LE DUE VIE DELL'ACQUA

Qualifiche dell'autore: 
presidente di A.I.M.A.G. S.p.A. (Mirandola)

Intervista di Anna Spadafora

Qual è il vostro modo di operare nel settore dell’acqua come servizio ai cittadini?

Noi abbiamo lavorato molto sul concetto di servizio idrico integrato, cioè l’intero ciclo che va dal prelevamento dell’acqua potabile all’immissione nelle condutture, agli usi civili e industriali, al recupero dell’acqua di scarto, con tabelle di compatibilità nel sistema fognario, alla depurazione e infine all’immissione nella rete, nel nostro caso di bonifica, ma comunque esterna a tale ciclo. La nostra Azienda lo pratica già su tutto il suo territorio servito, per circa duecentomila abitanti. La ragione non è solo di tipo industriale o ambientale, ma sta nel fatto che nel nostro rapporto con gli utenti, singoli cittadini, imprese e opinione pubblica, è molto importante il modo in cui si percepisce il servizio idrico connesso non solo alla fornitura ma anche ai trattamenti conseguenti, perché nell’opinione pubblica c’è moltissima attenzione alla qualità dell’acqua fornita e un po’ meno alla modalità attraverso cui essa viene restituita all’ambiente in modo compatibile. Invece è importante che l’abbondanza sia un criterio interiore – sapere che quando l’acqua occorre c’è – non un criterio esteriore – pensare che ci sarà sempre comunque –; e restituire l’acqua all’ambiente significa che poi da lì incomincia un altro ciclo, che non riguarda direttamente gli usi civici, ma il fatto che non si accumulino nell’ambiente sostanze non tollerabili. È chiaro che il vero depuratore è il sole, il quale, facendo evaporare l’acqua, comunque assicura le fonti dell’acqua pulite. Ma non altrettanto possiamo dire dell’ambiente che usa le nostre acque di scarto, perché lì, se si accumulano sostanze non tollerabili, il danno è notevole.

Oltre a questi segmenti del ciclo idrico integrato, Aimag ha aperto un quarto settore, l’acquedotto industriale, che prende acqua a valle del depuratore, acqua già disponibile per i canali di raccolta e di bonifica, la recupera e, dopo un ulteriore trattamento per inertizzarla, la restituisce alle aziende. Questo apre un ciclo secondario in quello primario. Selezionare l’acqua in funzione degli usi dà una garanzia maggiore in caso di crisi idrica. D’altra parte è il progetto a cui tutti dobbiamo lavorare per costruire progressivamente una seconda rete sul territorio, quella dell’acqua per usi non potabili: per annaffiare i giardini, per le pompe antincendio, per gli impianti industriali, e così via.

Ma questo secondo ciclo l’Aimag l’ha già avviato?

Attualmente la rete interessa le tintorie di Carpi, ma può essere estesa a tutte quelle attività di produzione non di tipo alimentare che possono usare acqua trattata ma non potabile.

In questo numero della nostra rivista ospitiamo un’intervista a Riccardo Petrella, che fa una battaglia affinché l’acqua sia considerata sempre più un bene pubblico mondiale. Qual è l’apporto che secondo lei può dare un uso intelligente dell’acqua a questa battaglia?

Il fatto che la pianura Padana sia molto ricca di acqua, per di più di buona qualità, anche se un po’ dura, può portare a una percezione dagli effetti negativi, cioè può far pensare che comunque ci sia abbondanza. Ma questa abbondanza può comportare che si sottovaluti il significato di aggregazione di un bene come l’acqua per una comunità. L’Aimag, tra l’altro, partecipa a un progetto in Kenya per la costruzione di un acquedotto che rifornisce sedici villaggi, lo facciamo perché troviamo una percezione che non sempre riusciamo ad avere qui: l’acqua e l’aria sono cose importantissime per l’aggregazione di una comunità e sapere che l’acqua è disponibile, che è controllata, che tutti i processi, non solo rispondono a norma, ma assicurano la massima tutela degli utenti, è un fattore che lascia tranquilla la comunità. Se però la lascia troppo tranquilla, quasi fino a farle pensare che sarà sempre così, allora possono nascere i problemi, sia sul fronte dell’inquinamento sia sull’uso non appropriato di acqua di buona qualità per processi produttivi che non ne hanno bisogno. Ma, come ha dimostrato l’ultima estate in cui mutamenti del clima possono ridurre significativamente la quantità di acqua a disposizione, ci sono segnali che spostano l’attenzione dell’opinione pubblica.

Noi teniamo molto alla comunicazione verso le scuole, perché una società di natura, che inquina poco, può anche avere dell’abbondanza dell’acqua una certa tranquillità, ma una società altamente industrializzata e antropizzata come quella dell’Emilia e della pianura Padana, non può considerare l’acqua, come l’aria, un problema risolto per sempre.

La nostra preoccupazione è che non appaia una risorsa sempre a disposizione. Può esserlo, ci sono tutte le condizioni perché lo sia, però è importante che sia usata con competenza, trattata di conseguenza, ma anche valorizzata da chi la usa.

Il mutamento climatico è un problema?

Prima avevamo piogge abbondanti in primavera e in autunno e periodi più secchi in estate e in inverno e questo faceva sì che il nostro sistema di drenaggio delle acqua – noi siamo prevalentemente area di bonifica – potesse funzionare in tarda primavera e in estate come sistema d’irrigazione e quando pioveva come sistema di drenaggio e bonifica. Oggi, con il mutamento del clima, con il fatto che ci sono temporali molto intensi e localizzati anche d’estate, si sovrappone l’esigenza d’irrigare l’agricoltura con quella di drenare le acque in eccesso del territorio. E quindi negli anni scorsi si è aperto il problema che anche la rete di scolo dei nostri territori deve essere pensata non più per regimi idrici e metereologici quali quelli di vent’anni fa, ma per eventi metereologici molto intensi anche nel periodo estivo quando i canali sono già pieni di acqua per l’irrigazione. Questo dimostra che il problema dell’acqua non è mai risolto una volta per tutte.