UN LIBRO PER LA CULTURA DEL RESTAURO
Facendo riferimento alle tre anime dell’attività del restauro, il libro di Lorenzo Jurina, Vivere il monumento. Conservazione e novità, mi porta a considerare alcuni “abiti mentali”: quello artistico-architettonico, palesemente presente; quello diagnostico, di analisi, di derivazione medica; e infine quello storico e storiografico. Non mi soffermo oltre su questi tre abiti mentali, ma, forse per ragioni personali – essendo ingegnere –, vorrei sottolineare quanto sono importanti nel testo di Jurina l’aspetto strutturale e quello impiantistico, che ci pongono di fronte a un’esigenza primaria nella realtà del restauro e del recupero della fruibilità dei monumenti e degli edifici.
E aggiungerei ai tre aspetti sottolineati l’importanza della cosiddetta impiantistica urbana. Pensiamo infatti a come si valorizzano i monumenti e i fabbricati di pregio con vari accorgimenti quali i percorsi luminosi differenziati nelle nostre città. Si tratta d’individuare all’interno della città itinerari con funzioni diverse, distinti mediante un uso consapevole dell’illuminazione. Esistono opportunità fornite dalla tecnica che ci consentono, grazie a percorsi luminosi, di guidare la nostra sensibilità anche di notte. Se una via commerciale richiede un’intensa illuminazione, una strada monumentale può essere distinta e valorizzata da un’illuminazione diffusa più discreta, all’interno della quale emergano i singoli monumenti o fabbricati di pregio posti in rilievo da luci caratterizzanti.
Vorrei ricordare altri due “abiti” utili al lavoro di restauro. Uno proviene dall’esperienza sul campo e serve innanzi tutto a identificare con precisione i problemi. Magari non altrettanto a trovare le soluzioni, ma per quelle ci sono la tecnica, la conoscenza dei materiali e molti altri fattori che concorrono alla riuscita del lavoro. Il secondo “abito” indispensabile consiste in una grande sensibilità. Indossare un abito che conferisce una grande sensibilità nello svolgimento di queste prestazioni è importante, ed è segno di civiltà, potrei dire di amore – una parola che non è mai eccessiva per questo lavoro – ma, ancor più, di “sana passione”. La passione non è l’usuale atteggiamento mentale del tecnico, caratterizzato maggiormente da un approccio razionale alle cose, ma coloro che operano nel settore sono spesso animati da un forte interesse per il passato, per il recupero, per la memoria, per le radici.
Per concludere il mio breve intervento, credo che si debba costruire una migliore cultura sugli argomenti affrontati dal libro di Jurina, una migliore cultura che comprende, sicuramente, una migliore preparazione di tutti coloro che si occupano di restauro, ma anche una maggiore divulgazione di queste tematiche presso il largo pubblico. In particolare, occorrerebbe una maggiore sensibilità da parte degli amministratori ai quali spesso compete il monitoraggio delle emergenze architettoniche presenti nel territorio e il reperimento delle risorse economiche per gli adeguati interventi. Non mi riferisco soltanto a quelli di Modena: io provengo dalle zone dell’Appennino modenese e rivolgo un pensiero specifico alle mie terre. L’obiettivo del restauro, del recupero funzionale è opportuno che non si limiti al monumento, al palazzo di pregio: voglio ricordare le capanne celtiche dell’Alto Frignano, le borgate ai piedi del monte Cimone, i mulini sparsi nelle nostre vallate, o la mitica via Vandelli, che congiunge Modena a Massa Carrara, attraversando l’Appennino e le Alpi Apuane. Ricordo il fascino del racconto dei nonni, quando narravano dei percorsi – che poi ho ripetuto anch’io –, vissuti come un vero e proprio pellegrinaggio, lungo questa via che tocca anche san Pellegrino dell’Alpe, luogo di devozione per tutto il territorio montano. Ritengo che anche questa via sia un monumento meritevole di tutte le attenzioni possibili. Ciascun monumento, in quanto realtà che vive tra passato, presente e futuro, merita la nostra attenzione.
Ringrazio nuovamente Lorenzo Jurina per questo suo libro, che accresce la nostra cultura e divulga la sensibilità, l’amore e la “sana passione” per il restauro.