LA SICUREZZA ALIMENTARE IN CINA E NEL PIANETA

Qualifiche dell'autore: 
giornalista, esperto di usi e costumi della tradizione cinese e di sicurezza alimentare

Sono molto riconoscente agli organizzatori di questo avvenimento per l’occasione che mi viene offerta di parlare della sicurezza alimentare nel mio paese.

Più che soffermarmi intorno al contenuto del libro La sicurezza alimentare in Cina, parlerò dei motivi che mi hanno spinto a scriverlo. L’ho scritto non per attribuire responsabilità al governo cinese, ma per dare voce al popolo che consuma gli alimenti e per avvertire del pericolo insito nell’attuale insicurezza della produzione alimentare cinese.

Ho incominciato a scrivere il libro nel 2002 e l’ho terminato in quattro anni. Nel 2002, in un ospedale di Pechino, una bambina di sette anni mi ha raccontato che, in seguito alla diagnosi di cancro, la sua mamma aveva subito l’asportazione di un seno. Per curiosità, ho parlato con il dottore che aveva eseguito l’intervento e da lui ho saputo che un terzo dei tumori al seno e alle ovaie è provocato da un’alimentazione poco sana.

E questo risulta ancora più problematico se pensiamo che il contatto con il seno materno può considerarsi il primo approccio del bambino alla vita. L’idea del libro, in un certo senso, è nata da quell’incontro. Volevo far sapere che cosa accade in Cina e quali sono le conseguenze devastanti nel nostro organismo dell’uso sconsiderato di additivi, conservanti e sostanze chimiche assolutamente inadatte a essere utilizzate nella preparazione degli alimenti.

Come ricordava Giovanni Lercker, per dare alla marmellata un colore più vivace viene aggiunto il colorante. Ebbene, l’ottanta per cento dei coloranti utilizzati nel pianeta è prodotto in Cina. L’anno scorso, in una regione del sud-est della Cina, a seguito di un controllo, è stata bloccata l’attività dei produttori artigianali di coloranti, in quanto non certificati. Come conseguenza immediata, a Londra, il costo delle vitamine è aumentato del 25 per cento. Questo vuol dire che la produzione dei coloranti si avvantaggia del basso costo della manodopera cinese. Un altro motivo per cui i coloranti sono fabbricati in Cina è perché gli altri paesi così si liberano dei rischi connessi a prodotti altamente inquinanti come questi.

È un sistema non bilanciato, che dà luogo a incongruenze. Il pane prodotto da un’azienda italiana, per esempio, può avere tra i suoi ingredienti il grano, il sale e l’acqua italiani, però, magari, il lievito prodotto in Cina, sempre da quella stessa azienda, che ha insediato una fabbrica lì.

Ciò che viene prodotto in Cina, quando viene importato in Italia, non è più controllato perché esente, in quanto è considerato prodotto da una casa italiana. Questo avviene in tutti i paesi sviluppati, in Europa come negli Stati Uniti.

Per cambiare questo sistema non bilanciato dobbiamo liberarci del problema etnico. Il pianeta è ormai globalizzato, quindi diventa sempre più piccolo e sempre più collegato. La soluzione del problema non riguarda solo la Cina, ma l’intera umanità. Non spetta solo alla Cina fare uno sforzo. Io penso che occorra un aiuto reciproco fra i vari paesi del mondo.

Il mondo è come un albero, dove siamo tutti collegati: ciascun ramo e ciascuna foglia sono attaccati all’albero e, se cadono una foglia o un ramo, quella foglia o quel ramo rappresentano qualcuno che non c’è più.

Io spero, ma non ne sono sicuro, che la Cina diventi un ramo o una foglia più robusta di quello che è attualmente. Tuttavia, la questione dell’alimentazione dipende dalla determinazione del governo, ed è di questo che non sono sicuro.

Il mio augurio è che un miliardo e mezzo di cinesi faccia lo sforzo per risolvere il problema della propria insicurezza alimentare. Con il mio libro ho cercato di dare un contributo per far capire come stanno le cose e per agire con urgenza affinché la Cina diventi quanto prima un buon ramo e una bella foglia.