I DISTRETTI INTERNAZIONALI PER L'ECONOMIA GLOBALIZZATA
La vita di una città del terzo millennio esige che quest’ultima non sia un contenitore di cose e persone, bensì un centro di eccellenza internazionale e intersettoriale, com’è stata Bologna nei secoli precedenti. Il declino o l’ascesa di una città è misurabile tramite la propria capacità di attrazione a livello internazionale?
Oggi l’economia bolognese appare incerta nell’individuare nuovi modelli di sviluppo che pongano al centro il turismo, il terziario e le nuove tecnologie. Il problema di Bologna, inoltre, è che non trattiene le risorse umane che l’università contribuisce a formare. Ma una città da cui si fugge, una città che convoglia soltanto masse di stranieri alla ricerca di speranza e assistenza, non ha sicuramente di fronte un futuro radioso.
Quando Bologna era la “Città delle Torri”, l’Europa passava attraverso i suoi canali. I motivi del suo successo sono sempre stati la centralità geografica ovvero il governo delle vie di comunicazione, unito alla cultura della sua Università e alla laboriosità della sua gente. La Bologna fluviale primeggiava in Europa nell’industria tessile sfruttando l’energia idraulica dei propri percorsi d’acqua. E, poiché tuttora questa città non ha particolari risorse naturali, è guardando al proprio passato che può proiettare il proprio futuro.
Allora, che cosa propone l’Associazione Bologna Capitale, per ridare a Bologna un ruolo internazionale?
Oggi a Bologna viene offerta una grande opportunità: la città potrà disporre di ampie aree (ex caserme militari), alcune situate in zone di forte appetibilità, come i viali di circonvallazione e il quartiere fieristico. Queste aree possono essere destinate alla creazione dei Distretti Internazionali, ovvero quartieri ad uso ufficio e terziario destinati alle imprese internazionali. È la grande occasione che abbiamo per riproporre Bologna al centro dell’Europa e del mondo. I distretti internazionali che propone la nostra Associazione sono una modalità di connessione permanente con l’economia globalizzata.
Localizzare a Bologna i quartier generali delle grandi imprese mondiali vuol dire immettere nella città economia, idee e cultura; essere on-line, essere costantemente guardati dal mondo e contestualmente osservarlo; riavere quel posto in prima fila oggi a noi non più riservato. Non chiediamoci perché le grandi aziende internazionali dovrebbero venire a Bologna, ma perché, quando si localizzano in Italia (e tutte le grandi imprese mondiali si localizzano in Italia) scelgono altre città piuttosto che Bologna.
Il marketing territoriale è lo strumento competitivo che Bologna può e deve usare per vincere il confronto con altre città. Suoi punti di forza sono e devono essere sempre più la centralità geografica, la rapidità e ampiezza delle connessioni, i centri logistici per persone e merci, i centri per la raccolta ed elaborazione dei dati informatici, le capacità formative e quindi la presenza di cervelli a disposizione di reti distributive, amministrative, di ricerca scientifica, da impiantare nel settimo paese industrializzato o nel grande mercato paneuropeo.
Lo strumento urbanistico è quello utilizzato in tutto il mondo per localizzare imprese estere: spazi riservati correlati a servizi dedicati e vantaggi insediativi, in un contesto moderno, tecnologico ed ecocompatibile, ma nello stesso tempo dal sapore antico, che conserva e valorizza la nostra storia e la nostra cultura.
Quindi, Bologna deve tornare a essere la “Città delle Torri”?
Certo, e occorre anche la riscoperta delle torri come tipologia edilizia compenetrata nella città, delle città nella città, con condivisione dei servizi fra gli ospiti internazionali e i cittadini bolognesi. E il meccanismo tecnico per avviare il processo d’insediamento vede ancora una volta come attore principale il mercato, quindi, senza nessuna spesa per il Comune e investimenti per 296 milioni di euro a vantaggio della città, con impieghi per 16.000 persone in modo stabile e qualificato.