IL VINO E LA SALUTE

Qualifiche dell'autore: 
farmacologo e ricercatore del Dipartimento di Morfologia Umana dell'Università di Milano, presidente della Commissione "Vino, Nutrizione e Salute" dell'OIV

In un congresso che discute, fra gli altri argomenti, di un fenomeno da scongiurare, come le dipendenze da alcol sui luoghi di lavoro (XXI Congresso Nazionale ANMA-Associazione Nazionale Medici d’Azienda e Competenti, Castel San Pietro, 29-31 maggio 2008), che cosa può dirci invece dei vantaggi per la salute che provengono dal vino?

È ormai risaputo che l’assunzione moderata di vino previene l’insorgenza delle malattie cardiovascolari. Ma, vediamo quali sono le basi biologiche di tale meccanismo. Non basta dire che è merito degli antiossidanti, perché non sono un’esclusiva del vino: se vogliamo un antiossidante, un polifenolo, una catechina, per esempio, beviamo del the; se vogliamo una quercitina, mangiamo una zuppa di cipolle; oppure, se vogliamo un kemferolo, mangiamo una zuppa di cavoli; e così via. Frutta e verdura possono sostituire tranquillamente tutti gli antiossidanti presenti nel vino, tranne uno: il resveratrolo. Ma esistono altre vie nella dieta attraverso le quali si può assumere il resveratrolo? Le noccioline americane, per esempio, ma bisognerebbe mangiarne circa quattro chili al giorno e non sarebbe particolarmente salutare. Poi, negli USA esistono pillole che contengono resveratrolo, però hanno un prezzo abbastanza elevato. L’uva contiene il resveratrolo nella buccia, ma non viene assorbito, è una molecola liposolubile, a basso peso molecolare, che ha bisogno di una piccola matrice che possa scioglierla. Ebbene, questo è proprio ciò che fa l’etanolo contenuto nel vino. Ma quale vino? Quale vino diamo al volontario sano che fa la sperimentazione? Quale vino bevono le centinaia o le migliaia di pazienti studiati? Potrebbe non contenere il resveratrolo?

Questo pone un problema non piccolo, quindi, nelle sperimentazioni, occorre la caratterizzazione del vino.

C’è chi sostiene che non basti un consumo moderato di vino per assorbire le quantità di resveratrolo necessarie...

Uno studio che abbiamo condotto l’anno scorso al Policlinico Umberto I di Roma ha confermato che le persone che assumono mezza bottiglia di vino a pasto per quindici giorni ottengono una protezione adeguata rispetto alle patologie cardiovascolari.

Diverse pubblicazioni riportano i risultati di sperimentazioni che utilizzano tassi massimi di resveratrolo di un micromolare. In quei casi non è riscontrata un’attività antiossidante, ma un’attività antiaggregante piastrinica e un’attività sui mitocondri.

Nel suo intervento al congresso, lei ha sostenuto che anche il vino bianco ha qualche vantaggio per la salute...

È stato riscontrato che il resveratrolo aumenta anche in seguito all’assunzione di vino bianco. Eppure, nel vino bianco non c’è resveratrolo. Allora, se riflettiamo, troviamo che questo avviene per effetto dell’interazione dei polifenoli liposolubili presenti nella dieta. Non possiamo dire che un bicchiere di vino da solo faccia bene, ma – se il medico lo consente – un bicchiere di vino fa bene nel contesto di una dieta di tipo mediterraneo. La miscela di mono e polifenoli funziona sinergicamente. Spesso mi viene chiesto se allora il vino bianco in sé serva a qualcosa. Certo, da solo, non contribuisce all’aumento del resveratrolo, ma non bisogna dimenticare che nel vino bianco è presente un’altra categoria di antiossidanti, i monofenoli, che sono molto potenti e funzionano a dosi nanomolari. Sono gli stessi che possiamo trovare nell’olio extravergine di oliva e sono responsabili della sua attività benefica.

Allora, ci chiediamo come mai non se ne parli. Perché questi composti sono soltanto nell’extravergine e la grande industria non ha nessun interesse a promuovere un prodotto che vende in quantità limitate. Presto però saranno pubblicati i dati di grande interesse emersi dalle prove in vivo che alcuni colleghi americani hanno effettuato con il vino bianco. Anche all’Università di Pisa stiamo conducendo uno studio clinico su una cinquantina di volontari e pazienti nefropatici sotto stretto controllo medico e stiamo avendo risultati strepitosi. Ripeto, sotto controllo medico, con vino bianco. Quindi, non ci affrettiamo a dire che non serva a niente.

Che cosa pensa dell’obbligo, che entrerà in vigore dal 1° giugno 2009, di indicare in etichetta i prodotti potenzialmente allergenici?

La campagna d’informazione sul vino non deve limitarsi agli effetti distruttivi legati all’abuso di alcol, bensì allargarsi anche ai numerosi benefici influssi legati al consumo moderato. L’Italia sta subendo pressioni internazionali legate a motivi economici, in particolare da parte dei paesi non produttori di vino, le cui abitudini alimentari sono diverse dalle nostre.

Sulle bottiglie del prossimo futuro saranno sempre più presenti informazioni riguardanti i possibili rischi per la salute, ma nelle commissioni a cui partecipo ricordo sempre che un’etichetta non potrà mai sostituire un medico. Se dovessimo fare tutto l’elenco dei rischi legati al consumo di alcol, come raccomanda l’Organizzazione Mondiale della Sanità, servirebbero otto etichette, non una soltanto. Ecco perché ribadisco che il medico di base è il referente principale per la salute di ciascuno, è lui che deve decidere e sull’etichetta basterebbe scrivere, come hanno proposto nel Regno Unito: “Rivolgiti al tuo medico”.

È una battaglia che ha molti risvolti e in cui la stampa dovrebbe avere un ruolo decisivo. A volte, invece, sembra che remi in senso contrario. Se, già nel 2002, infatti l’OMS aveva dichiarato che il 17 per cento della popolazione della regione europea del Pacifico del Sud Australia non viene ricoverato per malattie cardiovascolari grazie al moderato consumo di alcol – io dico: di vino –, come mai questi dati ancora oggi non sono ampiamente diffusi come meriterebbero?