COME TRASFORMARE I RISPARMIATORI IN CO-IMPRENDITORI
Il 29 luglio scorso, con l’entrata in vigo re del D.L. n. 69/2024 “Salva casa”, è sta ta estesa l’abitabilità ad alloggi di ridotte dimensioni. Ma nelle grandi città italiane insiste ancora il problema della penuria di case, non solo per studenti ma anche per famiglie e lavoratori. Con il progetto di Rerum Capital voi siete intervenuti met tendo in relazione cittadini privati con aziende di costruzioni. E oggi possiamo constatare come, accanto all’esigenza di aree verdi, le città stiano registrando la richiesta sempre maggiore di abitazioni. Perché ciò avviene, secondo lei?
La legge sta intervenendo intorno a una tendenza in atto già da qualche decennio: il ceto medio si sta impoverendo e la disponibilità di alloggi a prezzi accessibili alle famiglie è diminuita in modo drastico. Ed ecco che il nuovo quadro normativo incomincia a prevedere l’abitabilità di monolocali di 20 metri quadrati e con soffitti di soli 2,40 metri. Questi interventi con fermano la tendenza ormai globale all’inurbamento: in tutti i Paesi del mondo milioni di persone migrano nelle megalopoli. Questo fenomeno è stato già osservato da architetti, sociologi e studiosi di demografia, ed è inarrestabile. Anche l’Italia registra un progressivo abbandono delle aree più decentrate, quali quelle montane, con la conseguente crescita di quelle urbane. Ma se non vogliamo città brutte e banali, con estesa cementificazione e grande pendolarismo, con poche aree verdi e dispersione dei servizi pubblici, occorre la programmazione e la cultura della verticalizzazione delle città. Inoltre, insistono resistenze e vincoli a demolire edifici abbandonati e fatiscenti che non hanno alcun pregio architettonico (per esempio di natura ex-industriale ed ex-rurale), che si presterebbero alla trasformazione in uffici e abitazioni residenziali moderni e funzionali, ma soprattutto non troppo decentrati in svilenti periferie.
Questo tipo di vincoli sono frutto di un contesto ostile all’edilizia residenziale?
Non palesemente ostile, ma si registrano determinazioni amministrative dettate da necessità, che spesso si rivelano controproducenti: per esempio le istituzioni comunali vorrebbero realizzare edilizia sociale per le famiglie non abbienti e gli immigrati, caricando di vincoli ed ulteriori oneri la filiera delle nuove costruzioni, ma rischiano la paralisi dell’intero settore edilizio.
Mi auguro che ora con il PNRR gli enti locali abbiano qualche risorsa in più da destinare al settore. Nell’azione di recupero e di riqualificazione urbana oggi le imprese edili private sono oberate di adempimenti, vincoli e tecnicismi spesso fini a se stessi, quando invece sarebbe necessaria maggiore flessibilità da parte degli organi preposti, per cooperare alla riqualificazione delle città con sforzi congiunti.
In alcune zone dei centri storici si ha bisogno di tutela assoluta, in altre zone occorrono veri e propri interventi di demolizione e ricostruzione. Ma per riqualificare bene, con le moderne acquisizioni dell’urbanistica, occorre che questi interventi siano vantaggiosi per l’impresa di costruzioni tramite l’aumento dei volumi e delle altezze, altrimenti ai costi attuali l’iniziativa privata è costretta a rinunciare.
Rerum Capital oggi consente la partecipazione dei cittadini alla riqualificazione della città, tramite l’investimento in modo diretto nel settore immobiliare…
Nell’immobiliare è sempre prevalsa la cultura del debito bancario, con un sistema di finanziamento che fino al 2008 si è rivelato dispensatore di enorme credito, per poi, sull’onda della crisi economica mondiale, attuare politiche creditizie fortemente restrittive, che hanno penalizzato tutto il comparto del Real Estate. Pertanto le forze economiche più intraprendenti si sono rivolte al mercato dei capitali privati, coinvolgendo una pluralità di investitori disposti ad allocare parte dei loro risparmi non solo sul mercato finanziario, ma anche in picco le e medie imprese che operano sul territorio e che garantiscono risultati interessanti all’investitore, i cui frutti sono tangibili. Si ottiene così quel circuito virtuoso che, soprattutto nei paesi anglosassoni, fa sì che il pubblico risparmio vada prevalentemente al sistema produttivo, in modo che le piccole e le medie aziende crescano, e ambiscano a quotarsi nei mercati ufficiali. Da noi questa cultura è ancora latitante, perché l’azienda che entra in borsa deve pagare costi di quotazione che si aggirano oltre il mezzo milione. I Club Deal sono nati proprio per intervenire in questa fase delle piccole imprese gestite imprenditorialmente, trasformando investitori informati e avveduti in co-imprenditori, frazionando i rischi tramite la gestione dell’investimento affidata a esperti che ne rispondono con l’esperienza e la professionalità acquisita nel tempo.