LA CITTÀ COME CENTRO D'INTERESSE
Ho trovato il libro di Sergio Mattia, L’ambiente, la città, i valori, decisamente interessante e stimolante. Stimolante nella parte iniziale, dialettica e di confronto, e interessante nella parte che riguarda la proposta di legge che è la sintesi della discussione attuata nei vari interventi. Nel libro vengono evidenziati due concetti che ritengo estremamente importanti. Il primo è quello dello sviluppo e della sostenibilità degli interventi, condizione essenziale, perché una città che non prevede il proprio sviluppo è una città destinata a morire. Ma una città oggi deve prevedere il proprio sviluppo in maniera diversa rispetto al passato, con un’attenzione particolare a quello che genericamente definiamo l’ambiente e che alla fine deve tradursi in una migliore qualità della vita per i cittadini.
Il secondo concetto rilevante è quello della concorsualità, ossia la possibilità per gli operatori privati, le imprese in particolare, di presentare proposte all’amministrazione per ciò che concerne le ipotesi di sviluppo. E questo attraverso uno strumento che sicuramente è la chiave di volta per la risoluzione dei problemi nel prossimo futuro: la finanza di progetto. Per quale motivo? Perché tutta l’urbanistica moderna non può più attuarsi attraverso piani regolatori che delimitino a quadretti lo sviluppo di una città, ma deve potere svilupparsi secondo idee diverse dal passato. Riqualificazione urbana, per esempio, vuol dire intervenire pesantemente su larghe parti della città costruita, in particolare su quelle costruite nell’immediato dopoguerra per fronteggiare le situazioni di emergenza allora esistenti e per far fronte successivamente, negli anni cinquanta e sessanta, al fenomeno imponente dell’immigrazione che ha riguardato molte delle medie e grandi città di questo paese. Allora, per intervenire in questo ambito, è chiaro che non si può farlo per singoli edifici dove si perderebbe qualunque significato si volesse dare al concetto di riqualificazione urbana, ma bisogna intervenire per aree vaste, per interi quartieri. Questo vuol dire quindi mettere in campo disponibilità finanziarie enormi, riunire attorno a un tavolo, da una parte, gli attori politici, dall’altra, quelli finanziari, dall’altra, quelli imprenditoriali – che devono coordinare tutti gli altri nel momento dell’esecuzione delle opere – e, naturalmente, coloro che sono materialmente interessati da questi grossi fenomeni di trasformazione, i proprietari dei singoli fabbricati che fanno parte di questi grandi comparti. Questo per dare una prima idea della complessità di tali interventi.
E il libro di Mattia, con molto realismo, mette bene in evidenza che, per percorrere questa strada, occorre una volontà politica ben determinata che predisponga gli strumenti necessari. Questo vuol dire innovare anche nel corpo delle leggi in materia urbanistica, compito che spetta in particolare al potere locale, regionale o comunale. Vuol dire innovare anche in tema di norme tributarie, perché rendere onerose le operazioni che sono di transito per poter effettuare un’opera di riqualificazione urbana significherebbe condannare al fallimento l’operazione stessa.
Quindi, c’è una serie di precise condizioni che devono essere predisposte prima di poter affrontare un tema di questa portata. Un secondo aspetto da considerare è quello legato alle cosiddette nuove quote di sviluppo urbano. È chiaro che, se si vuole riqualificare la città costruita, bisogna pensare che quando s’interviene a modificare l’assetto di un quartiere e si vogliono creare spazi verdi, spazi per i parcheggi e spazi per la socializzazione, occorrerà che una parte della popolazione trovi un luogo alternativo e attrattivo dove spostarsi. Quindi, in ogni caso, già la prima operazione richiede la disponibilità di nuove quote di sviluppo urbano. La città deve comunque poter crescere e svilupparsi e questo richiede la previsione di nuove quote di sviluppo urbano che abbiano quei caratteri di attrattività e di compatibilità ambientale di cui il libro parla ampiamente. Il problema vero è capire quali strumenti, quali procedure e quali innovazioni occorrono per far sì che la città torni a essere centro d’interesse. A un convegno che la nostra Associazione Nazionale ha svolto di recente, denominato “Progetto Città”, è stato commentato uno studio recentissimo di un americano il quale constatava come la città che riesce ad attrarre capacità creative, le cosiddette classi creative, è la città che assicura il proprio sviluppo in termini molto più evidenti rispetto ad altre che questo clima non creano. Allora, occorre che un’amministrazione comunale, d’intesa con le forze economiche, professionali, culturali (perché si tratta anche di un salto culturale), si attivi per fare in modo non solo di creare le possibilità fisiche di nuovi insediamenti o di riqualificazione, ma per creare quelle capacità di attrattività della propria città rispetto ad altre. Nel tempo, tutte le città diventano sempre più competitive tra loro, lo diventano ai livelli più banali, creando anche semplicemente una fiera o un aeroporto e determinando a volte anche qualche problema di sopravvivenza di queste strutture. A maggior ragione, questo discorso vale nel momento in cui si vuole che una città, soprattutto una città capoluogo come Bologna, mantenga il proprio ruolo trainante nei confronti, non solo della propria regione, ma anche di regioni limitrofe per le quali il discorso si pone esattamente negli stessi termini.