L'ASSOLUTO DEL FARE
Per focalizzare qualche aspetto di questo libro così interessante, Ars combinatoria, di Aldo Trione, che si muove tra la filosofia, l’estetica e l’intrigo delle poetiche, potremmo delineare due polarità di una teoria generale della poesia: da una parte, una ripresa molto attenta di una stagione della cultura occidentale che potremmo inscrivere nella espressione del neoplatonismo; dall’altra, il tentativo di delineare degli effetti a distanza, delle conseguenze, una specie di Wirkungeschichte, una storia degli effetti sulle poetiche degli ultimi duecento anni. Consideriamo il pensiero neoplatonico, Plotino, Bruno, Agostino, fino a Schelling. Con Schelling si entra in relazione in una situazione piuttosto particolare: siamo a cavallo tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’‘800, in particolar modo il pensiero shellinghiano che viene ripreso è quello del sistema dell’idealismo trascendentale, quello della filosofia dell’arte, quello dello Schelling più giovane, ed è un pensiero fortemente connesso e radicato in una situazione, direi addirittura geografica, cioè la Germania, tra Weimar e Iena. Ebbene, qualcuno ha detto che in quella situazione europea si sia espresso un secondo rinascimento, per il grappolo di ingegni che si sono lì espressi nella storia del pensiero: basti pensare a quella stagione di giovanotti e di signore e signorine, che per la prima volta si cimentarono con il pensiero, in modo forte, militante, combattivo, la stagione della rivista dell’“Athenaeun”, accanto a Novalis, Schelling, i due Schlegel (August Wilhelm e Friedrich), Dorothea e Caterina Mendelssohn. Una stagione importante che poi si collega a una situazione geografica, nel raggio di trenta chilometri tra Weimar e Iena, dove abbiamo figure di grande fascino, come Schiller e Goethe, che vi hanno vissuto e hanno influito su quella vicenda. Pensiero neoplatonico, poetiche degli ultimi due secoli. A partire da quella stagione, però, qualcosa si determina nell’incontro tra queste due polarità. Che cosa si determina? Bisognerebbe dirlo con molte cautele, però vi è una letteratura critica che porta a ritenere che si sia determinata la maturazione, intorno ai limiti del pensiero filosofico, a partire dal riconoscimento di questi limiti, per dir così, uno slittamento, un dislocarsi del pensiero verso forme che sono quelle più connesse a un fare che ha a che vedere dapprima con l’estetica e poi con l’arte. Ma possiamo dire che in quella vicenda del pensiero europeo, matura – come Trione delinea bene – una specie di assoluto estetico. C’è tutto il tema che è quello dell’incontro del soggetto con l’oggetto, dell’io con il mondo, c’è l’idea che si possa dare una sintesi assoluta del pensiero che, in quel caso, riconosce il proprio oggetto nelle espressioni dell’arte, cioè, nell’arte risiederebbe quell’incontro assoluto. Si determina qualche cosa che ha a che vedere con un riconoscimento dei limiti del pensiero teoretico e con l’assunzione del fare artistico come l’elemento di una processualità che dispiega conseguenze anche sullo stesso pensiero. In questo modo, l’arte viene assunta come portatrice essa stessa di elementi di teoreticità. Questo assoluto del fare, del letterario, ha molte facce, almeno due: una è quella che è più cara anche agli studi di Trione, quella del poetico; ma poi vi è un’altra vicenda che ha più a che vedere con la narrazione, con la prosa, con il romanzo. Occorre notare che quando Trione parla di poetiche che si dispiegano negli ultimi due secoli a partire da un nodo anche molto ben enucleato – come avrebbe detto Anceschi, il nodo Novalis-Coleridge-Baudelaire –, in questo caso Novalis-Poe-Baudelaire-Mallarmé-Valéry, fino a questa idea di ars combinatoria che viene assunta da certe suggestioni leibniziane, siamo in presenza di un tentativo di tematizzare il problema estetico senza cadere nella teorizzazione né dello spirito, né dell’essere, né della verità; tutte parole, in genere utilizzate e scritte con la lettera maiuscola. Perché vi è una prospettiva del nostro pensiero, sopra tutto insistito nel ‘900, che è in questa direzione. Anche se ci sono distinzioni profonde tra Hegel, Heidegger e Gadamer, c’è però una certa assonanza tra l’apparizione sensibile dell’idea e la messa in opera della verità: l’idea che nell’arte e nell’estetica sia in gioco, necessariamente, lo spirito del tempo, l’essere o la verità, è qualche cosa che carica l’arte in un modo che può portare ad ucciderla, cioè a negarne il carattere specifico, autonomo. Noi sosteniamo che l’arte sia portatrice di istanze di conoscenza, cioè che attraverso l’arte noi possiamo capire qualche cosa del mondo e qualche cosa di noi stessi. Ma soltanto partendo dal riconoscimento dell’autonomia dell’arte, cioè, di forme sue proprie, di giustificazioni sue proprie e di sue proprie ragioni. Questo uso dell’arte come un succedaneo della conoscenza, come se essa dovesse assolvere una funzione ancillare all’impotenza, riconosciuta nel nostro tempo, della conoscenza, è un qualche cosa che fa torto alla libera espressione dell’arte. Invece, questa idea dell’ars combinatoria si fonda proprio sul presupposto di riconoscere l’arte nella sua libertà, nella sua libera espressione creativa, nel senso di giungere anche a un’idea dell’arte, in questa libertà, anche come gioco, come qualche cosa di gratuito, per altro sotteso alle stesse poetiche che vengono ben illustrate sopra tutto nella sequenza Mallarmé-Valéry, che è uno dei cuori del percorso teorico di Trione. Questo aspetto di una libertà dell’arte o di una liberalità dell’arte merita di essere ulteriormente sviluppato, prendendo atto dell’esigenza di partire di più dal pragmatico, da ciò che è stato a torto svalutato anche da forme del pensiero contemporaneo. Trione riprende una pagina in cui c’è il giudizio, ogni volta che lo leggiamo sempre particolarmente incomprensivo, di Croce verso Leopardi, verso la sua riflessione teorica, partendo dal fare poetico. Ecco, per queste ragioni sono portato a dire a chi si deve avvicinare a questo libro che si trova di fronte al pensiero maturo di uno studioso importante della situazione dell’estetica italiana di questi ultimi decenni. Se poi ripensiamo anche al fastidio verso le mode delle estetiche della verità degli ultimi decenni, ci rallegriamo nel trovare un pensiero che è ancora fertile nel motivare il riconoscimento di alcuni risultati importanti della ricerca estetica ed artistica contemporanee.