MODA MADE IN ITALY: LA CARTA VINCENTE
Voi siete stai i primi a introdurre sul mercato, con molto successo, le piastrelle firmate da un grande stilista, Valentino. Quali vantaggi ha avuto la vostra azienda con questa idea e come ha influito sulle tendenze del distretto?
Devo dire che fu una scelta molto azzeccata. Presi questa decisione più di trent’anni fa, quando mi resi conto che chi sceglieva le piastrelle per la casa erano le donne con la loro sensibilità per la bellezza e dunque erano i loro gusti che dovevamo colpire e conquistare, questa è la ragione per la quale chiedemmo la collaborazione di Valentino. Dopo pochi anni, furono una decina le aziende del distretto che optarono per la collaborazione con altri stilisti, poi negli anni la selezione del pubblico ha fatto il resto e oggi a Sassuolo le firme concretamente affermate sono due.
Ma in che modo il made in Italy di alta qualità e stile ha inciso nel raggiungimento di importanti traguardi sui nuovi mercati?
Valentino ci ha sempre aiutato molto nelle esportazioni. Soprattutto oggi, importanti realtà economiche emergenti come ad esempio Cina e Russia chiedono la piastrella Valentino. Proprio di recente, un tecnico cinese responsabile del controllo qualità sui prodotti esportati in Cina mi confermava che nel suo paese sono in costante aumento i ricchi che s’innamorano dell’alta qualità made in Italy. Beati loro, ho pensato, perché purtroppo in Italia stanno calando, per quanto devo dire che le nostre piastrelle firmate continuano a vendersi bene anche sul mercato interno.
Quali sono le sue ipotesi per l’avvenire di Piemme e del distretto?
Inizio esprimendo un’opinione sul distretto: credo sia inevitabile un ridimensionamento sui volumi di produzione. Ormai si producono piastrelle ovunque, dalla Cina al Medio Oriente, in Sud America, Russia e Stati Uniti, e oggi il distretto sassolese, purtroppo, per una serie di concause fra cui gli elevati costi energetici, ma non solo, fatica a essere competitivo.
Guardando a noi, posso dire che in Piemme stiamo lavorando attentamente con la speranza di dovere ridimensionarci proporzionalmente meno di quanto non debba fare il distretto: è l’obiettivo che ci siamo preposti e che stiamo perseguendo con serietà e determinazione.
Lei ritiene che quella attuale sia una situazione simile a quella del distretto di Carpi, andato in declino, ma ripresosi in seguito, grazie a una politica di brand che ha permesso ad alcune aziende di rilanciare l’intero distretto?
La situazione non è paragonabile alla crisi vissuta dalla maglieria carpigiana che in passato operava generalmente per conto di terzi, offrendo la propria grande qualità ad altre etichette e dipendendo di fatto da decisioni strategiche altrui.
Sassuolo non ha mai sofferto d’anonimato, qui la politica di brand si è sempre fatta, eccome; alcune aziende l’hanno attuata meglio e altre meno bene, ma certamente sulla brand identity a Sassuolo non partiamo da zero e sappiamo che è un’importante leva sulla quale agire. Si tratta ora d’implementare quanto già attuato negli anni scorsi con strategie mirate alla massima valorizzazione del marchio, della sua immagine e di tutto ciò che direttamente o indirettamente possa generare valore aggiunto sul prodotto finale.
Comunque, questi sono momenti in cui occorre triplicare gli sforzi...
Esatto, proprio per questo Piemme sta operando importanti investimenti su tutte le componenti del marketing mix e in particolar modo dedicati allo sviluppo del prodotto e alla sua promozione. Per fare un esempio degli sforzi che sosteniamo per affrontare il mercato globale, la nostra Associazione, Confindustria Ceramica, ogni trimestre redige la statistica delle esportazioni negli Stati Uniti, perché seppur in crisi è il mercato potenzialmente più grande, e dai dati riportati si evince che sul mercato statunitense il prodotto cinese arriva a un prezzo addirittura inferiore del 70 per cento rispetto a quello italiano!
La crisi degli Stati Uniti ha scatenato un problema mondiale e, fortunatamente, i governi sono intervenuti, ma nel frattempo, a causa dei mutui concessi con troppa leggerezza, oggi molte famiglie hanno serie difficoltà a pagarne le rate; è pur vero che altre sono riuscite ad acquistare casa affrontando una spesa che altrimenti non avrebbero potuto permettersi, ma l’equazione finale non regge e così l’edilizia segna vistosamente il passo.
Tornando al nostro distretto, è stata un’avventura straordinaria quella di Sassuolo, che è riuscito a diventare il centro mondiale dello sviluppo della ceramica. Il distretto ha il merito di avere insegnato l’arte delle piastrelle ceramiche industriali al resto del mondo. Basti pensare che quando cinquant’anni fa Sassuolo ha cominciato a svilupparsi, i più grandi produttori di ceramiche erano gli inglesi ed i tedeschi. Oggi un tedesco che vuol creare una fabbrica di ceramica viene a comprarla qui da noi e gli viene consegnata “chiavi in mano”, proprio come un’automobile. Sassuolo al momento soffre, ma forse anche perché è stato troppo bravo a istruire gli altri.
Comunque, qualcosa rimane della memoria e sarà anche la base per l’avvenire del distretto...
Lo spero vivamente. Il cervello resterà sicuramente qui, perché la ricerca e l’innovazione sono costantemente alimentate dalla forte competizione che c’è sia fra noi produttori sia fra le imprese che sviluppano tecnologia. Riallacciandomi a Valentino, direi che siamo ormai arrivati ad avere un ritmo molto vicino a quello del settore della moda, che realizza due collezioni all’anno: noi infatti ogni anno presentiamo la nuova collezione alla fiera di Bologna e, terminato il Cersaie, ci attiviamo subito con la ricerca per l’anno successivo: qualcosa d’impensabile per il settore ceramico del passato, ma che probabilmente rappresenta la carta vincente del nostro futuro.