi speciali, della taratura degli strumenti di misura, ecc. se, ripeto, tutto questo non viene sfruttato adeguatamente, al di là del comprensibile interesse personale, credo fermamente che sia un peccato. Soprattutto in un periodo in cui la necessità di qualità, innovazione e ricerca ci viene, giustamente, sbandierata tutti i giorni.
Sul piano della comunicazione siamo in difficoltà, non abbiamo dimensioni tali da poterci permettere forti investimenti in marketing e comunicazione e quel poco che facciamo non lo riserviamo esclusivamente al nostro territorio: puntiamo molto sul web marketing ma a questo punto le possibilità che ci trovi un’azienda di Modena piuttosto che una di Napoli sono le stesse; beninteso a noi va bene ugualmente ma mi chiedo quanti casi esistano come il nostro; quante aziende si trovino in difficoltà a comunicare la propria eccellenza in un dato settore e mi chiedo se gli enti locali, ad esempio la Camera di Commercio e/o gli Assessorati alle Attività Produttive, magari in collaborazione con le associazioni di categoria, possano assumere un’iniziativa volta a rendere palesi le competenze specifiche presenti sul territorio. Potrebbe essere un portale tecnologico, aperto alle comunicazioni delle aziende, delle università, dei laboratori e dei centri tecnologici pubblici e privati. È solo un’idea, qualcuno ne tiri fuori altre. Gli enti pubblici, le associazioni di categoria e quanti sono interessati a preservare e sviluppare ulteriormente l’eccellenza del settore industriale, riflettano sul fatto che la grandissima maggioranza delle aziende del territorio sono piccole e le aziende piccole fanno fatica ad avvicinarsi anche a leggi ben fatte come la legge regionale 7; fanno fatica ad accedere a contributi per ricerca ed innovazione ed una volta perso il contatto con la “locomotiva” di riferimento potrebbero anche entrare in difficoltà.
Qualche anno fa si utilizzava lo slogan “piccolo è bello” ma essere piccoli non era un progetto, era un dato di fatto. Oggi siamo ancora piccoli, siamo bravi ed intraprendenti ma non basta, dobbiamo collaborare, metterci in rete, fare territorio, insomma direi “piccolo è ancora bello… ma solo lavorando insieme possiamo competere con i grandi”.