LA SOLIDARIETÀ, LA FAMIGLIA, LA STRADA DELLA RIUSCITA
Oggi lei presiede la Cramaro Italia, azienda leader europea nel settore delle coperture per veicoli industriali e non solo. Ma le sue radici imprenditoriali partono da lontano, se è vero che è stato uno dei soci fondatori di quello che poi è diventato il Gruppo cooperativo paritetico Promozione Lavoro, la più grande società cooperativa di lavoro in Italia, con quasi duemila dipendenti...
La prima esperienza della cooperativa di lavoro è nata intorno al 1984 – un periodo di grande crisi per le aziende di vari settori –, da un gruppo di amici che aveva una sensibilità politica legata al mondo cattolico a San Bonifacio, in provincia di Verona, un paese di dodicimila abitanti, con una lista di disoccupazione che allora era arrivata a seicento persone. Con la cooperativa abbiamo cercato di dare una risposta concreta a un problema altrettanto concreto.
Un’esperienza che comunque io ho lasciato dopo due anni, per iniziare un’attività commerciale in proprio, nel settore industriale delle vernici, dei diluenti e di altri prodotti simili. Sempre in questo contesto, mi sono poi interessato all’alluminio: in particolare avevo conosciuto una ditta di Ravenna che produceva le sottostazioni elettriche in alluminio. All’epoca, quando l’energia elettrica arrivava nelle città, veniva convogliata in sottostazioni in cui erano allocati trasformatori che amplificavano l’energia e la portavano nelle case. Circa vent’anni fa, però, grandi ditte come la Siemens hanno creato una nuova tecnologia che, al posto delle sottostazioni, che occupano troppo spazio, utilizza vari dispositivi all’interno di un sistema di moduli in alluminio. Da qui è partita un’ulteriore progettazione, da cui è nata una società, la ALKOM, che ho costituito con un gruppo di amici. L’attività era divisa in due settori: una divisione produceva tubi per l’elettromeccanica, sottostazioni con saldature di alta qualità, lavorazioni con certificazioni internazionali, con clienti importanti in tutto il mondo; nell’altra divisione, quella dei trasporti, la nostra azienda è stata tra le prime a produrre componenti per i cassoni e le coperture dei camion in alluminio, con i conseguenti vantaggi in leggerezza e resistenza alla corrosione e alla rottura. All’inizio i sacrifici sono stati tanti: lavoravamo in un’unica stanza fino a tarda sera. Ma se oggi, a distanza di tredici anni, siamo cresciuti fino ad avere 60000 mq di superficie di lavorazione è anche grazie agli sforzi compiuti.
Gli amici, quindi, sono stati importanti nelle sue avventure imprenditoriali. E la famiglia che posto occupa nella formazione dell’imprenditore?
Ritengo che dalla mia famiglia io abbia ricevuto la base di tutta la mia formazione. Mi ha trasmesso valori come la solidarietà e il lavoro come valore primario, non visto come mero sacrificio. Ritengo che il valore del lavoro sia veramente il più importante, gli altri vengono di conseguenza. E solo a partire dall’interesse nel lavoro si creano poi altri interessi, di tipo culturale, sportivo e così via. Anzi, credo che questi interessi siano indispensabili per creare maggiore sensibilità nel lavoro.
Chi viene a lavorare nella nostra azienda deve trovare qualcosa della famiglia, nel senso che deve trovare occasioni di parola non solo nelle riunioni ma anche nei momenti più disparati della giornata: la formazione non è qualcosa che possa avvenire sulla carta, ma nelle situazioni più impensate, mentre si fa un viaggio o quando si deve affrontare una difficoltà. Inoltre, la formazione non può avvenire specializzandosi su un solo compito: qualunque sarà la mansione che dovrà svolgere chi incomincia a lavorare con noi, deve trascorrere da una settimana a due mesi in tutti i reparti per imparare i differenti aspetti del lavoro. Quello che trascorre il periodo più lungo nei vari reparti è il responsabile commerciale perché deve capire come funziona l’azienda per venderne i prodotti.
È un modo perché possa valorizzare l’esperienza che deve poi promuovere.
Tornando alla mia formazione, come dicevo, è stata importante soprattutto l’esperienza nella famiglia, dove non sono mancati i sacrifici e le rinunce, anche se c’era sempre la massima libertà. C’è stata poi l’esperienza della strada, i ragazzi s’incontravano sulla strada e tutto avveniva lì: giocare, andare in bicicletta, affrontare piccoli e grandi problemi della vita. Oggi, con il traffico e i problemi di sicurezza che sono intervenuti a tutti i livelli, sarebbe impossibile. Negli anni successivi, la formazione si è svolta sul terreno del lavoro, soprattutto nei primi tempi, di grande difficoltà, in cui occorreva stringere i denti: con la nostra Alfa Romeo 33 facevamo visita ai clienti di tutt’Italia. Abbiamo lavorato tanto, abbiamo discusso tanto, ma non ci siamo lasciati fermare dalle avversità: con il risultato che oggi abbiamo filiali in Francia, Spagna, Germania, Ungheria, Cina e quest’anno abbiamo realizzato importanti lavorazioni anche in India, Bulgaria e Gran Bretagna. Inoltre, abbiamo unificato la divisione industriale e quella dei trasporti, ma quella industriale ora comprende anche il settore del fotovoltaico, frutto della volontà di portare l’alta tecnologia all’interno della nostra produzione.
Avete navigato in direzione della qualità! E a volte è intervenuta la Provvidenza: soprattutto nei momenti in cui la burrasca sembrava prevalere...
Sì, abbiamo navigato in direzione della qualità, ma non bisogna mai dimenticare dove si è nati e cresciuti. Non è interessante il materialismo diffuso che, invece, ci porta a dimenticarlo. Il riferimento alla Provvidenza non è necessariamente religioso.
Oggi alcuni popoli stanno riscoprendo e valorizzando le loro tradizioni per rafforzare il loro presente. C’è una trasformazione molto forte, un rinascimento in vari ambiti. E tuttavia non basta un rinascimento che si limiti alla ricerca, occorre coltivare anche i valori spirituali, altrimenti il passo per tornare al medioevo è breve.