QUALE COMUNICAZIONE PER L'ECONOMIA PLANETARIA

Qualifiche dell'autore: 
docente di Economia e Finanza alla Columbia University, Nobel per l'Economia 2001

Intervista di Anna Spadafora

Nei suoi libri lei ha parlato per la prima volta di una nuova branca dell’economia, l’economia dell’informazione. Può darne una breve definizione?

L’economia ha sempre creduto che tutti sapessero tutto, quindi che tutti avessero a disposizione tutta l’informazione. La ricerca su cui mi sono concentrato io è andata a indagare come riescono le persone ad ottenere le informazioni, quali sono i motivi per cui le persone vanno a ricercare informazioni e come si verificano quelle asimmetrie per cui ci sono persone che hanno delle informazioni e persone che ne hanno altre. In gran parte, le conclusioni a cui era giunta l’economia nel passato – la famosa mano invisibile di Adam Smith, questa mano invisibile che faceva sì che l’economia trovasse spontaneamente la soluzione migliore – in realtà si sono rivelate teorie abbastanza infondate. Infatti, perché è invisibile questa mano? Perché in realtà non esiste. I problemi che si sono verificati negli Stati Uniti, soprattutto nel sistema bancario e nel sistema contabile, in realtà sono dovuti all’asimmetria delle informazioni. Le banche avevano a disposizione informazioni che mancavano ai clienti. Lo stesso per quanto riguarda la contabilità: le informazioni che ci si aspettava che la contabilità fosse in grado di fornire non erano pronte, quindi gli scandali che si sono verificati negli Stati Uniti e in minor misura in Europa non sono altro che esempi di asimmetria informativa. Un altro esempio sono gli analisti di borsa che consigliano un determinato titolo dicendo che è buono, mentre i loro clienti ricevono anche informazioni completamente opposte, che sconsigliano d’investire sullo stesso titolo per cui avevano avuto consiglio d’investire. Esistono esempi di asimmetrie o informazioni sbagliate in tutti i sistemi economici, non soltanto negli Stati Uniti. Ad esempio, la maniera in cui i datori di lavoro determinano quali sono i migliori lavoratori, quali sono i migliori dipendenti, oppure la maniera in cui una banca stabilisce quali sono le persone più affidabili, a chi si può fare credito, oppure semplicemente come una società di assicurazioni stabilisce quali sono le persone più adatte da assicurare.

Lei pensa che, proprio in seguito a questa economia dell’informazione, ci sia un effetto interessante per la nascita di nuove imprese, di nuovi mestieri? E inoltre pensa che uno degli effetti della globalizzazione stia proprio nel sorgere di nuovi imprenditori, imprenditori che nell’Unione Europea già nel 1988 venivano chiamati brainworkers – altrove si parlava e si parla di knowledgeworkers –, o comunque lavoratori di cervello, o dell’informazione? In questi termini la globalizzazione, quindi, non sarebbe esclusivamente un incentivo alla massificazione, alla standardizzazione, che crea soltanto scompensi, ma uno strumento per il sorgere di nuove imprese, di nuovi mestieri e quindi di nuova occupazione in seguito all’aumento dell’economia dell’informazione?

Credo che uno dei maggiori e più importanti cambiamenti dell’economia sia proprio il fatto che sono sempre più numerose le persone impegnate in questa economia dell’informazione, in questa weightless economy, in questa economia senza peso, cioè nella produzione di conoscenza e nella produzione di ricerca.

E credo che in futuro questo cambiamento avrà ripercussioni particolarmente importanti soprattutto nelle economie industriali avanzate, quindi in Italia e negli Stati Uniti, per esempio, mentre paesi come la Cina a loro volta acquisteranno maggiore importanza nella produzione industriale. Di qui possiamo capire che occorrerà una ristrutturazione dell’economia e credo che questo aspetto importantissimo della globalizzazione precede di qualche passo il commercio e le finanze.

Quando parliamo di globalizzazione pensiamo subito ai cambiamenti negli scambi internazionali, però credo che l’aspetto più importante della penombra della globalizzazione sia proprio la globalizzazione delle informazioni che è importantissima anche per gli effetti che ha e che avrà sul commercio internazionale. Per capire l’importanza dell’effetto della globalizzazione delle conoscenze, pensiamo, per esempio, a un imprenditore italiano che produce in Cina: chiaramente deve conoscere quali sono le esigenze del mercato europeo e del mercato americano e in base a queste regolare la produzione dei propri prodotti che arrivano in Cina.

La globalizzazione delle conoscenze ha permesso anche a economie emergenti come quella dell’Asia orientale di ridurre sempre di più il divario con le economie avanzate. Al contrario, è un problema per l’Africa, che è rimasta tagliata fuori dalla globalizzazione delle conoscenze. Affrontare questo problema sarà un’importantissima sfida per il futuro.

 

*La redazione ringrazia il CTC della Camera di Commercio di Bologna per questa intervista.