DEMOCRAZIA E GIUSTIZIA

Qualifiche dell'autore: 
consigliere della Regione Emilia Romagna

Grazie al presidente del Circolo Kairòs che ha avuto la bella idea di organizzare questa serata con un ospite molto importante, che ha dimostrato, in molti passaggi della sua vita e della sua attività professionale, di andare contro corrente e di essere in grado sempre e comunque di dire il suo pensiero sulla realtà delle cose. Questa modalità, trasposta in un settore quale quello della giustizia in Italia, gli ha anche creato non pochi problemi. Da questi problemi però Giancarlo Lehner ha saputo trarre uno spaccato interessantissimo della vita della magistratura e della giustizia in Italia, in quanto, essendo egli stesso stato sottoposto alle cure di un rito che possiamo definire ambrosiano, com’è stato anche già più volte definito in questi anni di scontro tra i poteri dello Stato, ha avuto anche l’opportunità, attraverso gli atti processuali che ha potuto leggere e avere in mano, di rendersi conto di tutta una serie di episodi che sono stati trasposti nelle sue opere.

Lehner viene dal mondo dell’insegnamento, è uno storico, uno scrittore, un giornalista, è stato redattore dell’“Avanti”, scrive sul “Giornale”, ha prodotto diversi saggi e molti libri interessanti. Ha anche recentemente dato alle stampe una rivista a carattere scientifico molto interessante che tratta proprio questi argomenti, “Il giusto processo”. La lettura dell’ultimo suo libro, Storia di un processo politico, è stata interessantissima per me che ho una formazione di tipo scientifico, perché l’autore si attiene al criterio della documentazione, nel senso che le analisi e le interpretazioni si basano su documenti in parte anche riportati nel testo.

A proposito della giustizia, mi è parso estremamente interessante un passo riguardante un personaggio che in Italia suscita amore e odio e che, per sua stessa ammissione, è dissacrante, non avendo mai smesso di utilizzare il piccone: Francesco Cossiga. Allora, Cossiga scrive al Presidente Ciampi: “Signor Presidente, Le scrivo per dirLe che considero pericolosa assai la manifestazione o, dati gli animatori, il girotondo del Palavobis di Milano, condotta più con lo stile di Pavolini e di Goebbels che con lo spirito democratico e popolare di manifestazioni di massa degli ahimè ormai estinti partiti della Dc o del Pci. Questo evento mi ha addolorato: perché vedo da parte del popolo di sinistra intossicato da una mistura indecente e maleodorante di giacobinismo da strapazzo e di reazionarismo forcaiolo, di «buffoni» ex collaborazionisti dei nazisti o da incolti ex magistrati, cui la decenza morale e la prudenza personale, se ce l’avessero, dovrebbero consigliare il silenzio.

Ma sopra tutto i fatti dell’altro ieri mi hanno angosciato: ho infatti sentito e poi letto giudizi sulla situazione politica, sulla classe dirigente e sul Governo, che già io lessi e udii quand’ero ministro dell’Interno e partecipavo a non so più quanti funerali di magistrati, giornalisti, politici, poliziotti, carabinieri, guardie di custodia e semplici cittadini, e vedevo anche cadere, per legittima mano dello Stato, tanti giovani illusi da funeste utopie rivoluzionarie. Furono «parole di piombo» che, sconsideratamente pronunziate per incosciente demagogia anche in cortei sindacali e politici, furono le sementa del terrorismo”.

Credo che questo sia veramente un passaggio molto interessante. Lehner naturalmente analizza questo testo e lo inserisce in un contesto molto particolare, però qui siamo in Emilia Romagna ed è particolarmente interessante la lettura di questa riflessione di Cossiga.

Questa è la terra in cui è stato ucciso il professor Biagi, perché collaborava con questo governo, è la terra dove diverse trame conducono al nostro capoluogo, rispetto alle attività eversive delle Brigate Rosse. Non dimentichiamo che questa è la terra in cui nacque un nucleo importante, parlo di Renato Curcio e di alcuni altri, che ebbero in qualche modo una comunità che certamente non poteva definirsi solo di studio in quel dì recente. Ecco allora che anche alcuni fatti, e vengo all’attualità di oggi, che si stanno purtroppo verificando, ci riconducono a questa riflessione.

È sotto gli occhi di tutti che in Italia esista un problema giustizia, problema che possiamo in qualche modo suddividere in due filoni. Uno è quello organizzativo dell’efficienza e dell’efficacia, sul quale possiamo certamente discutere: si tratta di una discussione che può interessare anche i politici, ma concerne sopra tutto i tecnici della giustizia. L’altro è un problema assai più grave, perché riguarda la nostra democrazia ed è quello di una certa invadenza, ampiamente dimostrata da molti fatti di cui scrive Lehner, di un potere rispetto a un altro potere.

Questo credo che sia l’aspetto più grave, quello che può veramente minare alla radice la democrazia di questo paese. Esso è il risultato, il frutto, di un’operazione che è stata scientificamente condotta negli anni e che ha raggiunto il culmine quando, per mano della magistratura, è stata demolita l’architettura dei partiti italiani che storicamente hanno consentito a questo paese di non subire l’onta del comunismo, di vivere in pace per tanti anni anche nel progresso. La magistratura è riuscita a cancellare tutta questa storia e dobbiamo ringraziare la discesa in campo del Presidente Berlusconi, che, con la sua caparbietà e volontà di resistere, ha infranto un disegno criminoso.