L'ASCENSORE CHIAVI IN MANO

Qualifiche dell'autore: 
presidente della Abitel Ascensori, Bologna

Lei lavora da oltre trent’anni nel settore dei sistemi di sollevamento – ascensori, montacarichi e piattaforme elevatrici. Nel 1996, ha fondato la Abitel. Quali sono stati i motivi che l’hanno portato a questa nuova esperienza imprenditoriale?

Abitel è nata per dare una risposta all’esigenza della clientela di avere un interlocutore unico per l’installazione di un ascensore in una casa o in un condominio. La consuetudine era quella d’interpellare diverse realtà produttive, come il progettista, il direttore dei lavori, il fabbro, il muratore, l’elettricista e l’ascensorista. Spettava all’amministratore o al singolo condomino reperire queste figure professionali o lasciarsi consigliare dall’ascensorista, che era comunque il punto di riferimento. Abitel si è posta l’obiettivo di divenire interlocutore unico per l’intera operazione d’installazione degli ascensori.

Un altro aspetto importante su cui abbiamo puntato, con Abitel, è quello del servizio personalizzato. Non ci proponiamo né come venditori né come fornitori dell’ascensore, ma come collaboratori. Il nostro interlocutore è il singolo proprietario che decide di risolvere il problema del collegamento tra più piani. Noi ci occupiamo dell’installazione e della successiva manutenzione, in modo da garantire il servizio nel tempo. Ci siamo trovati a percorrere questa strada quando, alla fine degli anni novanta, si è imposto un prodotto nuovo: la piattaforma elevatrice, ovvero il piccolo ascensore domestico che consente di superare uno o più dislivelli per singola abitazione. Abbiamo creduto fin da subito in questo prodotto, al punto che oggi rappresenta quasi il cinquanta per cento del fatturato di Abitel.

Uno dei punti di forza di Abitel è l’assoluta affidabilità garantita al cliente puntando non solo sulla qualità delle strutture tecniche, ma anche sull’attenzione costante e sul coordinamento dei vari aspetti del progetto. Lei è tra i primi, in questo settore, ad aver inventato la formula “servizio chiavi in mano”. Si direbbe che per lei il servizio sia essenzialmente una questione di parola...

Si tratta di ascoltare l’esigenza dell’utilizzatore finale, valutare il prodotto più idoneo e poi mantenerlo nel tempo, con la possibilità di adeguarlo e di personalizzarlo. Il mercato, oggi, impone sempre più spesso modelli standardizzati. Se cadiamo nella logica della standardizzazione, perdiamo la filosofia di cui ho parlato prima. Piuttosto, puntiamo a creare l’abito su misura che non sia d’alta moda, con costi inaccessibili, ma semplicemente il prodotto composto dagli elementi che servono a dare un mezzo da utilizzare al meglio, secondo le particolari esigenze del cliente; un prodotto che, inoltre, consenta di essere adeguato, modificato o migliorato nel tempo, ove questo sia possibile, proprio perché teniamo conto del fatto che le esigenze cambiano. Se mutano le condizioni, dobbiamo essere in grado di adeguarci, uscendo dallo standard, pur rimanendo all’interno degli elementi produttivi standardizzati. Sembra un gioco di parole, ma in pratica vuol dire che occorre standardizzare il processo, non il prodotto. Questo consente di avere sempre gli stessi step, al cui interno, però, cambia la natura del prodotto. In questo modo, il risultato finale è l’abito fatto su misura, senza costi proibitivi.

Nel suo modo di lavorare lei tiene conto, ciascuna volta, dell’interlocutore. Questo è notevole. Ci chiediamo se, nonostante lei lavori nel settore meccanico, dove tutto sembra dipendere dall’efficienza tecnica, nel caso di Abitel si tratti soltanto d’installare un buon impianto o, piuttosto, di offrire un altro servizio...

Il nostro interlocutore è il privato, con le sue esigenze differenti riconducibili, però, alla stessa esigenza di migliorare l’accessibilità ai piani. Partendo da questo, noi, innanzi tutto, ascoltiamo il cliente. È devastante voler piazzare un prodotto e fare di tutto per condurre il potenziale cliente sulla propria strada. Invece, io ascolto ciò che il cliente vorrebbe realizzare, quindi lo consiglio su quella che tecnicamente potrebbe essere la soluzione migliore, mantenendo una grande apertura anche rispetto alle esigenze estetiche particolari.

Gianni Alberoni non ha mai smesso di fare progetti. Quali sono i progetti di Abitel per l’avvenire?

Il futuro prossimo è volto al passato. Chi non conosce la propria storia e chi non la tiene in considerazione non può progettare il futuro. Una rapida analisi del mercato mi ha portato a fare alcune considerazioni. Il boom del mercato ascensoristico c’è stato negli anni settanta. Subito dopo la guerra, negli anni cinquanta e sessanta, sono stati montati pochissimi ascensori, l’esigenza primaria era costruire l’alloggio per chi non l’aveva. Allora, la prima attività di Abitel è stata quella d’inserire gli ascensori là dove non erano previsti. Il boom degli anni settanta ha portato a pensare all’ascensore come a qualcosa che fosse piccolo e che occupasse il minor spazio possibile. In quegli anni, era ancora considerato un lusso. Oggi, l’ascensore è obbligatorio per legge e dev’essere adeguato al superamento delle barriere architettoniche. Sono in funzione migliaia d’impianti, installati all’epoca, che, oltre a essere obsoleti, avendo già lavorato per trenta o quarant’anni, non sono fruibili dalle persone con ridotta capacità motoria. Oggi, noi ci proponiamo di sostituire integralmente gli ascensori esistenti, sfruttando gli spazi a disposizione e utilizzando le tecnologie che nel frattempo sono state sviluppate: macchinari con minore impatto ambientale, quindi con bassi consumi, e materiali nuovi, molto più leggeri.

Abbiamo iniziato questa campagna da circa un anno e mezzo. Il futuro c’indica di andare incontro alle nuove esigenze di movimento e di garantire un risparmio energetico. Ecco perché possiamo dire che guardiamo indietro per guardare avanti.