UN NETWORK PER LA RIABILITAZIONE
Intervista di Anna Spadafora
Con i suoi centri Isokinetic in tutta Italia, lei ha organizzato un dispositivo imprenditoriale per la cura e la riabilitazione. Ma qual è l’innovazione nel vostro approccio con il cliente?
Il nostro approccio parte da una frase: non curiamo l’articolazione, ma una persona che ha problemi di articolazione. Quindi, è un approccio che non è basato sull’esclusiva cura della patologia in oggetto, ma sulla comprensione di quanto essa influisce sulla vita del cliente. Quando un cliente accede alle nostre strutture, si trova di fronte a un medico che, prima di tutto, analizza l’aspetto clinico, con l’aiuto degli strumenti a disposizione, poi analizza il modo con cui il programma terapeutico può inserirsi nella vita del cliente: che mestiere fa, quanto tempo e denaro può dedicare alle cure, quanto impegno la sua famiglia può dedicare alle sue cure, se può guidare la macchina, se deve prendere un taxi o un mezzo pubblico per recarsi alle strutture. E, soprattutto, facciamo attenzione che il cliente abbia la tensione, la grinta e la motivazione per seguire fino in fondo il percorso terapeutico.
Questo per quanto riguarda il momento di entrata nella struttura.
Poi, durante le varie fasi di cura, lavoriamo molto anche sull’atmosfera, per creare un ambiente che dal punto di vista della comunicazione dell’immagine sia curato: ci sono cose impalpabili, imponderabili, ma che fanno parte del nostro modo di vivere e che si percepiscono. Per questo, la nostra attenzione non si limita alle attrezzature altamente tecnologiche o all’alta preparazione dei nostri educatori, ma va in direzione della qualità dell’ambiente.
Ma voi constatate che, nel momento in cui qualcosa non va nella comunicazione, c’è un arresto anche nel percorso di guarigione?
Qualcosa s’inceppa e bisogna evitarlo. Ma è estremamente difficile.
Tutto ciò di cui ho parlato è ciò che tentiamo di fare, a volte ci riusciamo e a volte meno. La difficoltà è amplificata dal fatto che oltre cento persone lavorano in cinque strutture di città differenti e ciascuna struttura è composta da equipe di medici, educatori e receptionist.
Pertanto, queste persone devono essere estremamente coordinate fra loro secondo un know-how comune, per cui in ogni struttura si deve lavorare allo stesso modo. Si capisce perché la comunicazione diventa un elemento essenziale di tutta la nostra attività e perché investiamo moltissimo in questo aspetto. Apro una parentesi sul nostro Centro Studi.
Quando abbiamo deciso di andare oltre Bologna, di aprire strutture in altre città – in questo momento siamo a Milano, a Torino, a Cortina e a Verona –, abbiamo pensato che una delle cose più importanti da fare era dotarsi di una propria scuola di formazione interna, in modo tale che il personale e i collaboratori fossero non solo preparati dal punto di vista tecnico, grazie alle scuole frequentate, ma che conoscessero il nostro know-how e il nostro modo di lavorare.
Per questo abbiamo costituito un dipartimento interno con docenti, aule e attrezzature didattiche, che serve alla formazione e all’aggiornamento in tempo reale.
Non dimentichiamo che la medicina sta andando avanti a un ritmo velocissimo, quindi, le innovazioni devono essere immediatamente lette e comprese per poi essere inserite all’interno di una modalità di lavoro che è stata formalizzata: questo è ciò che fa il nostro Centro Studi.
Da dodici anni esso organizza grandi congressi, con ospiti da tutto il mondo, ma, oltre a questi grandi eventi, in ciascuna città organizziamo momenti di comunicazione anche con un pubblico non specialistico: in questi giorni a Bologna stiamo facendo alcuni incontri con i medici di famiglia, a Milano e a Torino abbiamo tenuto alcuni incontri con i responsabili di società sportive.
Il vostro non è un metodo localistico…
Tutto parte dalla mia esperienza. Dopo la laurea, circa vent’anni fa, ho fatto un’esperienza professionale negli USA, ho lavorato con il professor Dillingham, della Standford University, che era anche medico della squadra di football di San Francisco e che mi ha dato molto dal punto di vista culturale e professionale, mi ha fatto comprendere un certo tipo di mondo con cui ho mantenuto i contatti negli anni e li mantengo tuttora.
L’anno scorso ero in Australia, dove sono andato a trovare colleghi che fanno un mestiere come il mio, oggi pomeriggio abbiamo un ortopedico giapponese in visita alla nostra struttura di Bologna. Il carattere internazionale permea tutta la nostra attività, noi siamo fortemente coinvolti in questo processo di crescita del settore, quello dell’educazione sportiva.
Molte persone dicono che Isokinetic è in grande sviluppo, ma io ritengo che sia così per l’intero settore.
In questi ultimi anni è cresciuta l’incidenza della scuola italiana nel mondo, forse perché lo sport professionistico in Italia è un fenomeno molto rilevante e quindi c’è tanta energia e voglia di fare. Se penso a quando sono tornato dagli USA, mi accorgo che oggi il gap che ci separa dagli altri paesi è molto piccolo. E questo mi dà molta gioia.