LE NUOVE TECNOLOGIE E LE FIBRE DI CARBONIO: NOVITÀ CON PRUDENZA
Innanzitutto desidero ringraziare Lorenzo Jurina, che incontrai la prima volta nel 1999 durante un convegno a Milano, perché le sue preziose indicazioni mi aiutarono a comprendere le potenzialità di impiego delle fibre di carbonio nel recupero strutturale in edilizia. Da allora abbiamo messo grande passione nello studio e nella produzione di materiali ad alta tecnologia che fossero al tempo stesso innovativi e sicuri; la stessa passione che si percepisce leggendo il mirabile testo di Jurina Vivere il monumento. Conservazione e novità. Operiamo da molti anni nell’edilizia utilizzando materiali compositi.
Dunque, cosa sono e come si definiscono questi materiali compositi? Si potrebbe darne numerose definizioni, a livello di molecola, di matrice, di polimero, ma essenzialmente possiamo dire che si tratta di materiali costituiti da un cosiddetto rinforzo, che prende in carico la fibra, e da una matrice, che trasferisce i carichi della struttura alla fibra. Le matrici possono essere resine polimeriche, malte polimeromodificate, ceramiche, persino resine metalliche, mentre i rinforzi sono fibre di vetro, fibre di carbonio, fibre di alluminio e fibre cosiddette “lunghe”.
A partire dagli anni cinquanta, dopo che la chimica aveva creato le fibre tessili sintetiche (nylon, terital, poliesteri per filatura), nascono le fibre di vetro. Poi, intorno agli anni settanta, è la volta delle fibre di carbonio, di quelle di ceramica e di tutta una famiglia di materiali estremamente importanti, in grado di dare una risposta tecnologica avanzata alle nuove istanze del periodo. Ricordiamo che la competizione tra Stati Uniti e Unione Sovietica si spostava allora dal pianeta allo spazio, portando con sé l’esigenza di utilizzare materiali dotati di grande leggerezza, elevate proprietà meccaniche, elevata resistenza alla fatica e alta resistenza alla corrosione, che garantissero un’evoluzione tecnologica rapida e sicura. Il composito presentava il grande vantaggio della versatilità: a seconda delle esigenze e del progetto, poteva essere scelto un materiale differente, ottenendo soluzioni ad hoc. E non parlo di due o tre diverse tipologie, come accade con l’acciaio, ma di un numero molto più elevato.
Tra il 1988 e il 1993, abbiamo progettato e prodotto fibre per moto da corsa: le più importanti case motociclistiche (fra cui Yamaha, Ducati e Suzuki) montavano cerchioni in materiali compositi già nel 1990. Ma abbiamo progettato materiali anche per la nautica, come le vele in fibra di carbonio per la nota barca da competizione il Moro di Venezia, per la balistica (giubbotti anti-proiettile, elmetti e altri accessori), per lo sci.
I compositi specifici per l’edilizia nascono a metà degli anni ottanta in Giappone e negli Stati Uniti e negli anni novanta cominciano a essere studiati anche in Italia. Noi, come Ardea Progetti e Sistemi, abbiamo iniziato nel 1992, in collaborazione con l’Università di Bologna. L’impiego di questi materiali nelle nuove costruzioni presto si rivelò troppo oneroso per consentire un adeguato sviluppo industriale, mentre nella ristrutturazione in generale e nel restauro di edifici storici i costi erano assolutamente trascurabili; quindi ci concentrammo su questo tipo di applicazione.
Nel 2004, fu introdotta una normativa, a opera del CNR e di una commissione formata da centinaia di docenti universitari, che riguardava, oltre ai materiali compositi, i calcestruzzi e altri materiali di muratura. Considero l’introduzione di questa normativa un grande passo avanti in quanto, oltre alla distinzione e alla descrizione dei materiali, fornisce alcune indicazioni specifiche per il calcolo, sebbene manchi un riferimento preciso alle competenze tecniche specifiche richieste dall’uso di questi materiali, che invece è un punto di cruciale importanza. La scelta del tipo di fibra da utilizzare, infatti, dovrebbe essere effettuata in base alla prestazione che si vuole ottenere e non, come a volte accade, in base a criteri dettati dalla moda o dalla novità.
Tornando ai materiali, le fibre di carbonio possono essere unidirezionali o bidirezionali nei tessuti, ma possono anche essere prodotte in lamine cosiddette pultruse, già confezionate. Si possono poi utilizzare le fibre di vetro, cosiddette povere perché meno costose ma con possibili problemi di resistenza chimica e meccanica. O, ancora, abbiamo le fibre aramidiche, di prevalente utilizzo balistico, che hanno un’elevata capacità di assorbire le vibrazioni e di ammortizzare gli urti.
È importante considerare le grandi proprietà meccaniche che contraddistinguono i materiali compositi: il carbonio, per esempio, ha un carico di rottura cinque volte superiore a quello dell’acciaio, mentre la sua leggerezza è quattro volte maggiore. Inoltre, con spessori sottilissimi, si possono ottenere carichi formidabilmente elevati: un nastro di carbonio bidirezionale di tre decimi di millimetro, largo dieci centimetri, porta sei tonnellate: potrebbe sollevare un autocarro! La resistenza del carbonio alla corrosione acquista un’importanza tanto maggiore quanto più consideriamo che i ferri inseriti nelle strutture col tempo arrugginiscono, facendo esplodere i copriferri; per di più, il carbonio possiede anche un’alta resistenza alla fatica e una grande capacità di dissipare le energie di debordazione. Teniamo presente, e mi rivolgo soprattutto a progettisti e strutturisti, che lo stato fessurativo di un componente trattato con le fibre di carbonio si riduce enormemente, e il miglioramento si apprezza anche a colpo d’occhio.
Infine, consideriamo la non invasività e la reversibilità che un intervento con queste fibre offre e, non da ultima, la grande facilità in fase di messa in opera.