L'INTEGRAZIONE DELL'ESPERIENZA NELL'IMPRESA

Qualifiche dell'autore: 
presidente di S.E.C. srl (Società Edile Concordiese) e del Gruppo Giovani CNA (MO)

Lei ha acquisito, con sua moglie Maria Grazia, la completa proprietà della S.E.C srl (Società Edile Concordiese), nata nel 1977 e rinomata per la qualità e la serietà delle realizzazioni. Qual è stata la direzione che avete dato all’azienda per continuare nel sentiero già tracciato e nel contempo innovare, restando al passo con i tempi?

Con l’acquisizione piena della proprietà, l’attività dell’azienda ha assunto nuovo personale ed è stata in grado di aggiudicarsi lavori di entità rilevanti in ambito provinciale, occupandosi principalmente della costruzione di strutture abitative e industriali, nonché di ristrutturazione, restauro, rinnovamento e manutenzione di palazzi storici ed edifici di nuova costruzione, sia direttamente, sia mediante appalti affidati all’azienda da privati ed enti pubblici. Oggi la S.E.C è considerata tra le principali aziende nell’esecuzione di opere di edilizia residenziale e industriale, anche perché ha saputo mantenere e accrescere l’obiettivo primario di realizzare costruzioni a elevati standard qualitativi, con una costante attenzione alle novità architettoniche e tecnologiche, impegnandosi a offrire la massima soddisfazione dei propri clienti, con un’estrema cura nel gusto, nella forma e nella qualità delle finiture applicate.

Oltre a occuparsi della sua azienda, lei presiede il Gruppo Giovani Imprenditori della CNA della Provincia di Modena ed è iscritto a un corso di laurea in Filosofia. Riscontra qualche vantaggio nell’approfondimento di argomenti apparentemente non collegati all’attività imprenditoriale?

Non dobbiamo dimenticare che il sapere porta sempre con sé un’apertura intellettuale da riversare anche nel mondo del lavoro. Per quanto mi riguarda, le materie umanistiche mi hanno aperto una finestra sull’uomo moderno, fornendomi alcune chiavi di lettura per comprendere la società contemporanea. Va da sé che la cultura serve a modificare e migliorare l’imprenditore, che ha più strumenti per valutare e capire.

E questa ampia formazione culturale può essere utile durante la giornata...

È importante, perché cambia il rapporto e il modo di rapportarsi con tutti i collaboratori, ma anche con le persone che s’incontrano al di fuori dell’ambiente lavorativo, sebbene la difficoltà è sempre tanta, soprattutto nel nostro settore. Rapportarsi in un modo culturalmente più preparato comporta una notevole differenza, contribuisce al rispetto di valori comuni e consente di acquisire basi maggiori per comprendere la risposta che l’interlocutore dà nelle differenti situazioni.

All’insegna dell’integrazione, come nel rinascimento...

Sono sempre stato aperto a nuove iniziative formative e culturali, naturalmente valutando anche la loro ricaduta all’interno delle mie attività lavorative; questo mi ha portato per esempio al conseguimento dell’abilitazione al trasporto nazionale e internazionale di merci su strada per conto terzi, grazie alla quale ho diversificato l’attività d’impresa, tanto che oggi non ci occupiamo più soltanto di edilizia, ma offriamo al nostro cliente un ventaglio di servizi più ampio in grado di soddisfare tutte le sue esigenze.

Considerando che il settore dell’edilizia dovrà affrontare periodi non molto favorevoli, è giusto pensare l’attività in maniera diversa e innovativa...

Sì, certamente, occorre a volte diversificare, nell’ambito delle proprie capacità; in effetti una risposta alla crisi attuale potrebbe essere rappresentata dai raggruppamenti di imprese, ancora poco diffusi. Se quattro o cinque imprese con le nostre stesse caratteristiche formassero un’impresa molto grande, il mercato provinciale diventerebbe regionale o nazionale e allora cambierebbero le prospettive. Ma chiaramente ciascun imprenditore dovrebbe mettere da parte la propria sete di protagonismo, collaborando per creare una nuova realtà.

Il pregiudizio che la piccola-media azienda artigiana sia locale, secondo ciò che lei dice, viene sfatato, perché oggi anche la più piccola azienda deve essere internazionale e intersettoriale...

Sì, soprattutto chi ha un prodotto di nicchia riesce molto meglio a intessere rapporti con tutto il mondo. In effetti il globo è ormai un’unica realtà, per quanto a volte sia difficile da comprendere e può diventare un’arma a doppio taglio, perché da un lato l’internazionalizzazione ci mette in contatto con altre realtà e ci apre a un mercato più vasto, dall’altro però fa crescere esponenzialmente la competizione. In Italia, il mercato delle imprese è ancora molto frazionato e spesso per alcuni imprenditori vale un vecchio motto degli anni ottanta “piccolo è bello”. Certo, aggiungo, ma solo se è anche funzionale e molto relazionato con il tessuto circostante.

Può dirci alcuni dei suoi obiettivi raggiunti o da raggiungere?

Noi abbiamo perseguito la capitalizzazione dell’impresa e questa strategia, unita a un mix di altre scelte, ci ha permesso di vincere il Premio delle Imprese Eccellenti. Premesso che bisogna fare chiarezza sui rapporti con il sistema bancario, occorre però che i nostri imprenditori perseguano l’obiettivo di capitalizzare la propria impresa, altrimenti il rischio è di avere realtà produttive non in grado di reggere la sfida dei mercati attuali. Occorre inoltre perseguire l’ottimizzazione delle risorse intellettuali e operaie, attraverso percorsi formativi adeguati. Spesso, però, le amministrazioni pubbliche non garantiscono il necessario per lavorare in condizioni ottimali: basti pensare a chi come noi si occupa di trasporti e, dovendo viaggiare molto, trova collegamenti vergognosi e un’inefficienza enorme in ambito urbano. Non solo, anche le reti telefoniche e internet nella nostra zona sono piuttosto carenti. Creare è importante, ma sviluppare l’esistente lo è ancora di più. Per questo sarebbe auspicabile una sorta di tavolo di lavoro tra i giovani imprenditori delle differenti associazioni – Confindustria, CNA e APMI –, in modo da mettere insieme cervelli e idee nuovi per dare impulso alle nostre imprese.